Le immagini del documentario Disney+ «Beatles ’64» sono preziose anche per testimoniare l’impatto storico, sociale e culturale che i Fab Four ebbero negli Stati Uniti.
Per mitigare la grande tristezza che Donald Trump ci sta riservando, ho rivisto ancora una volta Beatles ‘64, il documentario che racconta il primo viaggio della band negli Stati Uniti diretto da David Tedeschi e prodotto da Martin Scorsese (Disney+).
Quella era l’America dei nostri sogni
conosciuta attraverso il grande cinema di Hollywood e la musica che i soldati americani avevano portato venendoci a liberare dal giogo nazifascista. Ho già scritto di questo documentario, sottolineando, per così dire gli aspetti storiografici. Il primo viaggio dei Beatles negli Stati Uniti ebbe un impatto memorabile: l’ascesa fulminea nelle classifiche, le masse di teenager urlanti ad attenderli e l’esibizione da record nello show di Ed Sullivan, visto da 73 milioni di persone.
La loro presenza, è stato notato, fu utile a sollevare lo stato d’animo degli americani dopo il lutto per l’assassinio di John Kennedy del novembre ’63
Insomma, le undici ore di girato in 16mm di Albert e David Maysles sono preziose anche per testimoniare l’impatto storico, sociale e culturale che i Beatles ebbero negli Stati Uniti. L’idea è che l’atmosfera degli anni Sessanta, il «sogno» di quel decennio, abbia illuminato di una luce diversa anche i decenni successivi. Gli anni Sessanta sono stati un mirabile esempio di come si possa costruire un periodo decisivo di storia sociale attraverso l’accumulo di sensazioni, di filmati, di spot pubblicitari, di notiziari e soprattutto di canzoni.
Ma adesso lo scenario è cambiato, il presidente Donald Trump sta mettendo a rischio quella che credevamo essere la più grande democrazia del mondo: vuole smantellare la Nato, vuole conquistare la Groenlandia, vuole occupare Panama e annettersi il Canada. Regola fondamentale: se cambia il contesto cambia anche il testo.
Non riesco più a seguire Beatles ‘64 con occhi incantati, non riesco più a rivivere quell’entusiasmo e quell’atmosfera piena di sogni e di speranze. È come se guardassi Pompei poco prima della catastrofe, è come se quella «rivoluzione di sensazioni» non fosse servita a nulla, ma proprio a nulla, è come se leggessi un’iscrizione tombale: C’era una volta l’America.
(di Aldo Grasso – link)