Recensioni e Interviste

Across: un blackout hardcore nelle città e nelle periferie del profondo sud

foto band

La band calabrese Across ha pubblicato un nuovo album, “Blackout”, un viaggio musicale in chiave hardcore punk all’interno della quotidianità più cruda e talvolta spietata.

“Blackout” degli Across è anche uno slancio a  protendersi verso la speranza e il riscatto di chi vive soffocato nelle città, in ombra nelle periferie o nell’oblio della provincia più  remota. Abbiamo voluto approfondire con loro tutto ciò che c’è da sapere su “Blackout” in questa intervista esclusiva per Onda Musicale.

Il vostro nuovo album “Blackout” segna un cambiamento significativo rispetto al vostro EP d’esordio. Cosa vi ha spinto ad abbandonare le prime influenze Dark, New Wave e Crossover? E ad abbracciare sonorità più Hardcore Punk e Emocore?

“Innanzitutto, un saluto e un ringraziamento alla redazione di Onda Musicale e a chi spenderà qualche minuto del suo tempo per leggere questa intervista. Durante il tour di “DarkCore”, vedendo live le band che animano la scena attuale, ci siamo resi conto che per raggiungere un grado di soddisfazione personale in grado di colmare i sacrifici e i tantissimi chilometri macinati, dovevamo essere più coinvolgenti con chi partecipa ai nostri show. Cercare di creare una miscela più compatta nelle nostre canzoni. E, perché no, recuperare quell’impatto selvaggio e ragionato che contraddistingue gran parte dello stile Hardcore con cui siamo cresciuti.

Di conseguenza, il sound in “Blackout” è diventato più diretto. Ma anche più elaborato dal punto di vista stilistico e negli arrangiamenti, mantenendo alcuni elementi Dark e New Wave ma utilizzandoli solo quando ci rendevamo conto che potevano essere complementari alla struttura del brano e non entità a sé stanti. A completare il tutto, abbiamo messo dentro una spruzzata di Oi! e di Emocore per rendere il tutto più fruibile ed evocativo.”

Durante il processo creativo di “Blackout”, c’è stato un momento particolare in cui avete sentito il bisogno di spegnere tutto e fare un vero e proprio blackout mentale per ricaricarvi? Se sì, come avete gestito quella pausa?

“In realtà durante la composizione dell’album, pause rigeneranti non ce ne sono state per due ragioni sostanziali. Prima di tutto, la voglia di generare una nuova creatura che consolidasse tutto ciò che era stato fatto con i precedenti lavori (oltre all’EP “DarkCore” anche lo split 12” con i Meat For Dogs). E che desse a noi stessi una nuova direzione, calibrando ancora meglio gli obiettivi da raggiungere. In secondo luogo, una nostra caratteristica peculiare è quella di fare le cose tutte d’un fiato, soprattutto durante la fase compositiva, senza mai voltarci indietro. Tutto ciò, forse, è successo anche perché nelle nostre vite di blackout mentali e di pause ce ne sono state già abbastanza. In un certo senso, non abbiamo voluto sprecare del tempo prezioso e siamo voluti andare dritti al punto.


Le liriche di “Blackout” affrontano tematiche sociali più rilevanti rispetto ai vostri lavori precedenti. In che modo il difficile periodo durante il quale avete scritto l’album ha influenzato la vostra scrittura?

“Il momento sociopolitico in cui viviamo, anche a causa della pandemia, era ed è veramente molto critico. Abbiamo sentito il bisogno di trasmettere in maniera più diretta il senso di schiacciamento che avvertiamo, oltre che una forte esigenza di condividere queste sensazioni con chi ascolta la nostra musica. Nel precedente EP ci piaceva parlare alle persone partendo dalle nostre vite cercando di sviluppare anche una certa introspezione. Utilizzavamo, infatti, tante metafore per arrivare a concetti anche politici, spesso attraverso dei non troppo velati riferimenti storici. Questa metodologia la si può riscontare anche nel nuovo album. Qui però abbiamo cercato almeno in parte di renderla più manifesta, diretta e fruibile anche per le giovani generazioni.”

Se doveste associare ciascun brano dell’album a un luogo specifico della vostra città, Cosenza, quali sarebbero e perché?

“Hillsborough – Stadio San Vito L. Marulla: il brano utilizza la strage di Hillsborough per spiegare il senso di schiacciamento di cui parlavamo nella domanda precedente, comunque tutto ciò avveniva in uno stadio ed è proprio nello stadio di Cosenza che sono nati tutti i movimenti ribelli della nostra città.

Un altro treno – Stazione Ferroviaria di Vagliolise (Cosenza): è dalla stazione di Cosenza che si partiva in trasferta con gli Ultras. O per andare a vedere i concerti punk fuori città con la propria Brigata di pazzi e scalmanati. E in questi viaggi che si sono formati i nostri comportamenti e cementificati i rapporti interpersonali che ci portiamo ancora appreso.

Le Nuvole – Un qualsiasi balcone o finestra di Cosenza durante una giornata uggiosa: il testo di questo brano è stato scritto durante una giornata autunnale guardano fuori da una finestra. Si tratta infatti di un pezzo sentimentale che analizza un rapporto che sembrava quasi un sogno. Ma che poi deteriorandosi ha lasciato dolore e una sensazione di inconsistenza permanente.

Immagini Artificiali – Confluenza dei Fiumi Crati e Busento: lo scroscio delle acque del fiume, soprattutto di sera, fa scaturire il ricordo dei momenti vissuti in famiglia e delle abitudini e valori che questa ti ha trasmesso. Molti di questi ormai sono stati soppiantati da un modo di vivere in cui spesso non ci si riconosce più. Sembra tutto artificiale, si ha la sensazione che manchi l’asfalto sotto i piedi.

Blackout – Strade del centro città nelle ore piccole: è durante le nottate di delirio e di baldoria che il cervello diventa intermittente. E le coscienze e le convinzioni vacillano, mentre cerchi gli eccessi pensi alla tua vita. Questo è il Blackout.

Viv – Nessun luogo in particolare: questo brano non ha luogo fisico di riferimento. Semmai ha un “luogo interiore”, in quanto è stato scritto per commemorare Vivienne Westwood genitrice del Punk negli anni ‘70 e attivista contro i mali del mondo fino alla fine dei suoi giorni. Forse il brano più toccante a livello emotivo. Perché ognuno di noi potrebbe intravederci una madre che non c’è più. O un’amica con la quale ci si è persi dopo aver condiviso tante esperienze.

Uragano – CSA Gramna (Ex Villaggio del Fanciullo): è dal fragore che emanava lo storico Centro Sociale Autogestito di Cosenza che nasce l’uragano. La voglia di infrangere la cristallizzazione che la città metteva in bella mostra circa 25 anni fa.

Didascalia – Liceo Classico Telesio: è proprio nella scuola del perbenismo e del rigore cittadino che nascono ed iniziano a svilupparsi le prime contestazioni e contraddizioni che ci hanno accompagnati negli anni successivi. Dopo 30 anni, di tanto in tanto, si riflette sugli effetti di quegli insegnamenti e si mette tutto in discussione.

La Palude – Tutti gli uffici degli enti locali della città: è in questi luoghi stagnanti, comandati da insetti velenosi, che avviene un continuo finto processo di anestetizzazione della popolazione. Affinché tutto cambi per restare sempre uguale.”

Il titolo dell’album, “Blackout”, è molto evocativo. Potete approfondire il significato di questo “blackout cerebrale” e come rappresenta gli stati d’animo che avete vissuto durante la realizzazione dell’album?

“Sempre e fin troppo spesso, quando alla sera le luci si spengono, nel cervello se ne accendono quasi in automatico delle altre altrettanto inquietanti e accecanti. Luci che ti fanno pensare a tutto quello che potevi fare e non hai fatto. Alle delusioni e ai fallimenti, a ciò che invece ti sta accadendo nella dimensione del “qui ed ora”. Questa sensazione, che in fondo è più comune e diffusa di quanto si possa pensare, specialmente arrivati ad una certa età, fa inevitabilmente riflettere in maniera disordinata e frenetica sul proprio vissuto e sulla propria interiorità…

E in testa ci si chiede in maniera martellante se vale ancora la pena combattere con i propri demoni, le dipendenze, le persone e le situazioni che ti stanno intorno e che ti fanno sentire chiuso in gabbia. È questo il significato che abbiamo voluto attribuire al “Blackout”. Che da il titolo sia all’album che al primo brano del Lato B del disco in vinile. Un “bagliore accecante” che a cavallo fra inquietudine e voglia di rinascita ha fatto da filo conduttore ai contenuti dell’album. E, perché no, anche alle sue sonorità.”

Nel brano “Uragano”, parlate di un tumulto interiore. C’è un ricordo o un’esperienza personale di ciascuno di voi che ha contribuito alla creazione di questa canzone?

“Il brano “Uragano” esplica in maniera metaforica, ma nello stesso tempo estremamente diretta, la voglia di tornare a suonare Hardcore. E a calcare nuovamente i palchi dopo lunghi anni di torpore. L’intento del brano è dunque molto chiaro: dichiarare che questo impeto e questa carica di energia, ancora oggi e nonostante tutto, non può essere arrestata da nessuno, sprigionando una nuova e caotica tempesta che spazza via tutto il superfluo. E fa “bruciare di vita” – citando i Negazione – chiunque ne venga in qualche modo investito.

Detto questo, non c’è un’esperienza personale specifica che colleghiamo alla canzone. Se non l’importanza e l’impatto emotivo che l’aver scoperto e conosciuto l’Hardcore Punk ha generato sulle nostre vite. Non è un caso, infatti, che questo pezzo coincida quasi sempre con l’apertura dei nostri concerti dal vivo. E che, nella promozione del nuovo album, sia uscito come secondo singolo con annesso un lyric video. Lo ha prodotto il nostro amico fiorentino Dedo che ha voluto farci questo graditissimo regalo.”

L’album è stato pubblicato in collaborazione con Duff Records e distribuito tramite una rete di sostegno nel mondo underground. Quanto è importante per voi mantenere un approccio DIY (Do It Yourself) nella vostra musica e nella distribuzione dei vostri lavori?

“Come per il primo EP “DarkCore”, anche questo nuovo album è uscito in primis grazie alla collaborazione dei nostri concittadini/e, nonché grandi amici/e della Duff Records. È un’etichetta cosentina nata come naturale prosieguo dell’esperienza musicale dei Duff, storica band calabrese di Hardcore e Punk Rock melodico formatasi a fine anni ’90. Anche il nostro chitarrista Luca ne è stato membro fondatore (seppur dietro le pelli della batteria anziché alla sei corde). Questa volta, però, l’etichetta oltre a farsi carico della pubblicazione dell’album sulle principali piattaforme digitali, ha dato una mano decisiva a tutta la produzione e realizzazione dell’album.

In primis, parlando della fase di registrazione dei brani, il disco è stato realizzato nel Duff Records Studio da Antonio “Totonno” Nevone. Ne ha curato anche missaggio e mastering facendo un lavoro di cui siamo pienamente soddisfatti. Oltre a ciò, è doveroso menzionare un’altra attività che si lega in parte alla Duff Records, ovvero la vinyl pressing plant Southbound Press. È una neonata fabbrica di dischi in vinile sul territorio cosentino (nonché la prima del genere in tutto il sud Italia), che annovera tra le sue fila l’amico Luigi Posteraro. Il nostro vinile è stato il primissimo prodotto uscito dalla fabbrica. Siamo orgogliosi e felici di avergli dato fiducia dal giorno zero.

Come avete ben sottolineato, la distribuzione e co-produzione dell’album in formato fisico è stata invece affidata a ben nove distro/label indipendenti sparse su tutto il territorio nazionale (trovate riferimenti e contatti di ognuna sui nostri canali social). Ci stanno aiutando nella diffusione del disco all’interno di banchetti merch, negozi di dischi indipendenti e anche circuiti internazionali. Crediamo infatti, oggi più che mai, che l’autoproduzione e l’autogestione di musica e pensieri – in poche parole, il DIY – sia la strada prediletta da seguire per una band come la nostra. Perché forse l’unica ancora in grado di veicolare determinati valori e una certa etica. Che è fondamentale per continuare a trasmettere le pratiche che sono da sempre il punto focale di ciò che è molto di più di un semplice genere musicale.”

“Blackout” parla anche di solitudine e individualismo nella società moderna. Qual è il gesto più semplice ma significativo che ciascuno di voi fa per connettersi realmente con le persone a voi vicine, al di fuori della musica?

“Parlando a titolo personale, penso che il modo migliore per connettersi agli altri sia riuscire ad averne fiducia ed esserne complici e solidali, specialmente in determinate scelte di vita. La condivisione di una certa idea dell’esistente e del mondo che ci circonda è alla base di tutto. Forse, è anche per quello che dopo tanti anni e con mille difficoltà anche logistiche, ognuno di noi sceglie ancora di essere quello che si è e di urlarlo in faccia al mondo intero. Grazie di cuore!”

Across sono su Instagram e su Facebook.

— Onda Musicale

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