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La grandezza inarrivabile dei primi Pink Floyd

Tribali e stellari, sogno e realtà, ambienti claustrali e scenari smisurati, abissi di luci e ombre, il dissolversi di mondi da fughe del tempo… 

Ecco, i Pink Floyd sembra rappresentino, e non occasionalmente, un futuro primitivismo, talvolta cupo, come i film “2001: Odissea nello Spazio” o “Il Pianeta delle Scimmie”: abitanti narratori di una Terra desolata e devastata, non dominata da esseri umani. Loro, perfetti e convincenti, privi di accademismi e automatismi utili per raggiungere agilità e nettezze sonore, ma che probabilmente sarebbero andate a discapito di quelle manifestazioni naïve che offrono un’impressione di spontaneismo genuino nella finalizzazione espressiva delle loro opere.

E seppur da Meddle, e soprattutto The Dark Side Of The Moon, abbiano mutato registro tecnico, molto meno spericolati e molto più attenti a formalismi tecnici e sonori, il loro, talvolta angoscioso, teatro primitivo-futurista lo hanno sempre portato in scena; naturalmente con gradazioni differenti di quantità e qualità.

Fondamentalmente “crepuscolari”, hanno saputo svilupparsi proprio tramite il fatto di non avere ideologie di generi e stili, riferimenti e maestri, pertanto a volte hanno anche tratti surrealisti ed espressionisti, e il loro astrattismo è concretezza di un urgente trascendere l’apparenza del reale. Distanti da gesta guerriere ed eroiche, caratteristica principale del Rock, mostrano invece contorni più incerti e chiaroscurati, sfumati dalle luci radenti. I Floyd non manifestano il timore del tempo che trascorre, della gioventù che poi sfiorisce con la velocità, l’ansia di cogliere l’attimo fuggente che è il fatale momento della realtà da afferrare immediatamente, vincendo il timore con il furore: non repentine fotografie polaroid, ma pazienti dipinti. I Floyd sono riusciti in uno speciale equilibrio, quello tra la narrazione, lo scorrere del tempo, e il paesaggio (il meno consueto scenario statico) perciò lo spazio: a volte con loro abbiamo lo scorrere dello spazio…

I Pink Floyd con Syd Barrett

Con i PinkFloyd il massimo potenziale espressivo delle note è liberato, i suoni (mai tantissimi) animano il silenzio circostante, e i rumori non saturano lo spazio e concedono tempo, giacché spesso eseguiti in funzione ritmica. L’ultra cinetico rock incontra la stasi onirica con uno stupefacente equilibrio. Tra i grandi gruppi rock solo i King Crimson si sono avvicinati a cotanta efficienza musicale tra le due posizioni.

Tratto dal mio libro “Pink Floyd 1967-1972“, un testo che include l’analisi musicale di tutti i 75 brani della prima parte della loro carriera. Un volume per seguire l’evoluzione di uno dei gruppi più importanti della musica Rock e dintorni. In vendita su Amazon.

— Onda Musicale

Tags: Pink Floyd
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