Musica

Toto Cutugno e “L’italiano”: la “‘O Sole mio” degli italiani del XX Secolo

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Riconsiderare la canzone di Toto Cutugno a pochi giorni dalla scomparsa del suo autore, significa rileggere l’italianità degli anni Ottanta con un approccio meno severo.

L’Italiano è il brano che da solo è sufficiente a rappresentare nel senso più pieno la personalità del cantante recentemente scomparso. Un artista che nel corso della sua carriera ha sempre avuto – lasciateci usare quest’espressione – un rapporto difficile con la critica ufficiale.

Toto Cutugno nella sua vita artistica ha attraversato almeno tre fasi: a ventiquattro anni il blando tentativo pop-prog con il gruppo degli Albatros. La canzone più celebre resta Volo AZ 504, caratterizzata dalla presenza massiva di tastiere e di synth e da un testo deliberatamente maschilista-antiabortista. Un ragazzo prova a trattenere una ragazza: “Potevo lasciarti avere il bambino ma ti rendi conto, cosa sarebbe successo? Però forse sarebbe stato meglio, almeno non saresti andata via”.

Il tutto viene immortalato in un paleo-videoclip, che si fa ricordare non tanto per la musica quanto per la pubblicità tutt’altro che occulta all’Alitalia e per la presenza imbarazzata dell’esordiente Silvia Dionisio.

Siamo nel 1976, un periodo caldo. L’Italia è alle prese con il Terrorismo e con innumerevoli spaccature sociali. Nel 1974 è stato il Divorzio l’argomento divisivo e adesso è il tema dell’Aborto quello che inizia a tener banco nelle tribune politiche.

Il mondo musicale, soprattutto quello della musica leggera, è animato da spinte progressiste. Ha sostenuto l’approvazione della Legge sul Divorzio e adesso guarda con favore anche alla regolamentazione dell’Aborto. Posizioni abbracciate in massa anche dal più autorevole cantautorato nonché dalla critica specializzata, storicamente accasata nella medesima area di riferimento degli artisti che vanno per la maggiore.        

Toto due

Nel 1977 le strade degli Albatros e di Toto Cutugno si dividono. Il nostro sta iniziando la sua seconda fase artistica: quella della composizione di testi. Ne scrive tanti, quasi tutti di ottimo livello. Se volessimo giudicarli basandoci su come vengono imparati a memoria dal pubblico, li definiremmo senza esitazione di alta qualità: specie quelli interpretati da Adriano Celentano.

Canzoni scritte su misura, con testi, metriche e tematiche che si adattano alla perfezione alla personalità di un artista come il Molleggiato. Celentano, con le canzoni scritte per lui da Cutugno, resterà al primo posto della classifica per molte settimane consecutive. La fama di gran paroliere giunge alle orecchie dei vertici Fininvest che lo scritturano per le sigle televisive dei seguitissimi quiz di Mike Bongiorno. Nel frattempo, Toto Cutugno ha trovato il tempo per partecipare al Festival di Sanremo e il modo di vincerlo.       

È il 1980: per la prima volta da solista, partecipa e trionfa al Festival con Solo noi, il brano che lo porterà ad aggiudicarsi il secondo posto in Hit Parade e che entrerà nella Top 20 dei singoli più venduti dell’anno.

Sanremo ’83

È il 1983 l’anno in cui Toto Cutugno diventa Toto Cutugno. Partecipa nuovamente al Festival di Sanremo con L’Italiano. Non solo una canzone, un marchio di fabbrica. È il 4 febbraio 1983: Toto sale sul palco dell’Ariston in un contesto scenico tipicamente anni Ottanta. Tranne i fiori, è tutto finto: ci siamo abituati al playback, ci hanno abituato a ingurgitare programmi musicali privi di qualsiasi elemento musicale reale.

Non c’è l’orchestra, ai cantanti occorre saper utilizzare bene il labiale sperando nel tempismo dell’operatore, che deve staccare l’inquadratura quando il soggetto non può replicare la nota ottenuta in studio.

Tuttavia, la musica che s’irradia nel teatro suona intima e calda e a casa il risultato non è da meno. Il brano è aggregante, una marcetta che l’autore ha infarcito di cliché e stereotipi dell’italiano medio. Strano destino quello di Toto Cutugno. Fisicamente ricorda Gigi Sabani, che del Festival è co-conduttore.

Commentando il voto della giuria popolare, qualcuno arriva a scrivere che gli italiani amano le imitazioni, e che hanno votato Cutugno perché è simile a Gigi Sabani che canta le canzoni come le canterebbe Celentano.

L’Italiano si regge su una musica elementare ma le parole hanno emozionato una larga fascia di pubblico. È una canzone che stupisce per essere profondamente sincera: modi di essere e di fare, tic, vizi e virtù degli italiani presentati in ordine filologicamente consequenziale. Strofe semplicissime e lineari, che scuotono i sentimenti fin dal primo ascolto.

Come si fa a scrivere una canzone così?

Lo raccontò direttamente il suo autore, cinque anni fa. Toto Cutugno rilasciò un’intervista al Corriere della Sera, ricordando una tournee in Canada. Una sera si trovava a Toronto davanti ad un pubblico di 3.500 persone. Cutugno rivelò al Corriere le sue sensazioni, di quando realizzò che i 7.000 occhi che lo guardavano erano tutti occhi di italiani.

Pensò che ne avrebbe fatto una canzone, da dedicare a quella gente. Il testo fu composto di getto, durante un pasto al Mamma Rosa, un piccolo ristorante italiano. Aveva con sé la chitarra e cominciò a cantare. A un certo punto si fece dare un foglio di carta, abbozzò un La minore-Re minore, e il testo sgorgò di getto. Con grande umiltà – aggiungiamo noi – dopo aver scritto L’Italiano, Cutugno la propose a Celentano. Per metrica e sonorità era perfetta per lui, dopo Soli e Il tempo se ne va, sarebbe stato un tris difficilmente ripetibile.

Il gran rifiuto

Ma Celentano non si riconobbe in quel testo. Dal suo punto di vista, il ragionamento non faceva una piega: “non ho bisogno di dire che sono un italiano vero, io lo sono già”. Ma Celentano non aveva compreso il vero messaggio del brano, meno banale di quanto non sembrasse – e che non era soltanto romantico – ma profondamente neorealista.

Lasciatemi cantare
Con la chitarra in mano
Lasciatemi cantare
Sono un italiano

Buongiorno Italia, gli spaghetti al dente
E un partigiano come presidente
Con l’autoradio sempre nella mano destra
Un canarino sopra la finestra

Buongiorno Italia con i tuoi artisti
Con troppa America sui manifesti
Con le canzoni, con amore
Con il cuore
Con più donne e sempre meno suore

Buongiorno Italia, buongiorno Maria
Con gli occhi pieni di malinconia
Buongiorno Dio
Lo sai che ci sono anch’io

Lasciatemi cantare
Con la chitarra in mano
Lasciatemi cantare
Una canzone piano piano

Lasciatemi cantare
Perché ne sono fiero
Sono un italiano
Un italiano vero

Buongiorno Italia che non si spaventa
Con la crema da barba alla menta
Con un vestito gessato sul blu
E la moviola la domenica in TV

Buongiorno Italia col caffè ristretto
Le calze nuove nel primo cassetto
Con la bandiera in tintoria
E una Seicento giù di carrozzeria

Buongiorno Italia, buongiorno Maria
Con gli occhi pieni di malinconia
Buongiorno Dio
Lo sai che ci sono anch’io

Lasciatemi cantare
Con la chitarra in mano
Lasciatemi cantare
Una canzone piano piano

Lasciatemi cantare
Perché ne sono fiero
Sono un italiano
Un italiano vero

Ad un certo punto, agli organizzatori del Festival, saltò in mente un’idea grottesca: farla eseguire a Gigi Sabani che l’avrebbe cantata nello stile di Celentano. Fortunatamente l’ascoltò anche Gianni Ravera, che la battezzò subito un capolavoro.

Toto Cutugno presentò la sua canzone, arrivò al quarto posto nel voto della giuria tecnica e al primo in quello popolare.

Guardando l’Italia da lontano

Aveva scritto L’Italiano ispirato dagli occhi di quel pubblico di italiani che lo fissavano. Cutugno gli guardò dentro e trovò il modo di scrivere frasi intrise dell’italianità di inizio anni Ottanta: descrizioni talvolta scomode ma profondamente vere e sincere.  Il fatto di trovarsi a migliaia di chilometri da casa, lo spinse a comporre strofe che in Italia, tra le pareti domestiche, non gli sarebbero venute in mente o non avrebbe avuto il coraggio di scrivere.

Si era verificato qualcosa di molto simile un secolo prima. Accadde per una delle canzoni italiane più popolari. Nel 1898 venne presentata ‘O sole mio. Questa canzone, nota in tutto il mondo, venne scritta in un luogo molto lontano e “diverso” da Napoli, a Odessa, in Ucraina. Eduardo Di Capua trovò l’ispirazione per comporre le note del capolavoro, sedendosi al suo piano ed ispirandosi alle emozioni suscitate dall’osservazione del sole che sorgeva dalla finestra che si affacciava sul Mar Nero.

Si trovava in tournée: decisive saranno le annotazioni del suo amico Giovanni Capurro, che qualche giorno prima gli aveva suggerito di “mettere Napoli in musica”, descriverne le immagini più immediate e spontanee. Su quella musica, lui avrebbe scritto versi emozionanti, per regalare al mondo una canzone universale.

il libretto di ‘O Sole mio – 1898

Di Capua aveva di fronte il Mar Nero ma in quel momento sentì così forte la nostalgia per la sua napoletanità e per la sua terra, che ancora oggi viene difficile credere che ‘O sole mio sia stata scritta in Ucraina. La prima cosa che arriva ascoltando ‘O Sole mio sono i modi di dire, di essere e di fare, impressi nel cuore di ogni napoletano. Quel che emoziona in ‘O sole mio e L’Italiano, è proprio quel sottile stato di malinconica nostalgia che impregna le cose di tutti giorni quando vengono osservate da luoghi concettualmente molto lontani.

Come per ‘O sole mio, L’Italiano è il frutto di un momento di nostalgia, nel quale si cerca di annullare le distanze con il potere dei ricordi. Questo genere di canzoni fa breccia nel cuore della gente perché vengono evocate sensazioni verso le quali è impossibile restare indifferenti.

In un ristorante intorno a College Street West prese vita L’Italiano di Cutugno

Toto Cutugno seppe mostrare grande empatia nei riguardi di quel pubblico italo-canadese, portandosi indietro una canzone simbolo, la fotografia fedele di quel che siamo stati in un passato neanche troppo lontano.

Nuovamente in classifica

Per tutta l’estate, siamo rimasti in attesa del pezzo con cui identificare il “tormentone musicale 2023”. Ebbene, abbiamo assistito a vari tentativi, goffi e sconclusionati, privi di frasi di senso compiuto o di fiammate poetiche degne di menzione. Giunge provvidenziale la riscoperta de L’Italiano, con Toto Cutugno nuovamente ai vertici di una virtuale Hit Parade, come nell’estate di quarant’anni fa.

L’immancabile caffè ristretto per il buongiorno di Toto Cutugno – 1983

— Onda Musicale

Tags: Festival di Sanremo/Adriano Celentano
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