Nel 1971 il movimento della Summer of Love era agli sgoccioli e anche David Crosby non se la passava troppo bene. L’avventura con gli amici Graham Nash e Stephen Stills, a cui si era poi aggiunto Neil Young, era finita da un po’.
Non solo, David Crosby stentava a riprendersi dallo shock per la morte di Christine Hinton, la fidanzata; la ragazza era morta in un incidente stradale, mentre portava i gatti dal veterinario. Un destino cinico per colei che era l’unica a non fare uno smodato uso di sostanze psicotrope della compagnia.
Il sodalizio con i tre amici musicisti aveva portato alla nascita di tre dischi, uno più bello dell’altro. Il self-titled CSN era stato salutato da critica e pubblico come un miracolo di folk-rock psichedelico, la nascita di un certo suono West Coast. Deja-Vu, con l’ingresso di Neil Young, si era retto in un equilibrio miracoloso tra folk gentile e acustico e svisate elettriche e acide.

L’arrivo del grande Neil, però, aveva finito per minare l’alchimia interna del complesso; il tempo di un tour e di dare alla luce il leggendario live 4Way Street e la magia era finita. David si era ritrovato per l’ennesima volta da solo coi suoi fantasmi: la droga, la morte di Christine e un carattere non proprio facile.
Attorno a lui, poi, la situazione era poco incoraggiante; il sogno hippie di amore, musica e libertà si era rivelato per quel che era: un sogno. Quei giovani musicisti avevano davvero cambiato il modo di pensare dei loro coetanei, eppure Nixon era sempre al potere e in Vietnam le cose si facevano sempre più serie.
I Jefferson Airplane continuavano le loro battaglie, non più sul fronte pace e amore, ma più vicini a quello violento e rivoluzionario. Nello stesso periodo la band esce con Blows Against the Empire, un disco non proprio tranquillo. Non solo, i Jefferson presero anche le difese di Diana Oughton, fondatrice dei Weatherman, un gruppo terroristico.
Anche il movimento psichedelico, schiacciato dall’affermazione del rock progressivo e dall’hard rock, vive il tramonto della sua breve stagione. I Grateful Dead e i Quicksilver Messenger Service, esauriti i furori acidi, si riciclano nel country-rock. David Crosby, per il suo esordio solista, sceglie una via più personale. Nel suo lavoro c’è la consapevolezza della fine del sogno, ma virata su temi più personali e intimisti.
“Erano anni particolari, erano anni giusti e crudeli, erano anni in cui la vita era molto più grande e il passato molto più piccolo. Erano anni in cui bruciammo i ponti dietro di noi.” Ricorda David Crosby a proposito di quell’epoca.
Crosby, per combattere la depressione seguita alla morte della fidanzata e alla fine dei CSN&Y, si rifugia a Sausalito, sulla sua barca. L’unico modo che David trova per fronteggiare i dolori dell’anima è di suonare.
Avevo bisogno di lavorare continuamente, così scrivevo sempre e quando non scrivevo registravo; quando non registravo cercavo qualche posto dove suonare. Era l’unica cosa alla quale mi potevo aggrappare, e lo feci. Per quello ero così prolifico.”
David Crosby
E il risultato di tanta prolificità è il suo capolavoro; If I could only remember my name esce all’inizio del 1971. Il disco è il frutto di una sorta di chiamata alle armi degli amici storici, quelli con cui David ha condiviso l’irripetibile scena di San Francisco. Ecco così suonare nell’album i compari di sempre Graham Nash e Neil Young. Manca Stills, secondo alcuni a causa di Rita Coolidge, cantante che portava avanti una relazione con Nash, ma pare fosse insidiata dallo stesso Stephen.

Ma ci sono anche i Jefferson Airplane, quasi al completo; Jack Casady, Grace Slick, Paul Kantner e il chitarrista Jorma Kaukonen collaborano a turno all’incisione. Dai Grateful Dead arrivano Jerry Garcia, Mickey Hart, Phil Lesh e Bill Kreutzmann. David Frieberg dei Quicksilver e Greg Rolie e Michael Shrieve dei Santana completano l’organico. In un paio di tracce canta Joni Mitchell, altra amica di lunga data.
Il titolo significa letteralmente Se solo riuscissi a ricordare il mio nome; il riferimento, al di là dell’effetto straniante delle droghe, è allo spaesamento rispetto al repentino cambio ideologico della controcultura di quegli anni. La copertina non è graficamente memorabile, un collage tra un tramonto sull’oceano e il faccione baffuto di David. Forse un’altra allusione al tramonto di un’epoca.
Secondo le parole di Jerry Garcia il lavoro nasce nella libertà più assoluta, attorno ad alcuni concerti improvvisati; il nucleo principale del gruppo che suona in studio, capeggiato da Crosby, prende il nome di David and the Dorks. Jerry finisce per essere quasi il produttore dell’album, frutto di infinite sessioni improvvisate negli studi di Wally Heider.
If I could only remember my name, primo disco solista di David Crosby, finisce quasi per essere il lavoro di un’intera città, tanto tutta la scena si stringe attorno al musicista nel suo periodo più difficile. I suoni del disco sono discontinui e particolarissimi. Si passa dalle ballate coi coretti, tutto sole della California e vento tra i capelli, a pezzi rock tanto acidi da risultare abrasivi.
L’apertura del 33 giri è affidata a Music is Love, sorta di manifesto del pensiero di Croz. Il brano vede Graham Nash e Neil Young accompagnare il bandleader in una sorta di nenia acustica. Gli incroci di voci e chitarre evocano ovviamente il periodo CSN&Y, lasciando una forte suggestione nell’ascoltatore ancora oggi. Il sogno utopico e la psichedelia sono alla fine, e Music is Love ne è il degno epitaffio.
Cowboy Movie, abrasiva ballata elettrica di otto minuti, è forse il pezzo forte del lavoro. Affine musicalmente al capolavoro Wooden Ships, propone il particolare stile compositivo di David Crosby, fatto di melodie difficilmente afferrabili.
La band è costituita in pratica dai Grateful Dead, con gli incroci di chitarra tra David e Jerry Garcia. Un Garcia particolarmente blues, in questo pezzo.
Il testo, al di là della metafora western, pare un’amara presa di coscienza del cambiamento della controcultura cavalcata per anni. La voce va pian piano sporcandosi in una prestazione vocale mai così efficace. In sostanza, siamo di fronte a un vero e proprio capolavoro del West Coast Sound. Un suono che – ripulito e reso più digeribile al grande pubblico – farà la fortuna di band come gli Eagles; ma non sarà certo la stessa cosa.
Il viaggio – o trip, sarebbe il caso di dire – prosegue con Tamalpais High, at about 3; Tamalpais High è una località montana vicina a San Francisco. Stavolta le chitarre che si incrociano sapientemente sono quelle di Garcia e di Jorma Kaukonen, per un risultato affine ai Grateful Dead. Su un tappeto jazzato i cori guidati da David Crosby veleggiano senza un vero testo, aprendo la via al sublime lavoro delle chitarre. La grande stagione psichedelica è finita, ma per tre minuti c’è ancora lo spazio e la voglia per farla rivivere.
Laughing è un altro apice del disco, con la voce di Joni Mitchell tra i cori; l’inizio pare quasi preso dal Bob Dylan più tranquillo, poi la melodia e una steel guitar riconducono tutto nell’alveo dei CSN. Il testo narra ancora – in modo perfetto – quel sentimento di disillusione che già permeava Cowboy Movie. Se il tema portante dei testi di solo un paio d’anni prima era la speranza, ora il disincanto la fa da padrone. David Crosby narra una serie di incontri che inevitabilmente gli rivelano come si fosse sbagliato nel giudicare persone e situazioni. E forse ideali. Un capolavoro amaro, sotto un vestito di dolcissima ballata.
What are their names è forse il pezzo più politico dell’intera raccolta, con un testo polemico ed efficace; è anche il brano più collettivo, con le chitarre di Garcia e Neil Young che duellano. L’inizio è sfilacciato e devoto al verbo psichedelico; la seconda parte è cantata da David col The Perro Chorus, formato da quasi tutti gli ospiti del disco.
Mi chiedo chi siano gli uomini
che realmente guidano questo paese
e mi chiedo perché lo facciano
in questo modo così sconsiderato
Potete dirmi i loro nomi
e in quale strada vivono?
Il disco si avvia alla conclusione con Traction in the Rain, delicata ballata acustica che evoca il fantasma di Nick Drake. Quasi quattro minuti di magia e un testo significativo, ancora amaro verso quello che poteva essere e non è stato.
Sono peraltro le ultime parole del disco; Song with No Words (Tree with No Leaves), come dice il titolo, propone solo vocalizzi, splendide armonie vocali e le chitarre liriche di Garcia e Kaukonen. L’arpeggio iniziale ricorda un grande capolavoro di Crosby, Guinnevere.
La chiusura è affidata al solo Crosby, con la suggestiva ripresa del tradizionale Orleans; qui David si cimenta con una voce effettata e la chitarra che suona da par suo. Ancora più psichedelica ed evocativa la traccia successiva, I’d Swear There Was Somebody Here, sorta di breve mantra vocale. A intrecciarsi è sempre la voce di David Crosby, in varie registrazioni sovrapposte che evocano qualche oscura liturgia profana e psichedelica.
Il degno finale di un disco che è più un luogo mentale che fisico; un lavoro sublime e irripetibile che mette insieme la San Francisco della Beat Generation e quella del grande sogno della Summer of Love. Un distillato dell’anima politica e personale di David Crosby in quel momento. Un’anima sanguinante ma capace – come capita nell’arte – di dare vita a tanta sublime bellezza.