Recensioni e Interviste

Intervista a Vittorio Nacci

Il bisonte” è il singolo d’esordio di Vittorio Nacci, classe 1985, autore, musicista, produttore e figura poliedrica della scena musicale pugliese.

Che dopo la lunga esperienza discografica al timone della band iohosemprevoglia, con questa nuova avventura artistica inaugura un percorso musicale autonomo, che unisce il cantautorato italiano a sonorità alternative d’oltreoceano. Il singolo anticipa l’imminente uscita del primo LP dell’artista pugliese, entrambi per NOS Records/Believe

Ciao Vittorio, innanzitutto auguri per questo nuovo capitolo del tuo lavoro artistico. ci dici qualcosa a proposito? Come mai la decisione di dare luogo a un progetto solista dopo la lunga esperienza con la tua band?

Ciao a voi e moltissimamente grazie. Più che una decisione, questa di andare in solitaria, è stata un’evoluzione fisiologica. Gli iohosemprevoglia, dopo vent’anni, era ormai composta da persone con ormai altre priorità, il percorso umano ci porta variabili e crescite e consapevolezze per ognuno diverse. Io, Silvio e Onny comunque ci ritroviamo per suonare appena possibile. Le cose che ho da dire e il modo di dirle è però cambiato, lo ha fatto da sé e anche se la dimensione band è quella che preferisco e sempre preferirò, per il momento ho bisogno di indagare cosa significano il mio nome e il mio cognome da soli.

⁠Ci racconti brevemente il lavoro coi Iohosemprevoglia?

“Brevemente”, ehm, impossibile. Cercherò di farne un sidro tralasciando tanto e concentrandomi sugli inizi, secondo me i più divertenti. Abbiamo cominciato nel 2003, la banda è nata dalle ceneri del mio precedente gruppo punk-hc (con loro facevamo pezzi che s’intitolavano tipo “Punk & pomodoro”, abbastanza demenziali). All’epoca ero solo chitarrista ma, mancandoci il cantante, cominciai a mettermi davanti al microfono. Da teenager i gusti musicali cambiavano velocissimi e arrivò il momento della New Wave, passaggio naturale dopo tutto quel punk. Rimasi sotto ai primi Diaframma e presi a scrivere qualche pezzo in italiano. Era roba acerba, non sapevo nemmeno cosa significasse un inciso, un ritornellone. Da qui cominciammo a provare qualche festival o concorso e a registrare demo ed EP, più molte date in giro per locali (che allora non s’erano ancora troppo fissati per le coverband). Nel 2010 ci autoproducemmo il primo disco omonimo, uno di questi decidemmo di proporlo ad AreaSanremo nel 2011 e “con nostro sommo sbigottimento” Morandi ci scelse per il 62° Festival di Sanremo. Da lì molte date, sali/scendi, un secondo disco nel 2014 e dopo qualche singolo sparso. Nel periodo pre-pandemia (ma pure durante), cominciai a scrivere musica nuova che poi ho registrato in casa con l’aiuto degli iohosemprevoglia e di Orbita Dischi.

Abbiamo avuto modo di apprezzare il primo singolo di questa nuova avventura, “Il bisonte”: c’è qualcosa che ci vuoi aggiungere sul concept del singolo?

Tempo fa mi è capitato di guardare un documentario nel quale si mostrava una mandria di bisonti che, seguendo senza senso apparente il bisonte capo attaccato da un predatore, come in uno stormo in formazione, finiva per intero nel dirupo di un canyon. La drammaticità di quel tuffo collettivo e la sua devozione totalizzante mi sconvolgono ancora oggi. Ho poi approfondito la lettura di un saggio sui bisonti americani: questi animali sono capaci di grandi solitudini e al contempo di un acuto senso della protezione. Non importa a quale costo. Dopo la pandemia ho avuto la sensazione di aver disimparato dagli esseri umani. Vivo in campagna, in collina, ho vissuto quei mesi solo coi miei tre cani. Seppure fosse un momento di enorme difficoltà collettiva, la sospensione del tempo e la fortuna di poter camminare per boschi, hanno affilato il mio desiderio di silenzio assuefacendomi a esso. Non c’è nulla di spirituale in questo, è stato solo come tornare a una dimensione letargica, fatta di innumerevoli microscopiche consapevolezze di sé, ma anche dei limiti terrestri ai quali si accompagnano. È così che può capitare di sentirsi soli con gli altri e meno con sé. Chi ascolterà vorrei si domandasse se non vale la pena di continuare a fare le nostre stupide cose con la grazia di un bisonte.

⁠Come proseguirà il “post-bisonte”?

Certamente un secondo singolo, proprio in questi giorni stiamo discutendo di questo con l’etichetta. Vorrei farlo uscire entro giugno e magari poi il disco, forse subito dopo, ma non so ancora. È che ho diversi altri brani pronti su cui vorrei lavorare, col mio cuore sono già oltre, maledetta trepidazione!

Vuoi raccontare al nostro pubblico qualcosa sull’incontro con NOS Records e il perché di questo sodalizio?

Con Mimmo Pesare, A&R della NOS, ci conosciamo da una decina d’anni. La mia ragazza dell’epoca studiava all’università di Lecce, Mimmo era un suo docente e lei mi fece la soffiata sul fatto che Pesare avesse appena pubblicato un libro intitolato “Jacques Lacan spiegato dai Massimo Volume”: me ne innamorai. Mi chiesi chi fosse ‘sto genio. Anni dopo, studiando come si muoveva la NOS e avendo il disco bello che pronto, masterizzato e tutto, gli inviai una mail ed eccoci qua. È buffo pensare che la mia prima uscita per l’etichetta sia stata con Stagioni, il disco tributo proprio ai Massimo Volume.

— Onda Musicale

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