Nel 1974 i Rolling Stones danno alle stampe il loro dodicesimo album in studio, It’s Only Rock’n’Roll. Il rock sta cambiando pelle, e gli Stones, nonostante l’aura di leggende viventi, non vogliono certo restare indietro.
Il Glam impazza, con David Bowie, T. Rex e Roxy Music a dettare legge. Il glitter è ovunque, la teatralità domina la scena, e persino i Rolling Stones, alfieri del rock sporco e cattivo, si lasciano tentare dal trucco pesante e dalle paillettes. Ma, più che nella sostanza, gli Stones si adeguano più che altro nelle apparenze. Mick Jagger si atteggia da dandy provocante, ma il sound di It’s Only Rock’n’Roll rimane fedele al DNA Stones.
Il cambiamento è comunque nell’aria. Il Prog si avvia già al tramonto della sua breve stagione, mentre il Glam apre la strada alla rivoluzione Punk. Band come la Electric Light Orchestra ibridano i Beatles con la nascente scena Disco. Dai Caraibi, intanto, arriva il sincopato suono in levare del Reggae, da cui anche gli Stones si fanno sedurre.
Non solo, con It’s Only Rock ‘n Roll, gli Stones firmano il primo disco interamente prodotto dai Glimmer Twins, ovvero la coppia Jagger-Richards. Il duo prende ufficialmente le redini della produzione dopo l’esperienza con Jimmy Miller, conclusasi tra alti e bassi. Il disco, nelle intenzioni iniziali, avrebbe dovuto essere per metà dal vivo, un mix tra registrazioni di studio e performance live.
Il progetto sfuma, non per mancanza di ispirazione ma perché i due soci ne hanno troppa. Il materiale è talmente tanto, che l’idea iniziale lascia spazio a un album interamente di inediti. Il risultato? Un disco che non è un capolavoro unanimemente riconosciuto, ma che contiene brani memorabili e alcune gemme nascoste.
La registrazione si svolge tra Monaco, Rotterdam e la solita Londra, con i lavori iniziati in maniera quasi casuale nella casa di Ron Wood. Già, perché è proprio Ron Wood, ancora chitarrista dei Faces, a contribuire in modo determinante alla title track, anticipando quello che sarà il suo futuro ingresso nella band. Jagger e Richards, insomma, lo tengono d’occhio.
Nella session di It’s Only Rock’n’Roll, però, oltre a metà dei Faces, c’è nientemeno che David Bowie. La voce del Duca sarà udibile nei cori della canzone. Chi spesso manca è invece Mick Taylor. Il giovanissimo chitarrista dalla faccia d’angelo, manca a volte fisicamente, altre dai crediti, anche quando a scrivere è lui. La situazione, giustamente, lo indispettisce e getta le basi del suo abbandono.
Un peccato, la chitarra di Mick Taylor è di sicuro il momento tecnicamente più alto della lunga storia dei Rolling Stones. Mick, di converso, è troppo timido e – soprattutto – non canta. La sua carriera solista finisce per non decollare mai.
Il clima in studio, come accennato, non è dei migliori. Mick Taylor, dopo aver dato un’impronta unica ai dischi precedenti, è sempre più distante dal resto del gruppo. Le tensioni tra lui e i Glimmer Twins si acuiscono, complici il crescente protagonismo della coppia e la scarsa considerazione delle idee di Taylor. Il chitarrista, frustrato e insoddisfatto, com’era nell’aria, decide di lasciare la band poco dopo l’uscita dell’album, chiudendo un’era per gli Stones.
La copertina del disco è particolarmente evocativa: un’illustrazione in stile Art Nouveau che raffigura gli Stones come divinità dorate accolte da un’adorante schiera di fanciulle. L’idea è quella di una rappresentazione teatrale e surreale della loro fama, tra il sacro e il profano, un’autocelebrazione in piena regola.
Ma vediamo come suona questo It’s Only Rock’n’Roll alla prova del vinile, oltre cinquant’anni dopo l’uscita.
If You Can’t Rock Me apre con un pezzo potente e diretto. Jagger si diverte con un testo provocatorio, mentre Taylor sfodera un assolo di classe. Richards tiene il riff solido, mentre la sezione ritmica spinge il pezzo verso un territorio da arena rock. Il pezzo è puro Rolling Stones style. Talmente tanto da sembrare quasi una band che li imita.
Venticinque anni dopo, la Jon Spencer Blues Explosion riporterà in auge questo sound nota per nota. Gli intarsi di chitarra di Taylor sono inconfondibili, mentre Richards si occupa anche delle parti di basso.
Ain’t Too Proud to Beg è una cover dei Temptations. Gli Stones si cimentano con il soul, mantenendo un’energia travolgente e facendo la canzone completamente propria. Il pezzo è ben reso, ma il confronto con l’originale è inevitabile. Forse meno ispirato rispetto ad altre loro incursioni nel rhythm & blues, anche se il lavoro alle tastiere di Billy Preston rende l’atmosfera quasi da chiesa pentecostale del profondo Sud.
It’s Only Rock ‘n Roll (But I Like It) è la title track e l’inno definitivo del rock’n’roll. Ironico e autocelebrativo, il brano nasce in modo inaspettato nella casa di Ron Wood, con lo stesso Wood alla chitarra e David Bowie ai cori. Il riff è uno di quelli che ti rimangono in testa e il testo è una dichiarazione di intenti: niente fronzoli, niente compromessi, solo rock.
L’atmosfera è smaccatamente Glam, con le chitarre di Keith Richards aggiunte in un secondo tempo. Il ritornello, magari non un capolavoro, è però nel tempo assurto a vero manifesto da stadio del rock e di tutti i cliché legati al genere.
Till the Next Goodbye è un pezzo che smorza i toni, una ballata malinconica in cui Jagger dà sfoggio delle sue doti interpretative. Un brano sottovalutato, con belle armonie e un’atmosfera vagamente crepuscolare. Mick, va detto, è particolarmente miagolante e il brano paga un po’ il confronto con ballate più riuscite, da Angie a Wild Horses, ideale pietra di paragone.
Time Waits for No One è un brano molto particolare nel canzoniere degli Stones. Il sound rilassato e vagamente esotico, il ritmo lento e ipnotico e lo stile meno sopra le righe di Jagger, tutto contribuisce a rendere unica questa lunga canzone. Fenomenale l’apporto di Mick Taylor, in un pezzo che porta la firma di Jagger e Richards, ma che secondo molti è farina del suo sacco.
Il suo assolo è un capolavoro di eleganza, fluido e melodico, tanto che spesso viene avvicinato ai suoni del Santana coevo. Una traccia che lascia il segno, mostrando un lato più sofisticato della band.
Sull’affaire Taylor le cose non sono chiare. Riguardo al contributo di Mick in It’s Only Rock’n’Roll, Jagger dichiarerà che si era limitato a “buttare dentro un paio di accordi”. Diverso il parere di Taylor:
Ho avuto un litigio con Mick Jagger per alcune canzoni per cui sentivo avrei dovuto essere accreditato come co-autore in It’s Only Rock ‘n Roll. Eravamo molto amici e abbiamo collaborato molto strettamente per realizzare quell’album. A quel tempo Mick e Keith non lavoravano più insieme come una squadra, quindi passavo molto tempo in studio.”
Luxury è il primo brano con cui gli Stones sperimentano sonorità reggae, genere che stavano iniziando ad esplorare con sempre maggiore convinzione. Il risultato è particolare: il groove è interessante, ma il pezzo non ha la stessa immediatezza di altre loro incursioni nel genere e rimane un curioso ibrido tra il sound classico e il reggae.
Dance Little Sister è un rock tirato e incalzante, puro Richards style. O almeno Richards quando riprende in mano la chitarra posseduto dal demone di Chuck Berry. La chitarra guida il pezzo con un riff ossessivo, mentre Jagger si scatena alla voce. Perfetto per far muovere il pubblico nei concerti. Senza farlo pensare troppo.
Del resto, chi va a un concerto degli Stones per pensare?
Con If You Really Want to Be My Friend gli Stones flirtano col soul orchestrale, con l’aggiunta del coro dei Blue Magic a dare ulteriore profondità al brano. Non è tra le tracce più ricordate dell’album, ma merita un ascolto attento. La resa è curiosa, sembra un brano al confine tra certi passaggi dei Beatles e il Lennon solista.
Short and Curlies è un breve brano ironico e scanzonato, un blues sporco e grezzo come nella migliore tradizione degli Stones. Breve, diretto e divertente, forse l’unico passaggio genuinamente debitore al blues degli esordi. E, a proposito di debiti, almeno la parte iniziale ne ha qualcuno coi Cream di Take it Back.
Fingerprint File chiude il disco con una sorpresa e, per certi versi, un’anticipazione del futuro. Un pezzo funkeggiante e ipnotico, con un groove tipicamente anni Settanta. Jagger usa un falsetto che evoca Curtis Mayfield, mentre la base ritmica è decisamente innovativa per gli standard della band. Uno dei brani più originali del disco. Un sound che tornerà spessissimo nei Rolling Stones di là da venire.
It’s Only Rock ‘n Roll non è forse il miglior album degli Stones, ma è un disco fondamentale per capire la loro evoluzione. È l’ultimo con Mick Taylor, il primo con Ron Wood all’orizzonte e il consolidamento definitivo del duo Jagger-Richards alla guida del gruppo. Gli Stones cavalcano le mode senza farsi travolgere, rimanendo fedeli al loro spirito ribelle e irriverente. Del resto, come dicono loro stessi, è solo rock’n’roll… ma a noi piace così.