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Un disco per il week end: “Moving Pictures” dei Rush

Abbiamo già parlato di alcuni album del periodo anni ’70 dei Rush con capolavori quali Fly by Night e naturalmente 2112, ma come ha fatto la band a sopravvivere anche agli anni ’80?

Ricordiamo che quello è stato un periodo abbastanza contradditorio per molte band prog che hanno optato per sonorità più morbide e più commerciali grazie all’uso più massiccio dei sintetizzatori, ma state tranquilli che i Rush si sono mantenuti fedeli a loro stessi anche in questo disco.

Moving Pictures(1981) è infatti il degno proseguimento del precedente Permanent Waves (1980) che ricordiamo per brani fantastici come The Spirit of Radio, Freewill e Jacob’s Ladder. Andiamo dunque a capire perché anche Moving Picturesè stato un signor album:

 

Tom Sawyer: la celebrazione moderna, a modern – day warrior, dell’adorabile monello descritto da Mark Twain, autore anche de Le avventure di Huckleberry Finn suo degno compare di scorribande.

Questa ribellione individualista viene introdotta dai sintetizzatori di Lee, ovviamente non manca la batteria del professor Peart e la chitarra di Lifeson, che poi si abbandona alle coinvolgenti linee di basso sul suo Rickenbacker.

Uno dei brani più famosi del trio canadese che fa conoscere il nome dei Rush anche ai meno avvezzi al rock, ed al prog in particolar modo, e che la band non fa mai mancare nelle scalette dei concerti. Da ricordare che questa è l’unica canzone il cui testo non è stato scritto solo da Peart, il batterista qui è stato aiutato dal connazionale poeta e paroliere Pye Dubois.

Red Barchetta: tintinnii ed armonici sono i primi timidi suoni ai quali si accompagna il deciso basso di Lee. Il pezzo è davvero coinvolgente e parla di una folle corsa a bordo di una vecchia macchina rossa, ma perfettamente funzionante e veloce come il vento, chiamata Barchetta a causa della curiosa forma. Praticamente il prototipo della moderna spider.

La corsa si trasforma poi in una gara a velocità pazzesche alle quale segue, fortunatamente per il protagonista, un ritorno presso la casa dello zio che gli aveva prestato l’automobile.

Particolarmente apprezzabili le schitarrate di Lifeson ed i toni epici e sognanti raggiunti dalla voce di Leein particolare verso la metà del pezzo.

YYZ: epico e coinvolgente strumentale che mostra tutto il lato più tecnico e virtuosistico della band e di ognuno dei componenti. Le rullate di Peart, la tecnica di Lifeson e le intricate linee di Lee.

Piccola nota, il titolo altri non è che il codice aeroportuale IATA dell’aeroporto di Toronto. Un altro omaggio dei Rush alla loro meravigliosa terra natia.

Limelight: l’iconico riff di Lifeson, seguito a ruota dai synth di Lee e la batteria di Peart, fa da apripista a tutte le contraddizioni portate dal mondo dello spettacolo e dalle luci della ribalta.

Una dura accusa alla modernità e per tutti quelli che vogliono apparire, comportamenti che fanno letteralmente a cazzotti con chi predilige la sostanza delle cose e lo stesso essere sé stessi senza compromessi.

The Camera Eye: synth e distorsioni che faranno ricordare all’ascoltatore i Pink Floyd ed i Kraftwerk allo stesso tempo sono la base della prima parte di questo brano (New York) che si afferma come il più lungo del disco con i suoi undici minuti circa.

La voce di Lee poi si lancia in una sorta di visione fantascientifica della Grande Mela con i tanti edifici grigi, persone frettolose ed una pioggia gelida che cade sulle teste di tutti.

La seconda parte (London) descrive invece magistralmente la magia ed il mistero della capitale del Regno Unito, un passato tranquillo dinnanzi ad una modernità assordante.

Witch Hunt: un lento ed inquietante crescendo interrotto solo dalla chitarra di Lifeson e dalla voce di Lee che si fa più cupa e lenta per descrivere uno dei momenti più bui della storia umana, l’insensata caccia alle streghe.

Torri di sintetizzatori (qui la band vede l’aiuto del loro grafico e musicista Hugh Syme) erullate di batteria poi fanno la gioia dell’orecchio al pari del cambio di registro della voce di Lee, più eterea ed epica.

Vital Signs: tensione, rock, stacchi e fantascienza per questa energica traccia conclusiva, quasi al limite della frenesia e del nervosismo. Godetevela a tutto volume se vi piace il connubio tra basso, batteria, chitarra e sintetizzatori!

 

Giudizio sintetico: un altro centro per i Rush che hanno cominciato gli anni ’80 con il botto anche grazie al precedente Permanent Waves del 1980. Riascoltatelo ancora e ancora!

Copertina: Hugh Syme firma nuovamente la copertina, oltre che la sua parte di sintetizzatore, che mostra degli uomini in rosso trasportare dei quadri per le scale di un antico edificio mentre i curiosi li osservano.

Etichetta: Anthem Records

Lineup: Geddy Lee (voce, basso e sintetizzatori), Alex Lifeson (chitarre), Neal Peart (batteria e percussioni) e Hugh Syme (sintetizzatori in Witch Hunt)

 

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Tags: Kraftwerk, Pink Floyd, Rickenbacker, Prog Rock, Vanni Versini, Rush, Geddy Lee, Alex Lifeson, Fly by Night
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