Musica

David Bowie: un ritratto del Duca Bianco e delle sue magnifiche case

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Da Londra a Mustique, da Berlino a New York: ecco dove ha vissuto David Bowie, uno degli artisti più eclettici del secolo.

David Bowie. Quanto ci manca. Più passano gli anni e più la sua scomparsa, il vuoto che ha lasciato appare incolmabile, gigantesco

In questo giugno 2023, ricordiamo il suo esordio musicale o, per la precisione, il primo singolo che lo ha portato al successo, visto che era già stato pubblicato l’album omonimo, David Bowie, di scarso successo: stiamo parlando della genesi di Space Oddity. Nell’estate del 1969, siamo appunto a giugno, Bowie entra nei Trident Studio di Soho per incidere quella che diverrà la ballata “cosmica” più famosa del mondo, dedicata al viaggio spaziale del Maggiore Tom, e alla sua sfortunata avventura tra i pianeti. Un mese dopo uscirà il singolo, e Space Oddity fungerà per la BBC da colonna sonora perfetta per accompagnare l’allunaggio dell’Apollo 11, il 20 luglio di quello stesso anno.

A quei tempi Bowie aveva appena conosciuto la sua futura moglie, l’americana Mary Angela Barnett

Questa data segna l’inizio di una grande carriera, e David Bowie comincia a cambiare: pelle, abiti, capelli, e case. L’artista ha prima vissuto in varie parti di Londra: Brixton, Bromley, South Kensington… e poi in tutto il mondo, affittando e possedendo proprietà a New York, Los Angeles, Losanna, Sydney, Mustique…

Sin da piccolo David Bowie, all’anagrafe David Robert Jones, ha sempre avuto una passione per l’interior

La sua prima casa era al 40 di Stansfield Road, a Brixton, ma vi rimase solo fino ai sei anni quando, con mamma Peggy, cameriera e maschera al cinema, e papà John, che lavorava per una associazione benefica, si trasferì in un altro sobborgo popolare a sud est di Londra, Bromley. Appena adolescente decorava già con la sua cameretta con disegni che raffiguravano la sua primissima band i Kon-rads. È nel periodo degli studi di arte, musica e design alla Bromley Technical High School che David s’appassiona alla musica jazz e di conseguenza – lavora anche in un negozio di dischi – alle copertine dal taglio modernista dei dischi di jazz. Nella sua testa si creano ideali di stile: a Londra ci sono i Mods, con il loro stile asciutto, e c’è il modernismo, movimento artistico e stilistico che mira al futuro.

Bowie, che nei suoi primi anni aderisce agli stilemi dei mods, è attratto da questa leggerezza concreta, dal fascino contemporaneo e frizzante di questo stile, visibile nel design e nell’architettura

Bowie ha sempre vissuto ogni suo momento creativo, ogni stadio della sua evoluzione artistica come un universo globale: la sua voce, i suoi gesti, i libri che leggeva e gli abiti che indossava avevano tutti una loro coordinata sinergia. Fu con la sua famosa dimora di Haddon Hall che la passione per l’arredo e il dècor iniziano davvero a farsi sentire. La grande casa dove era andato a vivere con la neo-sposa americana Angie, doveva avere un quid in sintonia con il suo particolare momento espressivo.

Siamo nel 1969, e la casa è la famosa Haddon Hall, al 42 di Southenr Road, Beckenham, un altro sobborgo di Londra

Bowie qui ha iniziato a scrivere e registrare Hunky DoryThe Man Who Sold The World e The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. Vive, scrive e compone nel suo appartamento, al piano terra di questa enorme villa vittoriana che si affaccia su un parco e un campo da golf. In pratica è qui che nasce “Ziggy”, l’alter ego più famoso di Bowie. I soffitti furono dipinti d’argento dalla neo coppia, e qui Angie tagliò i capelli a Bowie e gli cucì il primo “Ziggy Look”.

Haddon Hall, che era stata la casa di una famiglia che produceva candele, i Price, era situata in un classico ambiente suburbano, come ce ne sono tante nei dintorni di Londra: una strada principale sul davanti, il giardino sul retro

La casa era una gigantesca villa circondata da balconi con un’immensa vetrata che si affacciava sul parco. A quei tempi l’affittuario di Bowie è era il signor Hoy, il giardiniere. Leggenda vuole che Hoy avesse ereditato l’enorme villa dai proprietari, che per dispetto all’unico erede, preferirono darla a lui. Hoy faceva pagare, a quanto pare, a Bowie un affitto di circa 7 sterline a settimana. L’artista, agli inizi della sua carriera – ma con Space Oddity già all’attivo – viveva qui con Angie e il piccolo Zowie (che in seguito decise di farsi chiamare Duncan), oltre ai musicisti che diventeranno poi gli Spiders From Mars.

Come raccontò a Repubblica il produttore Tony Visconti

Io e David stavamo in un’enorme casa vittoriana a Beckenham, nel Kent, perciò Woody e ( Mark) Ronson si trasferirono da noi e dormivano su dei materassi per terra. A volte le ragazze venivano a trovarli da Hull e così diventavamo nove in tutto, con le nostre ragazze e Roger il roadie. Passavamo la maggior parte del tempo nel seminterrato, in una cantinetta dismessa, a provare arrangiamenti per le prime canzoni del nuovo album di Bowie, che sarebbe poi diventato The Man Who Sold the World.”

David, in quel momento aveva una passione per l’antiquariato, e riempì la casa di oggetti d’antiques, tra cui un pianoforte a coda, sul quale compose alcune delle melodie di Hunky Dory, come Changes e Eight-Line Poem

A trovarlo sempre tanti amici, tra cui Marc Bolan, e il fratello Terry, che visse lì per qualche tempo. Haddon Hall era un luogo ideale per comporre: scenografica, vittoriana, teatrale, con un suo animo decadente, lo stesso flair che emerge dalla copertina di Hunky Dory, con un Bowie in cross-dress.

L’architettura della casa con la sua grandeur, le sue follie di stile e l’enorme scalinata che accoglieva i visitatori non appena varcavano la porta, il suo arredamento un po’ sopra le righe, la sua posizione, le modanature, ha trovato infatti nei lavori di Bowie un posto d’onore. Era, in poche parole, il luogo ideale per concepire “grandi idee”, per produrre energia creativa.

Angie Bowie la descrisse così in una vecchia intervista:

Haddon Hall è il classico edificio di epoca vittoriana: solido mattone rosso, ornato da solenni fasce bianche, con l’aspetto vagamente di una chiesa: tant’è che la caratteristica dominante della facciata posteriore è un’enorme vetrata. La facciata è altrettanto imponente. Si apre la porta e la prima cosa che si vede è quella magnifica vetrata che si erge sopra una breve scalinata all’estremità di un corridoio centrale largo quaranta piedi e lungo sessanta.”

La magnetica Haddon Hall, purtroppo non esiste più

Già in cattive condizioni, è stata demolita negli anni ’80 e lì sono stati edificati appartamenti borghesi. Ma nel mondo di Bowie non c’è tempo per la nostalgia, per i ripensamenti, per i ricordi malinconici. Bowie, ricordiamolo, è sempre rimasto in qualche modo un modernista: anche nel rispetto del passato, la sua freccia doveva sempre essere scoccata, in avanti.

Il Duca Bianco a Berlino

L’altra grande passione della nuova era di Bowie, una volta smessi i panni di Ziggy Stardust e di Halloween Jack (i suoi alter ego nel periodo tra The Rise and Fall e Rebel Rebel), fu la Berlino dell’est, dove  si trasferì per un periodo di tempo, nella speranza di ritrovare le sue radici europee, dopo un tempo passato a Los Angeles tra eccessi e vizi. Berlino a quei tempi è una città congelata, decadente, il luogo ideale per raccogliere le idee. A fargli compagnia il fedele amico Iggy Pop. Per la precisione, Bowie arrivò a Berlino nel 1976 per disintossicarsi dalla cocaina e per registrare musica sperimentale con Brian Eno (gli esiti sono album totalmente rivoluzionari, tutt’oggi noti come la “Trilogia di Berlino”: Lodger, Heroes e Low). L’edificio in cui visse, al 155 di Hauptstrasse, nel quartiere di Schöneberg reca ancora oggi una targa di commemorazione. Iggy viveva al quarto piano dello stesso palazzo, e spesso i due erano soliti aggirarsi per club e bar assieme, come il Café Neues Ufer che frequentava spesso, il  club Chez Romy Haag e l’SO36, un locale punk.

Passione Memphis

Il Bowie che emerge dopo la trilogia è un uomo nuovo: il Thin White Duke ha preso lezioni di pugilato, si è disintossicato, è abbronzato. La sua vitalità è tutta da ballare: non a caso sono gli anni di Let’s dance. Il movimento di design che incarnava la freschezza e l’acume del miglior design degli anni ’80 diventa la sua passione. Bowie, infatti, al pari di Karl Lagerfeld, fu un estimatore e collezionista di pezzi firmati Memphis. Nel Novembre del 2016, a meno di un anno dalla sua morte, Sotheby’s ha messo all’asta questa collezione preziosissima. Il battitore ha presentato la Libreria Carlton, il Cabinet Casablanca di Ettore Sottsass, il Plaza Vanity Table di Michael Graves, la Super Lamp di Martin Bedin….

E molti altri pezzi. L’amore di Bowie per questo geniale collettivo, nato a Milano nel 1981, si deve a molteplici fattori, come ricordano i critici. In primis c’è la passione in comune per Bob Dylan: la canzone Stuck Inside a Mobile With The Memphis Blues Again è quella che ha dato il nome al gruppo di designer, nome scelto da Sottssass, che era stato un giovane beatnik. David Bowie scoprì i dischi di Dylan da ragazzino, e ne restò sempre affascinato: nel già citato Hunky Dory un brano si intitola proprio “Song For Bob Dylan”. Ma quello che l’artista britannico amava di questo stile così irriverente, era la capacità generativa che creava icone di un design mai visto, usando materiali poco nobili, come la formica, i laminati plastici e la radica.

Come ha affermato Cécile Verdier, co-responsabile del design del XX secolo di Sotheby’s:

Questo è un design senza limiti e senza confini. Quando si guarda un pezzo di design di Memphis, se ne vede l’anticonformismo, il caleidoscopio di forme e motivi, i colori vibranti e contrastanti che non dovrebbero funzionare e invece funzionano. Le opere prodotte dalla storica collaborazione di design d’avanguardia Memphis Milano, guidata da Ettore Sottsass, non potevano trovare un pubblico più ricettivo e sintonizzato di David Bowie.”

In un’intervista del 2009 per GQ, Bowie, seduto accanto al suo tavolo Palm Springs di Sottsass, raccontò

Da ragazzino ho trascorso un’incredibile quantità di tempo a leggere e disegnare seduto al tavolo del salotto, proprio come questo. […] Il tavolo è dell’originalissimo gruppo di designer milanesi Memphis, probabilmente è fatto di faesite e vecchie calze.”  

E’ questo spirito frizzante, vivace, attento, avanguardista che anima la ricerca di un artista come Bowie, e che lo rende in grado di padroneggiare l’evoluzione della cultura popolare (a volte anche di guidarla), leggendo lo spirito del tempo.

New York, fino alla fine

Siamo a New York, al 285 di Lafayette Street. Due isolati oltre la Broadway, fermata Prince Street. Un edificio nato come fabbrica di caramelle a fine ‘800, riconvertito a building residenziale da un centinaio di anni. Qui, al settimo piano hanno vissuto David Bowie, sua moglie Iman e la loro figlia Alexandra, fino a quel tragico e doloroso 10 gennaio 2016. Quando Bowie ha lasciato la terra per sempre. Nel 2021, Iman ha deciso di vendere la casa di quasi 500 metri quadri, con tre terrazze con vista su SoHo, un salone, una biblioteca, quattro camere da letto, l’ascensore privato. Venduto in un solo mese per 16 milioni e 800 mila dollari, l’appartamento era stato comprato da Bowie nel 1999 per poco meno di 4 milioni. La coppia, già sposata, aveva già vissuto all’Essex House, con vista su Central Park.

L’indirizzo newyorkese di Bowie, che ormai era divenuto noto al pubblico, aveva trasformato la privacy che ammantava la vita delle due star in un pellegrinaggio da selfie

Una situazione che era andata peggiorando dopo la morte dell’artista. Durante la pandemia, la modella ha deciso così di andare a vivere nella loro casa di campagna al Nord, a Catskill, nella contea di Greene, nello Stato di New York, come ha raccontato lei stessa a Vogue. Una grande casa piena di ricordi, di dipinti – Bowie era un provetto pittore – di opere d’arte, di pezzi di vita. All’inizio per Iman è stato molto difficile ambientarsi lì, poi la quiete, la natura e la solitudine sono diventati un modo per rinascere, circondata da simboli e ricordi del marito. Come la vista, spettacolare, dalle ampie finestre. Il paesaggio è infatti punteggiato di betulle bianche, che David amava molto. Ma la casa contiene anche il primo autoritratto di Bowie, dipinto nel 1980, appeso in sala, e il regalo di Iman per il primo anniversario di matrimonio, la scultura Teddy Boy and Teddy Girl di Lynn Chadwick del 1956.

L’isola privata ai Caraibi

Ma forse non tutti sanno di un altro “pallino” di Mr Bowie: quello per l’arte orientale. Prima di sposare la modella Iman, Bowie aveva la sua residenza principale a Losanna, in Svizzera. Poi un appartamento a Los Angeles e una barca nel Mediterraneo. Ma passava sempre cinque o sei settimane sull’isola privata di Mustique, la stessa famosa isola privata già dimora di Mick Jagger, dove aveva fatto costruire una villa. Una casa unica nel suo genere, con cinque stanze da letto e uno studio di registrazione, che ancora oggi conserva i dettagli di interior richiesti dell’artista. A progettarla, l’architetto svedese Arne Hasselqvist, ma con la “guida” di David Bowie, che voleva qualcosa di molto particolare, per essere ai Caraibi. La casa, costruita nel 1989, prese il nome di Britannia Bay House, dal nome della baia vicina, ma divenne poi the Mandalay Estate quando fu comprata dal poeta Felix Dennis che la ribattezzò.

La scelta di costruire sull’isola privata la raccontò Bowie stesso in un’intervista a AD America:

Perché a Mustique? Mi chiedono, bhe francamente è stata una coincidenza piuttosto curiosa. Ero da Mick e Jerry (Hall, ndr), nella loro casa sull’isola per un paio di giorni, aspettavo che la barca arrivasse: dovevo fare un viaggio su e giù per i Caraibi. Viaggio che non è mai iniziato perché l’elica si è rotta o qualcosa del genere, e quindi sono rimasto bloccato lì. Un giorno sono andato in avanscoperta, non avendo niente di meglio da fare, e mi sono imbattuto in questa zona di terreno vicino a quella di Arne Hasselqvist. Ne abbiamo parlato e ho pensato: “Perché no?” Arne era disposto a vendere solo se la casa gemella che sarebbe sorta sul posto avesse avuto lo stesso “peso” della casa che aveva costruito per sé. Potevo essere d’accordo, ma poi cosa farne? Gli dissi: “Senti, è ovvio che sei stato in Oriente, Arne. Ma sei mai stato in Indonesia?”. Aveva fatto un giro da quelle parti, quindi sapeva di cosa stavo parlando…”

In pratica Bowie riesce a convincere l’architetto a costruire un villino nei Caraibi ma in stile indonesiano

Un “pot-pourri di tutte le isole dell’Indonesia, percorrendo l’intera gamma”, come dichiaro Bowie nella stessa intervista. “Volevo qualcosa che fosse il più possibile diverso dai Caraibi, perché Mustique è un’isola fantastica.  Ma tutti si costruiscono una fuga dal mondo per arrivare lì e vedere le stesse persone che vedono in giro, ma in una situazione di vacanza”. Una versione tropicale dell’East Egg di Gatsby, dove tutti andavano “per diventare ricchi insieme”. Al centro della villa si trovava un laghetto di carpe koi con cascate e una piscina a sfioro circondata da una serie di padiglioni balinesi. Bowie amava la disposizione della villa Mandalay, perché suddivisa in piccole aree in cui perdersi”.

“La casa è un luogo così tranquillo che non ho assolutamente
nessuna motivazione per scrivere quando sono lì”.

(David Bowie)

Purtroppo la villa risultò troppo pacifica e troppo idilliaca : il cantante non riusciva più a comporre, e in mancanza di stimoli, decise di venderla. Mano male, viene da dire…

(articolo di Benedetta Rossi – ad-italia.it)

— Onda Musicale

Tags: Mick Jagger/Ziggy Stardust/Marc Bolan
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