L’immagine al centro di questo articolo a molte persone non dirà nulla. Questo però è, come dire, nero su bianco, uno dei riff che gli italiani conoscono maggiormente. Lo conoscono anche quelli che poco o nulla si sono interessati alla musica più impegnativa o a quella strumentale.
Lo conoscono perché c’è stato un gruppo, di musica strumentale, che al culmine dell’esiziale crisi della stagione aurea che ha attanagliato il grande Rock e dintorni seppe conquistare una considerevole quota di importanza (anche internazionale) a tutt’oggi riconosciuta: i Goblin.
E ci riuscirono in soli quattro anni e con quattro dischi, dal 1975 al 1978 (la loro carriera comunque proseguì); famosi per essere il gruppo delle colonne sonore thrilling-horror, in un tanto tempestivo quanto efficace flusso postmoderno di Jazz-Rock e Progressive
Quindi nel ‘75 il debutto con la colonna sonora del celeberrimo Profondo Rosso del grande Dario Argento, poi nel ‘76 Roller (adottato solo in seguito e in parte come soundtrack da George Romero per Wampyr), segue ancora una colonna sonora per Argento con Suspiria (1977); e l’anno dopo l’esperimento (parzialmente) cantato de Il Fantastico Viaggio del Bagarozzo Mark.
Fondati dal tastierista e compositore Claudio Simonetti (figlio di Enrico Simonetti, all’epoca un popolarissimo compositore-conduttore televisivo) e dal chitarrista Massimo Morante, prima di essere i Goblin erano i Cherry Five, autori nel ’74 (pubblicato nel ’76) di un disco omonimo di natura più progressive dei Goblin; alla voce Tony Tartarini, al basso Fabio Pignatelli e alla batteria Carlo Bordini. Quest’ultimo sarà sostituito da un altro figlio d’arte, il bravo Walter Martino, il papà era il celebre Bruno Martino autore di “Estate”; del cantante non ebbero bisogno.
Profondo Rosso fu un successo, senza precedenti; in parte affiancando il lavoro compositivo-orchestrale del pianista jazz Giorgio Gaslini, è a tutt’oggi il disco più famoso dei Goblin: indimenticabile il serrato motivo nell’additivo tempo di 15/8 (7+8) di oldfieldiana reminiscenza (tuttavia a ispirare il famoso riff sembra sia stato My God dei Jethro Tull), poi con le aperture bachiane.
Roller espande i settori musicali del precedente (entra in formazione un secondo tastierista: Maurizio Guarini), meno frammentato, più organico e completo, presenta composizioni ed esecuzioni di ottimo livello. Non a caso il brano di apertura Roller riprende l’idea di Profondo Rosso e la sviluppa, peraltro qui il ricorsivo motivo è in 29/16 (14+15); rilevante la suite Goblin, specie di manifesto del gruppo.
Suspiria è il lavoro più sperimentale per il film più immaginifico di Argento, virato sugli elementi ritmici e timbrici a scapito di quelli armonici e melodici (Black Forest e Blind Concert gli unici brani più consueti); aggiungendo voci (a mo’ di effetti) e spezie etnico-acustiche, tutto amalgamato ottimamente con l’elettronica, producendo efficacissime suggestioni. Apicale.
Il Fantastico Viaggio del Bagarozzo Mark, è un bizzarro concept-album, tuttavia dal respiro più ortodosso fornito dallo schema canzone, impegnato nell’esprimere mediante le poche parti cantate (da Morante) il problema giovanile della droga, che all’epoca in Italia era particolarmente avvertito. Musicalmente del tutto diverso dai precedenti, non ci sono riff né ritmi nervosi o tempi dispari; comunque molto eterogeneo. Droni “elettronici”, compatte sequenze accordali modulanti, con episodi parodistici del Pop-rock e della Disco-music, malgrado ciò, un po’ opprimente; irriconoscibili, ma interessante.
Insomma i Goblin riuscirono egregiamente ad agglomerare una moltitudine di generi e stili che la grande musica giovanile dell’epoca d’oro, appena conclusa, aveva prodotto; dagli stellari Emerson Lake & Palmer a quella più marginale come la musica di Antonio Bartoccetti con gli Jacula, Invisible Force e Antonius Rex. Il gotico Bach che incontra il Jazz-Rock: indimenticati e indimenticabili Goblin.
(articolo disponibile su www.carlopasceri.it – link)