Gli anni Sessanta fanno tornare in mente le grandi contestazioni giovanili, gli hippies, la guerra in Vietnam, le sollevazioni popolari post Seconda Guerra Mondiale, e una serie di impegni civili grazie ai quali, ancor tutt’oggi, abbiamo (e impugnamo) diritti civili e umani.
Ma è anche il periodo d’una grossa trasformazione in ambito musicale.
Da Woody Guthrie a Joan Baez, il mondo della musica venne rivoluzionato a trecentosessanta gradi, ponendo in essere le basi di una una cultura pacifista e titubante dei presunti valori democratici di cui gli Stati Uniti d’America pretendevano di farsi portatori.
Woody Guthrie fu il primo che contribuì a trasformare l’immagine del cantante impegnato nelle lotte sociali, divenendo sempre più simbolo di propaganda e lotte. Allo stile e al complesso linguaggio musicale di Guthrie si ispirerà il celeberrimo Bob Dylan.
Blowing in the wind – così come la meno nota Masters of war – divennero in pochi mesi dei veri e propri inni per coloro i quali desideravano impugnare la musica contro la violenza delle bombe sganciate fin troppo spesso per “esportare democrazia”.
Sono anni fecondi
e, contemporaneamente al suddetto Bob Dylan, nascerà la figura storica di Joan Baez, conosciuta in ogni parte del mondo per i suo impegno per i diritti civili e la sua fortissima opposizione alla guerra in Vietnam che, per gli USA, rappresentò un vero e proprio fardello storico dopo Hiroshima e Nagasaki.
Ma tutto ciò che aizza le masse è, per l’appunto, “massificato”, e non andava a genio a tutti. Le case discografiche monopolizzavano sempre più il mercato, controllavano la clientela e i suoi gusti, e venivano pertanto politicizzate. Nel giro di poco, folk e beat divennero mezzi di propoaganda politica.
Ecco che dunque vennero fuori dal cilindro una paio di figure eclettiche, anticonformiste proprio a quell’anticonformismo controllato dalle case discografiche. Tra questa, Jim Morrison, Janis Joplin e Jimi Hendrix.
Atteggiamenti scabrosi e ribelli, spalle voltate al pubblico, droghe, alcol, visioni mistiche, strumenti incendiati sul palco divennero l’elemento identifictivo del nuovo rocker, sempre meno impegnato per i diritti civili e interessato allo spirito, alla persona. Non di rado, i nuovi rocker provenivano da profonde letture mistiche, filosofiche, esoteriche. E Jim Morrison, icona dei Doors, ne sa qualcosa.
Ma non fu tutto oro ciò che luccicava. Nacque la leggenda del club dei 27, ovvero di coloro i quali, giunti a questa età, trapassavano. Spesso, proprio tossicodipendenze varie.
Lasciando i fan certi d’un concetto: “A volte basta un attimo per scordare una vita, ma non basta una vita per scordare un attimo” (Jim Morrison).