Si intitola “Solo dal vivo” il disco che raccoglie due anni di concerti in solo di Carmelo Pipitone. Libertà, improvvisazione, nuove forme e antiche ricerche.
Ho sempre pensato che dietro la figura di Carmelo Pipitone esiste un manifesto politico di indipendenza culturale. L’arte assume forme di pura espressione, lontani dai conti matematici dell’industria (o di quel che ne rimane). Lontano dalle apparenze, senza luci, al buio come spesso appare questo disco. Fumoso e noir nella psichedelia di una canzone d’autore ricca di piani di lettura distanti e incalcolabili. Carmelo Pipitone pubblica “Solo dal vivo” per La Fabbrica Etichetta Indipendente. Due anni di concerti, brani conosciuti provenienti dai dischi “Cornucopia” e “Segreto pubblico”, nuove esecuzioni, nuove forme… verità che va in scena dalla quale, troppo spesso, tutti prescindiamo.
In scena con un disco di scena. Ho sempre pensato che per te il suono live sia decisamente più importante di quello registrato in studio. Sbaglio?
«Nell’epoca in cui viviamo è un gioco da ragazzi registrare un disco in studio. Ho sempre avuto il timore di non riuscire a replicare gli stessi suoni anche dal vivo, quindi cerco di non esagerare con la post produzione, anche se ogni tanto la mano scappa (ride). L’importante è però avere buon materiale che dal vivo possa convincere anche senza gli orpelli della post produzione appunto».
E nelle tracce di questo disco hai valorizzato più la resa live o quella prettamente per un disco?
«È ovvio che abbiamo scelto le versioni migliori. Ricordo che quando con Gianmaria Spina (tecnico del suono che ha registrato tutti i live) abbiamo ascoltato il materiale, pensavo di essere stato impeccabile ma nella maggior parte dei casi o ero stonato o scordato, quindi c’è stata una vera e propria selezione tra le versioni di ogni pezzo che avevamo. In altri casi, come in 31 lune ad esempio, invece abbiamo premiato la resa live senza stare troppo a vergognarsi (ride)».
La tracklist che ragione segue? come disporre i brani di un disco lo posso capire… ma quelle di un tour? Quali tracce sceglie e da dove?
«La tracklist spesso segue le accordature della chitarra e ovviamente cerco di dare un crescendo allo spettacolo, come dire “un colpo al cerchio e uno alla botte” ma non mi preoccupo più di tanto! Ai miei concerti non si balla, si segue piuttosto un flusso e quel che succede succede».
Spazio all’improvvisazione: ovviamente c’è da scoprire nuova faccia per i brani che conosciamo. Secondo te la verità dove sta? In quel disco o in queste esecuzioni?
«La verità è che le canzoni crescono anche grazie ai live. Impari a suonarle in base al periodo che stai vivendo. Mi piace anche cambiarle perché cmq se qualcuno vuole può tranquillamente risalire alle versioni originali. Quando vado ad un concerto spero sempre che le versioni live siano diverse e anche più mature rispetto alle versioni del disco».
E per chiudere: da questo disco porti a casa gli errori da non fare o le cose scoperte lungo la via da riproporre domani?
«Entrambi! Cresco,invecchio e mi annoio. Mi segno tutto quello che deve essere fatto meglio perché un giorno si possa dire: “non l’ho mai capito sto stronzo ma almeno non mi sono mai annoiato”. Ho appena finito di registrare un disco che fino a qualche anno fa non avrei mai concepito o capito. Voglio andare avanti imparando dai miei esercizi di stile/errori».