«Caro Bruce, oggi siamo volati a Boston dall’Indiana per un tuo autografo perché è cinque anni che cerchiamo un modo per ringraziarti. Siamo convinti che la tua musica ci abbia aiutato a salvare la nostra bambina».
Due ex giornalisti del St. Petersburg Times, Kelley Benham French e il marito Tom French, premio Pulitzer nel 1998, hanno scritto un libro autobiografico che racconta la storia della loro figlia, Juniper: la bambina che è nata troppo presto. La piccola è nata nel 2011 dopo solo 23 settimane di gravidanza e pesava poco più di 500 grammi. Sembrava incredibile, invece si salvata, coccolata dall’amore dei genitori e dalla voce calda e rassicurante di un grande della musica, già consapevole di saper emozionare, ma probabilmente non fino a questo punto. Per ringraziarlo, la mamma di Juniper ha scritto una lettera struggente al Boss:
«Quando è nata Juniper era infiammata e tutta rossa, aveva gli occhi sigillati e attraverso la pelle semitrasparente potevamo scorgere il suo cuore tremolante. Non poteva vedere, non poteva piangere, non potevamo nutrirla né prenderla in braccio. Se l’avessimo accarezzata, dicevano i medici, la sua pelle sarebbe potuta scivolare via. Non conosceva nient’altro se non punte di ago, isolamento e buio. Ma poteva sentire».
Tom e Kelley hanno cominciato a sussurrarle parole d’amore, provando a trasmetterle le prime emozioni anche attraverso la musica e la letteratura: Per questo hanno scelto le canzoni di Bruce Springsteen, di cui erano grandi fan, e le storie di J.K. Rowling.
«Mio marito Tom ha inserito un piccolo iPod nell’incubatrice per assorbire bip e allarmi delle macchine che la tenevano in vita. I primi suoni che ha sentito nostra figlia sono state le nostre voci miste alla tua. Abbiamo voluto costruire per lei un mondo che fosse più grande di quella scatola di plastica. Le abbiamo letto l’intera serie di Harry Potter – tutti e sette i volumi – per trasmetterle un messaggio di amicizia e di fede; e le abbiamo cantato di tutte le cose che da piccole diventano grandi, del non perdere tempo nell’attesa, dei cani che ululano nella notte. Abbiamo sperato che la gioia e la promessa della tua musica le avrebbero offerto qualche spunto per sognare un mondo migliore, nell’attesa di uno vero. Altrimenti, perché avrebbe dovuto lottare? Is anybody alive out there? Can you hear me? Le hai chiesto. Don’t worry, we’re gonna find a way».
Bastano poche frasi per accorgersi che la lettera, pubblicata il 10 ottobre sul sito che promuove il libro, è davvero struggente e che il messaggio di questi genitori è il ringraziamento più accorato che potessero scrivere, quasi a esprimere un debito verso chi, per giunta inconsapevolmente, ha tenuto in vita Juniper e, di conseguenza, anche loro.
«Come sai bene anche tu, il suono è una forma di contatto. Potevamo vedere dai numeri sui monitor che la tua musica la calmava quando soffriva e le dava sollievo quando era triste. Si poteva persino intuire che aveva delle preferenze, come quella per Tenth Avenue Freeze-Outnever. (…) Ha rischiato di morire milioni di volte e quando il battito del suo cuore ha toccato il picco più basso, Waitin’ on a Sunny Day l’ha quasi riportata in vita. Dopotutto, non aveva mai visto il sole. Le abbiamo promesso che se fosse uscita dall’ospedale, l’avremmo portata da te e avrebbe potuto vederti scivolare sul palco».
Dopo sei mesi e mezzo in ospedale, 196 giorni in tutto, adesso Juniper sta bene: ha cinque anni, è molto forte, sta iniziando la prima elementare. E i genitori hanno mantenuto la promessa: «L’abbiamo portata a vederti a Louisville, dove ha cantato sulle note di The River e ha ballato sulla sedia continuando a chiedermi perché piangevo. (…) Tutti i nostri momenti peggiori, e i migliori, sono profondamente legati alle tue canzoni. La nostra storia è aggrovigliata alla tua».
«Cosa vuoi dire a Bruce?» Ha chiesto Kelley a Juniper quando si sono avvicinati a Springsteen nella libreria Harvard Coop di Boston. «Lo amo e voglio che Hermione sia il mio presidente», ha risposto la piccola. «L’incontro è durato pochi secondi. Hai salutato Juniper e lei a sua volta ti ha salutato; qualcuno ha scattato una foto e io mi sono dimenticata di sorridere. Ti abbiamo lasciato un bigliettino dentro il libro che mio marito ed io abbiamo scritto su questa esperienza. È firmato e illustrato da Juniper e include sketch di te con la band. Mia figlia non è rimasta delusa che l’incontro sia durato così poco: “Mi conosce già – ha detto -, mi ha cantato tutte quelle canzoni”».
Kelley e Tom hanno regalato il libro a Bruce per condividere i loro “più disperati ‘grazie’” e hanno aggiunto una dedica speciale, forse le parole che ogni artista sogna di sentirsi rivolgere dal proprio pubblico: “La tua musica ci ha promesso che avremmo camminato nel sole, ed è accaduto davvero”.
(di Elisa Conselvan – tratto da www.lastampa.it – link)