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Un disco per il week end: “(What’s the Story) Morning Glory?” degli Oasis (1995)

(What's the Story) Morning Glory?

Ottobre 1995, il Regno Unito è stregato da quella nuova ondata di musica nota in tutto il mondo semplicemente come “Britpop”.

Tra gli esponenti possiamo ricordare band come Blur, Supergrass e Verve, ma ce n’è una che solo l’anno prima si è ritagliata un vero e proprio posto d’onore. Il nome di questa band era Oasis. Guidata dai litigiosi fratelli Gallagher, il gruppo aveva già scosso le classifiche con il debutto intitolato Definitely Maybe dell’anno prima con brani del calibro di “Live Forever”, “Supersonic” e “Cigarettes & Alcohol”.

Con il secondo album, (What’s the Story) Morning Glory?, gli Oasis ritornano prepotentemente in classifica a gamba tesa anche grazie a quel benedetto/dannato pezzo acustico da festa o da falò.

Detto questo diamo un’occhiata alle altre tracce:

 Hello”: chitarre in wah wah e strumming alternato tra elettrico ed acustico aprono le danze al secondo album degli Oasis. Naturalmente balza subito all’occhio, anzi all’orecchio, la voce di Liam che canta delle occasioni perse e degli anni, che “cadono come pioggia”, nell’attesa che la vita di prima torni a bussare alla nostra porta. Non va inoltre dimenticato tutto lo scandalo discografico che questa canzone generò, gli Oasis infatti dovettero rimborsare “l’offeso” Gary Glitter con una cifra più che considerevole!

Roll With It”: brano decisamente più corale e rockettaro, opera della penna di un ispiratissimo Noel, che contrappone un certo ottimismo rispetto alle atmosfere del brano precedente. In sostanza non bisogna farsi schiacciare dalle imponenti difficoltà della vita, ma prendere la mano di chi si ama e proseguire insieme in questo grande mistero che è l’esistenza umana.

Wonderwall”: non credo proprio che servano parole, la canzone degli Oasis per eccellenza anche se di sicuro non è tra le più belle che abbiano scritto. Odiata/amata dai chitarristi acustici di tutto il mondo si tratta comunque di un “must” degli anni ’90 che vive ancora oggi.

“Don’t Look Back in Anger”: questo brano, dalle atmosfere in stile Beatles e con una chiara citazione alle proteste pacifiste di John Lennon a letto, rappresenta una vera e propria novità per il combo inglese visto che è il primo singolo in cui è la voce di Noel a farla da padrone. Noel, qui ancora nelle vesti di autore, “spodesta” letteralmente il fratello Liam “confinandolo” a cori e tamburello facendo raggiungere al singolo un successo incredibile in tutta Europa. Vagamente autoreferenziale, per favore non mettere la tua vita nelle mani di una band rock’n’roll che la butterà via, il brano vede il piano di “Bonehead” tessere una delle intro più riconoscibili di sempre e la chitarra di Noel sempre pronta per riff e brevi assoli in un’atmosfera sognante. Si dice poi che la “Sally” del testo sia la sorella di un’altra ragazza che darà il titolo ad un pezzo futuro della band, l’incantevole Lylatratta da Don’t Believe the Truth del 2005.

Hey Now!”: il cantautorato elettrico, ironico e criptico, degli Oasis potrebbe essere benissimo riassunto in questa canzone dai vaghi sfondi metafisici.

“The Swamp Song 1”: circa un minuto di blues da paludi del New Orleans, il vero titolo sarebbe Untitled, condito da un’armonica a bocca che non lascia tregua.

Some Might Say”: con il suo ritmo in bilico tra blues e rock questa canzone ha rappresentato uno dei primi singoli per la band inglese che ha fatto balzare il nome degli Oasis nelle classifiche mondiali. “Qualcuno potrebbe dire”, beh, effettivamente un sacco di cose, ma quello che vi dico io è di alzare il volume al massimo per questo brano trascinante che vi farà cantare a squarciagola il ritornello!

“Cast No Shadow”: atmosfere leggermente più malinconiche ed acustiche, che si mischiano a dei momenti orchestrali, fanno da sottofondo alla storia di un uomo che è sempre stato oppresso dalla vita e dagli altri che gli hanno anche rubato l’anima. Come nelle leggende folkloristiche, in particolare quelle in cui si narra di patti demoniaci, lo sfortunato protagonista di questa breve storia non proietta nessuna ombra seppur illuminato dal sole. Piccola noticina finale, il brano è stato dedicato al collega e compatriota Richard Ashcroft dei Verve.

“She’s Electric”: scanzonata come il buon vecchio beat inglese degli anni ’60, questo brano scanzonato parla della folle famiglia di questa ragazza “elettrica”. Anche qui i paragoni con i Fab Four si sprecano, ascoltare per credere!

“Morning Glory”: simil – title track è la canzone perfetta per alzarsi ogni mattina, anche se c’è “bisogno di un po’ di tempo per svegliarsi”, ma tornando seri pare che il brano derivi da una frase che una ragazza americana disse a Noel. Il seguito del testo, abbastanza enigmatico in un paio di punti, pare che derivi da una passeggiata con la musica nelle orecchie (“camminare ascoltando il mio pezzo preferito”) e dall’uso di cocaina (“tutti i tuoi sogni finiscono quando sei schiavo dello specchio e della lametta”). Adesso si capisce meglio perché ci vuole un po’ di tempo a svegliarsi.

“The Swamp Song 2”: un aereo decolla mentre le note della “versione I” rimbalzano nella pioggia.

“Champagne Supernova”: con i suoi sette minuti e passa questa traccia conclusiva è la più lunga del disco. Particolarmente psichedelica, sia per alcune sonorità che per il video, pare che derivi da una nottata di Liam passata a metà tra un documentario sullo champagne ed un album dei Pixies, beh, l’effetto non è certo male! Ad impreziosire il brano, che vi invito a riascoltare più volte da quanto è bello, la chitarra e la voce del chitarrista Paul Weller.

Giudizio sintetico: un disco veramente bello, un classico di quei “nostalgici” anni, che fa capire come non esista solo “Wonderwall”!

Copertina: una foto sfocata ritrae due uomini che s’incrociano lungo una via londinese in una mattina sonnecchiosa

Etichetta: Creation Records

Formazione: Liam Gallagher (voce), Noel Gallagher (chitarre, pianoforte, mellotron e voce), Paul Arthurs ‘Bonehead’ (chitarre, mellotron e pianoforte), Paul McGuigan ‘Guigsy’ (basso) e Alan White (batteria e percussioni)

 

— Onda Musicale

Tags: John Lennon, The Beatles, Noel Gallagher, Liam Gallagher, Oasis, Richard Ashcroft, Paul Weller
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