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Danse Society, con “The Loop” torna la Dark Wave anni Ottanta

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È da poco uscito The Loop, nuovo album dei Danse Society, band cult della Dark Wave inglese degli anni Ottanta. Un disco che vanta anche un pezzo d’Italia, grazie alla cantante Maethelyiah.

Parlare dei Danse Society significa ripercorrere un pezzo di storia del rock britannico. Un periodo oscuro come il termine che descrive il genere, Dark Wave appunto. Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, il rock era stato rivoluzionato dal tramonto delle correnti classiche e il breve avvento del punk.

L’hard e il progressive, generi che avevano dominato i favolosi Settanta, erano implosi sotto il peso delle loro stesse ambizioni. La Discomusic e il Punk, da angolazioni diverse, avevano finito per riportare la musica nelle strade, lontana dalle ambizioni colte del prog. Il Punk aveva sfondato per poco, fedele alla sua natura estemporanea, ma aveva buttato i semi della New Wave.

Le band più cupe del grande calderone New Wave avevano finito per attirarsi nuove etichette, dal Gothic alla Dark Wave. Complessi come i Joy Division, legati alla parabola della stella nera di Ian Curtis, i seminali Bauhaus e i Chameleons. Ma anche band dal successo commerciale più marcato, i Cure di Robert Smith o Siouxsie and the Banshees.

Tra le tante band che si mettono in luce, ce n’è una che arriva da Barnsley, un nucleo urbano della contea del South Yorkshire, e si chiama The Danse Society. Subito il gruppo si fa notare per alcune particolarità. I Danse Society, infatti, pur essendo molto derivativi nella pura scrittura – il debito principale è proprio coi Bauhaus – inseriscono un anelito romantico unico e il tocco peculiare delle tastiere di Lyndon Scarfe.

Il nucleo originale è composto da Steve Rawlings (voce), Paul Gilmartin (batteria), Lyndon Scarfe (tastiere), Paul Nash (chitarra), Tim Wright (basso). Il primo colpo, una sorta di EP esteso, Seduction, li impone all’attenzione. Il loro periodo come Next Big Thing dura però poco, al punto da essersi già esaurito quando, forse un po’ in ritardo, esce il primo vero album, Heaven Is Waiting. Un lavoro atteso ma che finisce per deludere.

La strada per lo scioglimento è altrettanto veloce e si deve aspettare il 2011 per ascoltare nuovo materiale. La riunione è propiziata da una fan che vuole a tutti i costi riunire il gruppo e che riesce a coinvolgere anche Paul Nash e Rawlings, che è attivo negli Usa. Rawlings, dopo l’entusiasmo iniziale e la registrazione di un paio di pezzi, fa perdere le sue tracce.

È in quel momento che, per un felice scherzo del destino, i Danse Society vengono contattati da Maethelyiah, istrionica figura italiana con una voce potente che si muove sul periglioso confine tra rock e lirica. E che finisce per consolidare il sodalizio, sposando il chitarrista Nash.

The Loop è il quinto album dopo la rinascita dei Danse Society e continua un discorso che è stato ripreso dove si era interrotto, ma non solo. La musica della band di Barnsley si è infatti arricchita nel tempo di tante e nuove sfumature. Si odono allora echi di un moderno prog, passaggi che sembrano usciti dalle colonne sonore dei film di genere anni Settanta e qualche nota jazz. Il tutto aggiunto alla potente mistura di Post Punk e Dark Wave gotica.

The Loop è stato registrato alla vecchia maniera, senza troppi trucchi elettronici, dividendosi tra gli Old Chapel Studios e i Beckview Studios. Sentiamo allora come suona questo The Loop.

L’attacco è subito forte con Divided To The End, pezzo che prende subito quota con un intro che omaggia il prog. Grazie a un basso particolarmente presente e a un tappeto di synth che regala atmosfere oniriche, il brano si sposta subito verso lidi dark più abituali. La voce di Maethelyiah è qui molto efficace, perfettamente adatta al genere, un mix di potenza e indolenza da New Wave.

Sei minuti e passa che scorrono senza annoiare e con una digressione chitarristica quasi psichedelica che suona come una vera improvvisazione.

Si prosegue con l’altrettanto lunga The Lies, dominata all’inizio dai vocalizzi della cantante. Il basso si riprende poi la scena e fa da tappeto per un brano lento e suggestivo. Il pezzo prosegue in un’altalena di cambi di ritmo e atmosfere. The Sound And The Fury è molto più sostenuta e procede su una tipica base New Wave.

Un brano molto orecchiabile che ci riporta dritti ai primi anni Ottanta, in modo molto piacevole. Un cenno ai testi, sempre piuttosto critici sulla società che ci circonda e che invitano a scuotersi e unirsi contro le ingiustizie.

The Loop è la title track, una cavalcata quasi del tutto strumentale, considerato che Maethelyiah usa qui la sua voce come un vero strumento musicale. Le atmosfere sono quelle di una colonna sonora, anche se chi scrive ci ha trovato – con una certa sorpresa – qualche similitudine con una band italiana, i Baustelle del periodo Malavita.

Si passa a If You Were Only Listening, altro pezzo lento in cui Maethelyiah ricorre a un efficace spoken. Algorithmic Control, dal titolo che dice già tutto, vanta un bel ritornello catchy ma forse non è efficace quanto le canzoni precedenti.

Shake Shake è introdotta curiosamente dal suono di uno scacciapensieri siciliano e una chitarra che guida la melodia quasi come in un western alla Morricone. Il pezzo è particolare, il ritornello – unito alla chitarra – dà quasi la sensazione di un Dark Country, se ci passate la definizione appena coniata.

Il finale è per Undone, ballata onirica introdotta da piano e archi e dominata dall’istrionica Maethelyiah, qui fin troppo sopra le righe. Il pezzo va in crescendo e chiude in modo efficace un album degno di nota.

In conclusione, The Loop merita davvero un ascolto attento e i Danse Society un plauso per il tentativo di tenere in vita un certo tipo di approccio. Una musica suonata come una volta ma non prigioniera del passato. Il problema, come sempre, è trovare orecchie capaci ancora di godersi un buon album di rock, che sia Dark o quel che volete, suonato come Dio comanda.

— Onda Musicale

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