“Di zampogne, partenze e poesia“ è il disco d’esordio del polistrumentista Giulio Bianco, prodotto dal Canzoniere Grecanico Salentino con il sostegno di Puglia Sounds Record 2018 – Regione Puglia – FSC 2014/2020 – Patto per la Puglia.
Un disco quasi completamente privo di parole, una colonna sonora in cui la zampogna, strumento dal dna “migrante”, fa da cicerone e conduce l’ascoltatore in un viaggio musicale pluritematico, dialogando con l’elettronica e l’orchestra. “Musica popolare non è culto delle ceneri ma custodia del fuoco”, scriveva il compositore e direttore d’orchestra austriaco Gustav Mahler. Questo concetto è parte fondamentale del processo di scrittura, in cui vecchio e nuovo si legano indissolubilmente, creando un ibrido in cui il linguaggio della musica tradizionale è ancora evidente, ma le tematiche, la scrittura e la produzione musicale sono concepite e studiate per suonare contemporanee.
Il cd contiene sei brani originali, scritti e arrangiati da Bianco: “Tornare“, “Trainieri“ con le voci registrate dei cantori Uccio Aloisi e Uccio Bandello, “Valzer dei giocattoli dimenticati“, prodotto e arrangiato in collaborazione con Inude, “Cirano“, “Tarantella di San Filippo“, con un tema iniziale di un brano tradizionale siciliano e “Ronda“. Nel disco Giulio Bianco (zampogna zoppa, zampogna a chiave, chitarra, elettronica) è affiancato da Mauro Durante (violino, tamburi a cornice), Rocco Nigro (fisarmonica), Emanuele Licci (bouzuky), Giancarlo Paglialunga e Alessia Tondo (tamburello), Massimiliano Morabito (organetto), Giuseppe Anglano (fisarmonica). Su youtube è disponibile il videoclip di Tornare, primo singolo estratto dal disco, realizzato da Milt_Studio (Ilenia tesoro e Martina Loiola) con la collaborazione di Davide Mellon
“Di zampogne, partenze e poesia” è una raccolta di racconti musicali composti a partire da riflessioni dell’autore su tematiche attuali. La “voce narrante” è quella della zampogna, strumento antichissimo utilizzato in passato dai pastori durante i loro viaggi di “transumanza”, e dal suono naturalmente evocativo di miti e leggende da sempre legate alla civiltà rurale. È musica immaginifica, epica ed a tratti pastorale (nell’accezione Beethoveniana di “espressione di sentimento”), prodotto e sintesi del percorso musicale di Giulio Bianco, in cui la pizzica pizzica e la musica tradizionale salentina si fondono alla musica elettronica ed alla scrittura per orchestra.
È un lavoro in cui si usa l’antico per raccontare il presente, come avviene d’altronde oggi con la musica di riproposta, frutto del percorso personale dell’autore di rivalutazione musicale e sociologica di uno strumento da sempre considerato povero e limitato, che in questo disco viene invece valorizzato ed esaltato, ora dialogando con l’elettronica, ora avvolto dagli archi dell’orchestra classica.
Il disco è nato dall’esigenza forte di raccontare le esperienze vissute da Bianco nei suoi viaggi musicali e più in generale da una riflessione sulle mille sfaccettature del significato profondo e intrinsecamente soggettivo della parola partire (dal latino partire/partiri): una delle prime parole inventate dall’uomo, il cui significato originale era “dividere”. Tra le tematiche principali, stimolo di scrittura per l’autore, ci sono sicuramente tutte le forme moderne di spostamento e viaggio: dalle migrazioni finalizzate alla ricerca di migliori opportunità sociali e professionali, a quelle costituite da masse di profughi che fuggono da zone di guerra, carestie, regimi persecutori, fino ad arrivare a delle “migrazioni temporanee”, come possono essere quelle di un musicista che ha la fortuna di partire, per poi ogni volta tornare.
Oltre al tema delle partenze, un altro spunto creativo è sicuramente arrivato da una riflessione sulla funzione attuale della musica e su come questa abbia sostituito la poesia nella vita di tutti i giorni: se Cyrano fosse vissuto nel nostro presente, probabilmente invece di una poesia a Rossana avrebbe dedicato una canzone. Il disco nasce anche dall’esigenza di sperimentare nuove forme di approccio alla musica tradizionale salentina e da una riflessione su come la tecnologia ne abbia fortemente influenzato e cambiato il linguaggio.
Il linguaggio tradizionale è da sempre legato a doppio filo agli strumenti che i musicisti avevano a disposizione in un determinato periodo storico in una determinata area, ed è naturale che questo si evolva e muti con l’arrivo di nuove tecnologie, i cambiamenti del tessuto sociale, la perdita di alcune funzioni. In particolare la ricerca di Bianco si è focalizzata sull’uso di loop e campioni elettronici nella costruzione di brani dal suono tradizionale, sul loro accostamento al linguaggio della zampogna e sulla loro utilità in una concezione di arrangiamento moderna in cui si lavora sulla suddivisione delle frequenze sonore.
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