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Chitarre Rock: lo stile di Jimi Hendrix

Il chitarrista americano Jimi Hendrix

Ritorna su Onda Musicale la rubrica Chitarre Rock e lo fa col botto, dato che il protagonista di questa storia di chitarre è l’indiscusso Jimi Hendrix.

Oggi vogliamo parlare dello stile di Jimi Hendrix, cercando di capire per quale motivo è ritenuto uno dei più grandi chitarristi di sempre, tanto da risiedere stabilmente nelle prime posizioni di qualunque classifica dei migliori interpreti delle sei corde.

La risposta è molto semplice: perché fu un grande innovatore. Attraverso un percorso di ricerca musicale che possiamo definire maniacale, Hendrix aprì la strada ad un nuovo modo di suonare la chitarra elettrica, che influenzerà tutto il rock nei decenni a seguire. La sua arte si ispirava al Rhythm and Blues, al Soul e al Jazz per le improvvisazioni; fu influenzato da alcune band a lui contemporanee (Yardbirds e Cream) per l’uso degli effetti sonori.

Hendrix capì che qualunque elemento facesse parte della chitarra, pedale, manopola, feedback e Larsen offriva opportunità espressive che potevano essere usate come strumento della sua arte. Esplorò qualunque possibilità timbrica, dallo stridere fastidioso, alla melodia più dolce, fino all’imitazione della voce umana.

Dal punto di vista della tecnica chitarristica, Hendrix padroneggiava con elegante disinvoltura gli accordi: era un maestro assoluto nell’abbellirli con spunti solistici molto raffinati, che sono diventati il suo marchio di fabbrica. Un esempio di questa elegante tecnica lo si trova nelle atmosfere blues di “The Wind Cries Mary”, giusto per consigliare un brano.

La chitarra per Hendrix non era uno strumento, ma una sua appendice, su cui proiettava le sue ossessioni. C’era un che di sciamanico e ancestrale nelle sue improvvisazioni live: un vero e proprio stato di trance in cui la sua Fender Stratocaster bianca (la “sperm-guitar” come la chiamava lui) diventava ora sua madre, ora la sua donna, nelle esibizioni live, e sulla quale si gettava con incredibile foga, fino a distruggerla.

Emblematico fu l’episodio di Monterrey del 1967 quando Jimi diede fuoco alla chitarra dopo aver simulato un amplesso con essa, per poi distruggerla sullo stage. Ed è proprio grazie alle numerose esibizioni live, soprattutto nei grandi festival, che abbiamo oggi la possibilità di ammirare l’eleganza della tecnica di Hendrix sulla chitarra.

Tra tutte questa, memorabile fu la sua partecipazione a Woodstock, il 18 agosto 1969: si esibì alle 9 dell’ultimo giorno, quando la gran parte del pubblico se ne era andata via. Suonò buona parte del concerto senza il Mi cantino, che si ruppe, ma la cosa lo lasciò indifferente e preferì proseguire, piuttosto che interrompere. In quel contesto restò storica la suaStar spangled banner, una versione distorta dell’inno americano, con la quale denunciava la sua ferrea contrarietà alla guerra del Vietnam.

Parlando di strumentazione, come già accennato, Hendrix era legato iconicamente alle Fender Stratocaster Olympic White, anche se ne usò anche di diverse colorazioni (quella bruciata a Monterrey era rossa, in origine, e poi ridipinta da lui stesso). Essendo mancino usava chitarre per destrimani e le suonava a rovescio, invertendo le corde, e personalizzandole per ottenere suoni più corposi, anche accordando mezzo o un tono in meno rispetto allo standard.

Fece grande uso del pedale Wah-Wah (di cui dà grande prova nel brano Voodoo Chile) e del FuzzFace, e di amplificatori Marshall 100-Watt Superlead collegati a cabinet 4×12, che normalmente venivano suonati a tutto volume, per ottenere quel suono unico e indimenticabile che il grande chitarrista di Seattle ha perseguito durante tutta la sua carriera.

— Onda Musicale

Tags: Woodstock
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