Recensioni e Interviste

“Una vita al buio”, il singolo dei Sistemi Computazionali

"Una vita al buio"; Sistemi Computazionali.

Un brano in cui la musica accompagna delicatamente il testo dritto al cuore dell’ascoltatore: qui l’intervista.

Il tuo singolo, “Una vita al buio”, sembra affrontare il tema della fuga e della ricerca di rifugio da sé stessi. Cosa ti ha ispirato a creare una canzone su questo argomento?

«Tutto parte da un libro letto tempo fa in cui, ad un certo punto, il protagonista decideva che era meglio non sapere e quindi, tra virgolette, rimanere al buio. Questo concetto mi ha ronzato in testa per un poco, poi si è mescolato con altre idee sul confronto con sé stessi, le aspettative degli altri, l’autodeterminazione.»

Nel comunicato, hai menzionato che la struttura a giro di chitarra ciclico vi ha portato a pensare a un dialogo. Come hai approcciato la composizione del brano, e in che modo la struttura ha contribuito a trasmettere il messaggio della canzone?

«Mentre sviluppavo il riff ho avuto l’immagine di due persone che parlano, appunto dialogano, con uno dei due che strimpella distrattamente la chitarra eseguendo l’arpeggio che, se vogliamo, ha un tono molto diverso rispetto al tema trattato nel pezzo. L’immagine mi ha suggestionato, tanto è vero che l’ho riportata anche in produzione, sviluppando gran parte dell’esecuzione con chitarra, voce e qualche percussione.»

“Paper n°1” è il tuo primo EP pubblicato nel 2022. Come descriveresti l’evoluzione del tuo sound e dei temi affrontati da “La Cura” fino a “Una vita al buio”?

«I temi alla fine sono più o meno sempre gli stessi, le persone e il modo in cui si relazionano con sé stessi e con gli altri. Cambiano i contesti, le situazioni, il tipo di sentimento, ma al centro c’è sempre l’uomo. Il sound invece sto cercando di perfezionarlo canzone dopo canzone, trovando i giusti suoni e creando il giusto climax per il singolo contesto.»

Il tuo fil rouge sembra incentrarsi sul ritorno in contatto con sé stessi, toccando temi come l’individualismo, l’alienazione e l’assenza. Come speri che la tua musica influenzi l’ascoltatore in relazione a questi temi?

«Non penso di poter influenzare in nessun modo l’ascoltatore, non è quello lo scopo. La scrittura parte dall’esigenza di esprimere un pensiero su un argomento che mi tocca o mi interessa, con cui mi confronto o di cui sono spettatore. Se poi riesco a comunicare qualcosa a chi ascolta, arrivare a toccarlo in qualche modo ne sono felice, vuol dire che ho fatto qualcosa di buono.»

Stilisticamente, cerchi di fondere la profondità comunicativa della musica d’autore e del cantautorato con la forza e l’immediatezza della musica rock. Quali sfide hai affrontato nel cercare di bilanciare questi elementi diversi nella vostra musica?

«È una cosa effettivamente complicata, sia dal punto di vista tecnico, la metrica, gli accenti, le parole tronche, sia dal fatto che i due “generi” partono da approcci differenti. Il rock mette in evidenza la musica e la melodia, il testo a volte è quasi ininfluente, mentre il cantautorato punta tutto su quello. Trovare un equilibrio tra queste due anime e far sì che il risultato sia interessante non è semplice.»

Guardando al futuro, quali sono i tuoi prossimi progetti o obiettivi?

«Per quanto riguarda i progetti ho alcune canzoni in produzione e spero di poter rilasciare qualche brano o un secondo EP in tempi relativamente brevi. Gli obiettivi sono sicuramente affinare sempre di più la composizione, riuscire ad abbracciare un ventaglio di tematiche più ampio, e aumentare la diffusione della mia musica.»

— Onda Musicale

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