Il disco di Capitan America, “Supernova”, comincia con la lapalissiana “Intro” che, in una maniera molto divertente, ci descrive brevemente il disco in neanche un minuto con tanto di citazione di bowiana memoria, “Terra chiama Capitan America”.
Segue subito “La gente” che, con la sua intro funky, riporta la mente indietro ai tempi degli Earth, Wind & Fire. Ovviamente, è un disco rap ed è questa la linea sulla quale si sviluppa il tutto.
La canzone descrive la noia di una società moderna rappresentata dal bicchiere di troppo, dall’andare in giro con gli amici, dal supermercato e via discorrendo. Chi non si ritroverebbe in queste parole?
Da notare la citazione “Pulp Fiction” con il personaggio di Mia Wallace interpretato da Uma Thurman. In “Faccio Su” un discorso politico sull’ignoranza apre il pezzo, decisamente ballabile, con i suoi parallelismi tra il fumare, il bere ed il fare filosofia.
Alcol e fumo ovunque, persino in quello che la televisione propina e sbatte in faccia. Non per niente si parla di “droghe legalizzate” dallo Stato entrate, oramai, nella quotidianità di tutti i giorni.
“Dimenticato”, invece, è l’immancabile pezzo d’amore fatto tutto a suo modo. In questo modo non lo si rende affatto banale. In “Magic Music” si possono sentire gli echi di Articolo 31 e reggae, soprattutto il ritornello “magic music in the summer”, per un pezzo decisamente scanzonato dove viene citato anche il grande Rino Gaetano.
Con voce quasi robotica si apre “Rain Man”, un brano che descrive l’estraneità e l’alienazione da questo mondo. Contraddizioni e situazioni complicate come l’omonimo film.
“Il più grande nemico” continua il racconto di una fuga da sé stessi perché “il più grande nemico sta dentro di te” assieme ai sensi di colpa con i quali “si fa a botte continuamente”. Il ritornello, particolarmente catchy, vi rimarrà sicuramente in testa.
Le tracce seguenti si fanno tutte ascoltare bene in un perfetto mix di rap, pop e mille altre influenze. In particolare spiccano “Vorrei portarti con me” e “Il rock è morto” delineando una certa eterogeneità di ascolti dell’artista.
Ad ogni modo, “Vorrei portarti con me” spicca per la sua intro acustica e le seguenti atmosfere al limite dell’ambient per un pezzo d’amore leggermente più convenzionale. “Il rock è morto”, invece, parla della radio che passa sempre i soliti pezzi che vengono accostati ai cantautori impegnati ed ai radical chic.
Il pop imperante, le cover band ed i canonici tre accordi da inserire nel ritronello sembrano ormai essersi ossidati perfettamente in questa realtà ai limiti del normale.
A questo punto, che dire di questo disco? Piacerà sicuramente agli amanti del genere, e non grazie alle variopinte citazioni ed elementi attinti, per la sua sfacciataggine e schiettezza perché un ascolto lo merita.
Vanni Versini – Onda Musicale