“Arcade” è un disco psicologo che ha saputo aiutare Lupus Mortis a guardarsi dentro e analizzarsi.
In questa intervista non parliamo solo di “Arcade”, il nuovo disco di questo giovane produttore di Roma, ma parliamo soprattutto di quello che lui sente quando produce. In un mondo in cui la quantità prevale sulla qualità, Lupus Mortis imprigiona i propri sentimenti all’interno di ogni canzone.
Quando e come hai iniziato a produrre basi musicali?
Tutto il mio percorso iniziò nel 2018, grazie a mia madre. Per Natale mi fece riparare un vecchio computer che avevamo in casa. Mi sono installato la mia prima DAW, Fruity Loops. Ho iniziato a produrre grazie a dei video fatti da Sick Luke e Nick Mira su questo mondo e mi hanno ispirato a iniziare e a buttarmi in questo percorso.
Hai fatto corsi o studiato qualcosa inerente alla musica?
L’8 luglio mi sono laureato in tecnico del suono alla Saint Louis College of Music e attualmente sto seguendo l’academy di “Improve Your Mix” diretta da Salvatore Addeo.
Al momento da cosa è composta la tua attrezzatura digitale o analogica?
Oltre che dalla classica attrezzatura che ti permette di produrre, come un computer, una scheda audio e da un paio di monitor, il mio setup è composto da Stream Deck di Elgato (mi aiuta a velocizzare il mio workflow), Il TC Eletronic DVR250-DT (riverbero digitale a controllo analogico), il Faderport V2 della Presonus (un DAW controller), varie cuffie con il loro preamplificatore, il Komplete Kontrol S61 MK2 della Native Instrument (tastiera MIDI), il Minifreak dell’Arturia (sintetizzatore a controllo analogico) e vari plug-in per la generazione del suono e mix/master.
Qual è il tuo processo creativo se parliamo di produzione musicale?
Il mio personale workflow inizia dalla scrittura della parte armonica. Molto spesso inizio o dalla scrittura di una sequenza di accordi o dalla scelta di una campione di chitarra. Dopo aver scritto tutta l’armonia mi concentro sulla scrittura di una batteria che si sposi perfettamente con il flow delle armonie e poi da una linea di basso che sia complementare con il kick della batteria e che sia in chiave con l’armonia. Una volta scritto tutte le varie sezioni finalizzo la produzione con l’arrangiamento e l’aggiunta di effetti di transizione.
Da poco è uscito il tuo nuovo disco, “Arcade“. Come è nata l’esigenza di pubblicarlo?
In realtà è nato totalmente per caso. Non mi definisco un beatmaker, ossia una persona che sforna produzioni una dopo l’altra. Io produco perché sento l’esigenza di dire delle cose attraverso i beat e ho sempre definito la produzione come un vero e proprio psicologo con cui sfogarmi e buttare fuori tutto ciò che ho dentro.
Che messaggio vuole trasmettere il disco?
Il disco rappresenta un viaggio introspettivo dentro sé stessi. Quando si ha un problema, una qualsiasi persona entra dentro di sé e in un primo momento cerca qualsiasi distrazione per trovare un momentaneo e illusorio benessere. Però è importante capire il problema, affrontarlo e superarlo. Però quest’ultimo step non sempre è possibile; anzi, la maggior parte delle volte ci dovrai convivere con il problema e accettare ciò che sei, per trovare un reale benessere con chi ti sta attorno ma soprattutto con te stesso.
Quali sono le tipologie di suoni che si possono ascoltare in “Arcade”?
Per quanto riguarda la batteria e i bassi prevalgono delle sonorità urban mentre per le armonie ho sperimentato un bel po’. Ho utilizzato per quest’ultime due metodi differenti: il primo è quello di utilizzare dei plug in che generano suoni a 8-bit, emulando i maggiori chip-sintetizzatori delle prime console a 8-bit, mentre il secondo è quello di partire da suoni reali, come pianoforti o violini, e andare a degradare intenzionalmente la loro qualità audio attraverso le tecniche di downsampling e bitcrushing. Inoltre, sono presenti anche strumenti reali come per esempio varie chitarre.
Ci presenti brevemente gli ospiti all’interno di “Arcade”?
La maggior parte degli artisti sono tutti ragazzi di Firenze. Il primo artista che ho conosciuto tra di loro è stato Why Roci e, grazie a lui, ho potuto conoscere l’artista con cui collaboro da tanto tempo, Jaidem. Quando sono venuto per la prima nella loro città mi ha presentato tutta la UGKL (la loro crew) e abbiamo avuto fin da subito un grandissimo feeling. Sono tutti ragazzi fantastici e artisticamente parlando sono molto forti ma soprattutto versatili. Per quanto riguarda Lenny l’ho conosciuto tramite un amico mio e quando venne la prima in studio si è creata intorno a noi un’energia e un affiatamento fantastico.
In un prossimo disco, quali artisti sogni di produrre?
Se parliamo di artisti italiani mi piacerebbe tanto produrre Disme e Izi. Sono artisti fortissimi che con la loro voce riescono ad esprimere dei concetti bellissimi. Se invece parliamo di artisti internazionali mi piacerebbe tanto produrre a Central Cee e Polo g.
Mi dici qualcosa della copertina?
La copertina è tutto frutto dell’immaginazione del grafico (Mattshockart) che ha saputo interpretare tutte le linee guida che gli ho fornito in modo eccelso. Si è fatto un grande viaggio per la realizzazione della copertina e sinceramente mi ha fatto sognare tanto anche a me.