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La rinascita della musicassetta: viaggio fra storia e tecnologia

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musicassette

Pur essendo ancora molto lontano dai numeri del vinile, il recente revival delle musicassette è l’ennesimo sintomo di una mania vintage che non accenna a passare. E forse è giusto così.

Le musicassette, quei piccoli scrigni di musica portatile che hanno segnato un’epoca e di cui quasi tutta la “Generazione Alpha” ignora totalmente l’esistenza, rappresentano uno dei supporti audio più iconici e rivoluzionari della storia della musica. Nonostante siano state superate tecnologicamente prima dai CD e poi dallo streaming digitale, continuano a esercitare un fascino particolare su appassionati di musica di tutte le età, come dimostra anche il sorprendente (seppur molto limitato) ritorno in auge degli ultimi anni.

La nascita e l’evoluzione delle musicassette

La musicassetta (o compact cassette) venne presentata ufficialmente nel 1963 da Philips durante la fiera della radio di Berlino. Sviluppata principalmente dal team guidato dall’ingegnere olandese Lou Ottens, la cassetta nacque con un obiettivo preciso: fornire un supporto audio di dimensioni ridotte che potesse essere facilmente trasportato e utilizzato.

Inizialmente, le musicassette non erano pensate per la riproduzione di musica di alta qualità, ma piuttosto per la registrazione vocale e la dettatura. Il nastro originale scorreva a una velocità di 4,76 cm al secondo e offriva una qualità audio modesta, ma il potenziale commerciale del formato fu immediatamente evidente. La vera rivoluzione avvenne quando nel 1979, quando Sony lanciò il Walkman, il primo lettore portatile di cassette.

Questo dispositivo cambiò radicalmente il modo di fruire la musica, rendendola veramente portatile e personale per la prima volta nella storia. Le vendite di musicassette esplosero negli anni ’80, superando addirittura quelle dei vinili nel 1983. Con l’introduzione del CD nel 1982 e la sua successiva diffusione di massa, le vendite di cassette iniziarono gradualmente e inesorabilmente a diminuire, fino a diventare marginali nei primi anni 2000.

Qualità audio… quante incomprensioni!

Dal punto di vista tecnico, le musicassette presentavano sia vantaggi che limitazioni. La loro qualità audio era determinata da diversi fattori:

  • Nastro magnetico: Il cuore della musicassetta è un nastro in plastica rivestito di particelle ferromagnetiche. La qualità e la composizione di queste particelle determinavano in gran parte le prestazioni sonore della cassetta
  • Gamma di frequenza: Le prime cassette avevano una risposta in frequenza limitata, generalmente tra 80 Hz e 10 kHz, ben al di sotto della gamma udibile dall’orecchio umano (20 Hz – 20 kHz). Con il progredire della tecnologia, le cassette di fascia alta riuscirono ad ampliare questa gamma fino a 20-30 Hz nei bassi e 15-18 kHz negli alti.
  • Rapporto segnale/rumore: Uno dei problemi principali delle musicassette era il rumore di fondo (il famoso “hiss”), causato dalle imperfezioni del nastro e dall’elettronica dei riproduttori. L’introduzione di sistemi di riduzione del rumore come il Dolby B, Dolby C e dbx migliorò notevolmente questo aspetto.
  • Distorsione: Le cassette erano soggette a vari tipi di distorsione, incluse quella armonica e quella legata alla saturazione del nastro quando si registrava a volumi elevati
  • Wow & Flutter: Fluttuazioni nella velocità di scorrimento del nastro causavano variazioni di intonazione durante la riproduzione, un problema specialmente comune nei riproduttori di bassa qualità

Nonostante questi limiti, le musicassette di alta qualità, riprodotte su apparecchiature di fascia alta, potevano offrire un’esperienza d’ascolto sorprendentemente elevata, con un suono caldo e caratteristico che molti audiofili ancora oggi apprezzano.

Musicassette per tutti

Nel corso degli anni, sono stati sviluppati diversi tipi di musicassette per soddisfare esigenze diverse:

  • Type I (Normal): Le cassette base, con particelle di ossido di ferro, offrivano un suono decente ma con una risposta alle alte frequenze limitata. Erano le più economiche e utilizzate per la musica commerciale preregistrata
  • Type II (Chrome): Utilizzavano biossido di cromo o materiali equivalenti, offrendo una migliore risposta alle alte frequenze e un rumore di fondo ridotto. Erano la scelta preferita per registrazioni domestiche di qualità
  • Type III (Ferro-Chrome): Combinavano uno strato di ossido di ferro con uno di biossido di cromo. Ebbero vita commerciale breve a causa della complessità di produzione e dei costi elevati
  • Type IV (Metal): Le cassette di qualità superiore, con particelle pure di metallo, offrivano la migliore risposta in frequenza e il massimo livello di registrazione possibile. Erano utilizzate dagli audiofili e per registrazioni professionali
  • Cassette a lunghezza variabile: Le cassette erano disponibili in diverse durate di riproduzione, indicate con sigle come C46 (23 minuti per lato), C60 (30 minuti per lato), C90 (45 minuti per lato) e C120 (60 minuti per lato). Le C90 rappresentavano il miglior compromesso tra capacità e affidabilità meccanica

Il revival che non ti aspetti

Dopo anni di declino che sembravano aver decretato la fine definitiva delle musicassette, si è assistito negli ultimi anni a un sorprendente ritorno di interesse. Questo revival è iniziato intorno al 2010 e ha guadagnato costantemente slancio fino ad oggi. Le vendite di musicassette sono cresciute a doppia cifra dal 2016, con un aumento significativo nel periodo 2020-2024. Artisti contemporanei come Taylor Swift, The Weeknd, Lady Gaga e Billie Eilish hanno iniziato a pubblicare i loro album anche in formato cassetta, spesso in edizioni limitate e con packaging elaborato.

Ma perché questo ritorno di interesse, che comunque è ancora lontanissimo dai numeri fatti registrare dal revival del vinile? Prima di tutto c’è il fattore nostalgia. Per molti che sono cresciuti negli anni ’80 e ’90, le cassette rappresentano infatti un legame emotivo con la propria giovinezza, ma anche l’esperienza fisica e tattile fa la sua parte, soprattutto in un’epoca come la nostra dominata dalla musica digitale “liquida” e intangibile.

Rispetto ai vinili, le cassette sono inoltre più economiche da produrre e acquistare (soprattutto nel mercato dell’usato), rendendole un formato accessibile per collezionisti alle prime armi, mentre sul versante prettamente audio il “colore sonoro” delle cassette, con la loro leggera compressione e saturazione, offre un’alternativa interessante alla perfezione clinica dell’audio digitale.

Tre piastre che hanno fatto la storia

Ovviamente, non ci sono stati solo i walkman a portare in auge le musicassette negli anni ’80. Per chi voleva ottenere la massima qualità sonora da questo supporto, il mercato offriva infatti anche tantissimi player di cassette da acquistare come componenti separati di un sistema hi-fi (le cosiddette “piastre” o “deck”). 

Ecco tre modelli che hanno fatto la storia:

  • Nakamichi Dragon (1982)
  • Sony TC-K777ES (1988)
  • Technics RS-B100 (1979)

(fonte: link)

— Onda Musicale

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