Musica

PLZ, intervista al duo milanese senza volto

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PLZ

Già anticipato da “cose belle” e “107 (opinioni)“, venerdì 13 dicembre 2024 è uscito su tutte le piattaforme digitali (in distribuzione Believe Music Italy) il nuovo singolo dei P L Z, dal titolo “ricchi dentro“. 

Un nuovo capitolo per il duo senza volto di stanza a Milano: un’anima pulsante techno pop, una creatura luminosa dalle venature cantautorali che, come uno spettro,  vedevamo aggirarsi per la scena musicale già dal 2021, quando uscì l’album di debutto  “M E G A“, e che ora (finalmente) è di ritorno con un nuovo disco in uscita nel 2025. 

L’immagine di copertina creata da Emanuele Ferretti, che ha curato anche le copertine dei precedenti singoli, incarna perfettamente il misto di rabbia e voglia di tenerezza che anima il brano, fra picchi di esaltazione e cadute nella disillusione, in cerca di quel tocco amorevole che ripristini una qualche forma di equilibrio.

Il loro è un progetto complesso, che non si può definire con un solo genere, e allo stesso tempo è facilissimo affezionarsi a questi due personaggi dell’underground italiano.

Ecco cosa ci hanno raccontato in quest’intervista.

Che cosa vi rende “ricchi dentro” oggi?

Nulla se non il disincanto. Ricchi dentro è un titolo antifrastico, significa il contrario di quel che dice: è l’ultimo atto di resistenza al concetto della ricchezza come legittimazione al potere (il così tanto celebrato empowerment), come legittimo premio al proprio presunto duro lavoro o al solo fatto di esistere. È come dire “meglio poveri ma con qualcosa di necessario da dire, piuttosto che conformisti cantori di una diversità che è pura omologazione e pelosissimo posizionamento socio-economico”. 

    Com’è stato il vostro 2024, e che cosa avreste cambiato dal punto di vista musicale? Le difficoltà per la musica indipendente stanno aumentando?

    Il nostro 2024 è trascorso a promuovere gli ultimi singoli, Cose belle, 107 e ora Ricchi dentro, a remixare per puro sfizio pezzi italiani che ci piacciono (ad esempio Finirà dei Cani). Abbiamo anche partecipato alla riscrittura di un pezzo di Marta Tenaglia in uscita sul nuovo disco della Rettore. Insomma in studio, con qualche puntata dal vivo. Tutte cose che, nei limiti del perfettibile, ci hanno fatto sentire molto soddisfatti. Le difficoltà per la musica indipendente rimangono alte, ma sono tutte dovute ai soliti fattori: un raggio di azione piuttosto ristretto dovuta a una scarsità di spazi reali, a una pretesa mancanza di economie e finanziamenti, all’influenza di pochi effettivi decisori, a una narrazione che insegue i miti del contemporaneo (il discorso sulle generazioni, le questioni di genere): in un contesto così angusto è difficile muoversi. La nostra è una forma di resistenza. 

    Come nasce la vostra collaborazione con Emanuele Ferretti, che sta curando le copertine dei vostri nuovi singoli? Le immagini che vediamo esistevano già, o le avete elaborate insieme?

    Emanuele è un amico. Le copertine sono dettagli di sue illustrazioni concepite nel periodo della pandemia e ora disponibili sul suo account IG @beautysucksorkills. Essendo quello del mostro, del “mostro carino”, un tema portante dell’immaginario del nuovo disco, ci è sembrato del tutto naturale chiedergli di concederci alcune sue opere, che esprimono proprio quel misto fra mostruoso e quotidiano, innocenza e sofisticazione.

    Le vostre influenze musicali non sono italiane. Ce ne parlate?

    Abbiamo dei riferimenti italiani ovviamente, soprattutto per l’uso dell’italiano nei testi. Ma per la musica guardiamo più che altro all’elettronica inglese. A parte i classici anni ’90 della techno, della drum&bass, del trip-hop, oggi siamo più galvanizzati dalla bass-music e dal uk garage: artisti come Joy Orbison o Leon Vynehall, per fare degli esempi. Ma ogni tanto si fanno sentire anche rigurgiti della prima wave o (orrore orrore) del progressive rock anni ’70, il nostro guilty pleasure.

    La vostra musica potrebbe essere apprezzata anche all’estero? Anche nel momento in cui il testo, come nel vostro caso, è così importante?

    Chi può dirlo. Per ora non ci poniamo in quei termini. I testi sono un grande limite in quel senso, per quanto siamo andati asciugandoli sempre di più, proprio per evitare l’effetto cantautorale. Siamo convinti che questi ragionamenti competano più a un management o a un distributore. Le occasioni si colgono rischiando, e non ci sembra che, a fronte di roboanti dichiarazioni sul mondo che cambia e le barriere che cadono, ci sia una reale volontà di correre rischi. 

    — Onda Musicale

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