Lo rivela Maurizio Scandurra, critico musicale ed esperto dell’industria musicale. Oltre alla crisi del settore dei concerti, in Italia soffrono anche le rivendite di musica. “Stop forzato dal Coronavirus, negozi di dischi addio?”
A chiederselo, preoccupato, il giornalista, opinionista e critico musicale Maurizio Scandurra, che analizza gli effetti della pandemia su un ambito dell’industria musicale. Convinto, suo malgrado, che “il danno è maggiore per i piccoli esercizi, che vendono solo musica, rispetto ai grandi centri commerciali in cui gli album degli artisti sono solo un prodotto di massa fra tanti altri sugli scaffali“.
Buongiorno, Dottore. A quanto ammontano i punti vendita di supporti musicali in Italia?
“Al momento Milano guida ancora l’elenco delle città italiane con più punti vendita, con Roma al secondo posto. Mentre, allargando lo sguardo anche oltreconfine, nella classifica dei Paesi con il maggior numero di rivendite distribuite sul proprio territorio, svettano su tutti gli Usa con poco meno di 1500 negozi, seguiti a ruota da Regno Unito con 537 e Germania con 453.”
Quanti sono invece i negozi di dischi nella Sua Torino?
“Se ne contano ancora circa una ventina, in tutta Italia poco più di 200. L’ultimo storico a chiudere nel 2019 è stato ‘Videomusic’, in Via Po’, attivo dal 1987: 32 anni di attività che hanno fatto la storia delle vetrine più amate della città.”
I motivi della crisi?
“Da Internet ad Amazon, la contrazione delle vendite prosegue da più di vent’anni. Per non parlare della pirateria, che esiste da almeno 30. Resistono per lo più quelli dedicati alla compravendita di cd e vinili usati, considerati veri e propri ‘cult’.”
Quali, per loro, le conseguenze della pandemia?
“I piccoli negozi rimasti ancora sul fronte a sfidare il digitale di fatto sono i primi a pagare le conseguenze del mancato acquisto di musica, specie a ridosso del Festival di Sanremo, periodo florido di uscite, che attualmente supera il 50%, come altresì rilevato da Enzo Mazza, ceo della ‘Federazione Industria Musicale Italiana’. Poi c’è il problema degli instore tour nella grande distribuzione.”
Vale a dire?
“A Torino, per esempio, centri commerciali iper frequentati come ‘Parco Dora’, ‘8Gallery’, ‘Le Fornaci’ o ‘45° Nord Entertainment Center’, grazie ai firmacopie con l’artista in loco, costituiscono un volando di vendite in media fra le 250 e le 500 copie, a seconda della notorietà del cantante. Che, moltiplicate in tutto il Paese per una media di almeno 10-20 tappe a tour promozionale, possono equivalere dai 3 ai 10mila dischi venduti, a seconda dei casi. Mica poco. Senza dimenticare le radio.”
Ovvero, Scandurra?
“Con il lockdown diminuisce pure il lancio dei nuovi singoli: meno artisti di passaggio in città, meno incontri con le radio e i cantanti ospiti in diretta in studio o nelle gallerie commerciali, meno introiti pubblicitari derivanti da eventi pubblici e di marketing strategico sul territorio. E pensare che, secondo l’International Federation of the Phonografic Industry, il 2019 è stato il primo anno di percepita ripresa del mercato discografico, rispetto a un quinquennio decisamente più disastroso.”
Sappiamo che è sempre molto attento anche al sociale. Quale il Suo impegno sul fronte dell’emergenza Coronavirus?
“Mi onoro di far parte, insieme a ben più importanti professionisti, del Consiglio di Garanzia della campagna di crowdfunding “Diffondiamo la solidarietà, non il virus”, con preziosi testimonial i cari amici Andrea Mingardi e Silvia Mezzanotte per raccogliere fondi a favore delle Asl e delle mense dei poveri in difficoltà di Piemonte e Valle D’Aosta. Una straordinaria iniziativa solidale ideata e promossa dal ‘Gruppo Marazzato’: un’azienda e una famiglia di grande cuore e solide radici, evidente competenza e meritato successo, leader italiana da sempre nel settore ecologia e ambiente.”
Antonella Della Rovere