Progetto di composizione estemporanea elettro-vocale per tre voci estese con presentazione del nuovo album collaborativo: “frattura, comparsa, dissolvenza”.
- Niccolò Clemente (Whale) – Pianoforte, Theremin, Elettronica, Voce
- Claudio Milano – Voce; con borda (Teo Ravelli) – Elettronica
- Alberto Nemo – Pianoforte, Voce
- Testi di Niccolò Clemente, Claudio Milano e Alberto Nemo
Frattura Comparsa Dissolvenza – Associazione artistica PiùPOsitivo, Via Goffredo Mameli, 13, 59100 Prato, Italy.
La trasmissione del “sapere” da una persona all’altra nell’epoca del revisionismo e della ridefinizione della geo-politica, attraverso suono universale. Un percorso formativo e drammaturgico che ha origine dalle sfumature della voce, intesa come “strumento originario” (J. La Barbara). Un viatico che contraddice l’idea Eurocentrica del sistema temperato, come anche inteso dalle arti terapie e dalla narrazione musicologica, che pone alle sue basi l’esigenza di un “sistema integrato” (e dunque anche oltre l’idea di “sistema misto” classico – contemporaneo, che innesta in modo organico, non alternato, assonanza e dissonanza, serialismo e macrostrutture armoniche, attraverso micro tonalità ed elettronica). Se in principio era “il logos”, ovvero “il tenere assieme, legare attraverso la verità”, che è la luce espressa anche attraverso il suono, all’origine pure dei mantra (“Om”: senza la parola non vi è l’inno e senza il respiro non vi è il canto; “Namu myoho renge kyo”: armonizzare la propria vita aprendo alla legge universale per trarne forza e saggezza, conseguimento dei propri obiettivi) cos’è la fine se non il ritorno a ciò che si è perduto?
Cosa ha perso l’umanità corrente? Oltre al valore della storia per la lettura del presente con i suoi “corsi e ricorsi”, ha perso il valore della spiritualità e di una coscienza dell’archetipo junghiano, al fine di superare il proprio limite. In breve, l’umanità corrente è infantile, disordinata, incapace di comprendere il limite tra sé e l’altro da sé in modo rispettoso, di leggersi, di esprimere giudizio auto-critico e per forza di cose destinata a collassare su sé stessa.
TRE VOCI ESTESE A PARTIRE DA TRE REGISTRI DIVERSI: Alberto Nemo (tenore – il mistico), Niccolò Clemente aka Whale (baritono – l’uomo di scienza), Claudio Milano con Teo Ravelli aka “borda” (basso – la drammaturgia). In origine è l’esplorazione del Capitano Nemo, a suo modo scienziato, per nulla misantropo, in alcun modo vendicatore.
Nemo è l’origine e la fine nello spettacolo, apre interrogativi e li chiude, come in un fare terapeutico. Nemo è l’essenza che accoglie nel canto modi occidentali e orientali.
È la coscienza del sé che si ascolta e che lascia andare tutto il superfluo rappresentando (non esprimendo) “l’essenza”. Nemo attraverso il canto e i suoi accordi di pianoforte ridotti a basso continuo su cui muovere rivoli di note e melismi appoggiati al respiro in perfetta armonia col sistema fonatorio, ad intendere le cellule come acqua che scorre e trascende la forma, è entità che attraversa tempo e spazio. Lui ha coscienza della fine: energia. “Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma” (Lavoisier). Il punto è: l’uomo è pronto per accettare il fatto che non solo le sovrastrutture linguistiche, ma anche le strutture culturali possano essere disintegrate dalle guerre in corso, di religione, cultura, fame di spazio e non solo? La “frattura” spazio-temporale creata da Nemo viene immediatamente ricucita dall’uomo di scienza, Whale, medico pediatra umanista, illuminista non estraneo alla “percezione” come legge tale da esprimere un limite umano da superare, più che da rispettare. Lui è “il presente”, ovvero, “la comparsa”. Il presente però è già futuro, evoluzione, a nominarlo è “nuova frontiera”.
Nell’ascolto di Whale e nei suoi appoggi pianistici, compare la necessità, l’urgenza, d’un presente ipercinetico, capace di mille e più associazioni mentali tradotte immediatamente in suono. La sua è improvvisazione organizzata. La voce che manifesta accoglie il romanticismo del “lied” ma attraverso il “recitarcantando” barocco, si proietta in intelligenza artificiale a trasmettere il tessuto e il luogo su cui innestare nuove intuizioni. È voce “mentale”, acuta in tratti metallici (bionica). Esplora direzioni che sono più geometriche che interiori, tratteggia sviluppi… Costruzione, evoluzione, nonostante tutto. Cosa rimarrà del nostro passaggio quando ce ne saremo andati? Cosa resterà in “struttura”? Si sia onesti, cosa rimane di una civiltà se non testimonianze concrete? Percepiamo l’energia di chi non sappiamo? Nulla ci è noto di culture delle quali non decifriamo linguaggi. Claudio Milano (basso) sceglie di farsi decostruire da un collaboratore (borda) ad amplificare, asciugare, deformare un’esposizione di per sé pari ad urlo.
Il suo ruolo è “il futuro”, ma icariano. Lui è “ciò che non si vuole recepire”
Il suono che gli appartiene esplora stanze del sé (vivisezione) ma lo fa a partire da un testo come carico di buia biografia. La sua dissolvenza è nella realizzazione di potere essere scissi, violati nel corpo e nella mente, smembrati come per il protagonista della scena finale di “Il Profumo” di Patrick Suskind, in un’ambizione cristologica dello spezzare il proprio corpo nel rito eucaristico (il suo canto prevede un “Padre Nostro”) in una traduzione che però non cerca proseliti ma che afferma “evita dissolvenza di vita”, pur facendosi sacrificio nell’emissione di tecniche vocali estreme e respingenti. Milano si consuma, induce a catarsi, ma ha con sé stimmate greche e novecentesche. Nemo torna in qualità di bonifica cosciente del valore di preesistenza, post. Lui ha scelto di essere nella relatività spazio-temporale, ieri come domani. A ben vedere, l’intera performance è un’azione che si pone estranea a spazio e tempo, andando a creare un mondo a sé stante, liturgico, catartico, terapeutico, “altro”. Pone l’uomo cosciente al centro di un’esposizione sonica senza latitudine e tempo (modi occidentali e orientali, antichi e contemporanei).
Se pure tutto ciò che è la nostra immagine del reale dovesse crollare, l’uomo moderno/futuro ha coscienza (attiva, silente, reattiva, passiva) e può avere bisogno di un risveglio della stessa, ma soprattutto, ha necessità urgente di comunicarlo all’altro da sé. Il sé cosciente non può essere oggi “new age”, sa di poter portare un proprio messaggio di vita anche “solo” attraverso la propria energia, attraverso rovine che fanno male al punto da perdere ragione, capacità d’amore ed equilibrio. Questo spettacolo vuole essere “operato oltre la manifestazione del sé”. Si pone come “logos”, suono, pensiero, azione. Non pretende di “urtare”, rinnega l’essere intrattenimento. È. Null’altro.