Cultura ed eventi

Ruwedel Mark, antropologo del paesaggio umano.

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In Italia, Mark Ruwedel è meno conosciuto di altri fotografi di paesaggio americano, come lo sono invece Anselm Adams, Dorothea Lange e altri ancora, ma per la qualità e il valore documentale del suo lavoro è esposto in musei e gallerie di tutto il mondo.

Nei suoi scatti in bianco e nero mostra l’America dei vasti spazi rurali e desertici. Ma per lui il paesaggio è sempre storico, ovvero testimone di una cultura, il risultato della temporanea permanenza dell’uomo. Da qui, le strade, i campi, le case abbandonate, le cose che l’uomo costruisce e lascia, forse senza vero motivo, semplicemente perché ha cambiato idea, o perché da sempre egli si è sentito libero di incidere ogni volta e in ogni dove la terra gli abbia concesso di farlo. Ne deriva un sottile senso di desolazione e la consapevolezza di come il paesaggio in verità sappia resistere alla presenza umana nonostante gli interventi e le deturpazioni che può subire, affermando con ciò che i segni umani sono certo ineliminabili, ma che è l’uomo ad essere transeunte.

L’occhio vigile del fotografo si posa dunque sulle orme indagando gli esiti del nostro agire. Ad uno sguardo, anche soltanto distratto, le sue fotografie pongono domande sul senso e l’identità che una cultura si è data, prima che immagini formalmente perfette, sono lo specchio di una riflessione. Come Ruwedel ricorda, la sua fotografia non parla di bellezza del paesaggio, anche se può sembrare farlo, ma racconta e porta all’attenzione una natura sempre abitata e perciò stesso utilizzata in modi più o meno propri. Ruwedel allora si può definire un antropologo del paesaggio umano.

 

Clara Lunardelli – Onda Musicale

— Onda Musicale

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