A Røbba gnor (The little black dress/Il vestitino nero) è un cortometraggio musicale della regista di origine portoghese Margarida Paiva prodotto dalla norvegese Bifrost Music AS con musiche e performance di Enza Lattanzi.
L’opera è stata realizzata e presentata il 24 maggio 2019, e da allora ha riscontrato costanti consensi di critica e pubblico fino all’ottenimento del premio come Miglior Regia Femminile al 19th International Film Festival di Dhaka 2021. Il cortometraggio è stato selezionato per la XXII° edizione del Rainbow Film Festival 2021 di Londra (4-11 luglio 2021).
Il corto è disponibile per un tempo limitato a questo link Vimeo A Røbba gnor
Il progetto A Røbba Gnor
Cosa ha di speciale il progetto? Il sottotitolo è una dichiarazione di intenti: una collisione tra radici meridionali e percezioni nordiche. Un’opera corale, plurale … al femminile. Un viaggio che racconta l’incontro e lo scontro tra culture solo apparentemente diverse. L’Italia meridionale ritratta nelle magiche atmosfere della Basilicata e la Norvegia di Oslo, altrettanto magica nel suo proiettarsi nel futuro. Da una parte Matera – capitale europea della cultura 2019 – e dall’altra la capitale della Norvegia, il paese con la miglior qualità di vita secondo i dati OCSE. Qual è il filo rosso che unisce questi due mondi? Qual è il ponte che li mette in comunicazione? L’intrecciarsi della vita. Storie di dolore, relazioni, collisioni culturali, sogni, amori, emancipazione che partono dall’esperienza delle protagoniste: la regista, Margarida Paiva e l’autrice dei testi e delle musiche, e voce narrante, Enza Lattanzi.
Margarida Paiva è una visual artist di origine portoghese che vive e lavora a Oslo. Nel 2007 completa il Master presso l’Accademia di Belle Arti di Oslo. I suoi film e le sue opere sono stati presentati in mostre e festival cinematografici in giro per il mondo (https://margaridapaiva.net).
Enza Lattanzi si è stabilmente trasferita a Oslo, dopo una permanenza di diversi mesi, durante la quale ha svolto ricerche per la sua tesi in Lingue e Letterature Scandinave, analizzando la relazione tra testi e musica nella letteratura moderna. Attualmente è General Manager della Bifrost Music.
La Bifrost Music AS è una società di formazione che crea ponti culturali e artistici; si occupa di consulenza professionale e produzione di musica e concerti. http://bifrostmusic.com. Enza Lattanzi è CEO, insieme al produttore Kenneth M. Lewis che per l’occasione ha prodotto e curato il “paesaggio” musicale del cortometraggio A Røbba Gnor.
Le scene di “A Røbba Gnor” sono girate tra Oslo e Matera.
Intervista a Enza Lattanzi
Enza Lattanzi nasce in Normandia ma trascorre l’infanzia e cresce a Montescaglioso (MT). Da sempre interessata ad esplorare le relazioni internazionali, si trasferisce ad Oslo nel 2003. Lavora negli anni presso l’Ambasciata d’Italia, il Consiglio della Musica Norvegese e il Servizio Nazionale per l’Immigrazione.
Cominciamo dal titolo dell’opera, “a røbba gnor”: Cosa significa?
A røbba gnor significa appunto il vestitino nero. Abbiamo mutuato dall’alfabeto norvegese la vocale “ø”, il cui simbolo si ritrova nell’alfabeto fonetico internazionale e il suo suono viene pronunciato in diverse lingue e dialetti europei, tra i quali alcuni del sud Italia: da qui la scelta di fondere un titolo in dialetto – di Montescaglioso (MT) – con un simbolo norvegese e internazionale.
E cosa significa, invece, metaforicamente? Da dove nasce l’idea?
È la mia storia il punto di partenza per questo progetto. Trasferirsi in un altro paese, con alcuni sogni in valigia, vivere momenti sia magici che difficili. Attraversare un processo di dolore, celebrare una nuova vita, un confronto tra diverse mentalità, lingue, modi di fare e di sentire. L’urgenza di voler esplorare sé stessi ci porta spesso a sfidare i rapporti con il mondo convenzionale in cui cresciamo e, spostandoci in altri luoghi, imbattendoci inevitabilmente in nuovi incontri-scontri culturali.
“A Røbba Gnor” – il vestito nero – simboleggia perciò sia un distacco, un lutto per un passato personale e generazionale, che il mettersi in ghingheri per festeggiare la vita. Come ibrido tra due culture così diverse sentivo un forte bisogno di creare qualcosa in cui potessi usare come strumento non solo la mia voce ma anche i miei spettri emotivi. Una visione che potesse rappresentare i due mondi a cui sento di appartenere, fatta di esperienze che ho vissuto in prima persona, ma che nel processo di creazione è diventato una storia collettiva, più corale e al femminile.
Si parla, così, delle relazioni delle donne con le tradizioni e le proprie origini, la loro posizione rispetto al mondo, come si sono evolute rispetto alla società e all’ambiente in cui vivono … o dal quale fuggono.
Ti sei stabilita a Oslo da anni, dopo aver completato gli studi in lingue e letterature scandinave. Te lo avranno chiesto tutti: perché Oslo, perché la Norvegia?
Quando studiavo Lingue e Letterature Straniere a “La Sapienza” di Roma, sognavo di andare a vivere a Londra, metropoli della scena musicale internazionale. Ma poi venni a vivere ad Oslo per qualche mese, per via della mia tesi, nella quale indagavo il rapporto tra testo e musica nella letteratura contemporanea norvegese e comparate. Tutte le mie prospettive cambiarono. Appena laureata, mi ripromisi di ritornare a vivere qui per un paio di anni, senza avere grandi piani.
“Perché Oslo?” Perché qui mi sentivo, e mi sento ancora oggi, più libera di essere me stessa. Provo una strana affinità con un certo individualismo norvegese, con la gente che incontro e che mi ha sempre ispirato a cercare di più. Qui mi sono subito resa conto che c’era un bel fermento negli ambienti musicali. Sembrava più facile potersi esprimere artisticamente rispetto alla realtà a cui ero abituata in Italia.
Ma non è stato affatto facile …
Infatti. Arrivata ad Oslo, tra strane coincidenze e incontri, iniziai a lavorare approdando per periodi lunghi o brevi, prima nel settore import-export, poi ad una Scuola d’italiano, poi all’Ambasciata d’Italia per più di sette anni, e, al Consiglio della Musica Norvegese. Da qualche anno lavoro per il Servizio Nazionale dell’Immigrazione, e sono, tra l ́altro, il punto di contatto tra alcune istituzioni italiane e norvegesi.
Qualsiasi lavoro abbia svolto, ho comunque sempre lavorato in parallelo nel settore musicale. Il mio sogno, sin da ragazzina, era quello di creare qualcosa che avesse un sapore internazionale, sapevo che c ́era un qualcosa che mi chiamava oltre i confini italiani.
Forse perché nelle mie vene scorre il sangue degli emigranti. Sono, infatti, figlia e nipote di rimpatriati in Basilicata dopo tanti anni all’estero, e sono nata a Deville les Rouen, in Francia.
Un modo per cercare di unire le mie radici meridionali e l’Internazionalità è stato quello di mettere su una casa di produzione discografica, di cui sono la CEO, insieme al mio compagno norvegese, il produttore Kenneth M. Lewis, e ad un gruppo di soci.
Di cosa si occupa la Bifrost Music AS?
Alla Bifrost Music AS ci occupiamo principalmente di artist development, ovvero formazione artistica professionale, correlata ad attività di live performance, produzioni musicali e songwriting. Al contempo, collaboriamo con colleghi sia italiani che d ́oltre oceano.
Sin dal 2016 siamo tra gli organizzatori del www.askermusicexpo.no. Un seminario in cui l’obiettivo principale è quello di far incontrare rappresentanti di case discografiche, editoriali, istituzioni musicali, e coach, provenienti dagli USA e dalla Scandinavia (Universal Music, Warner, Sony, Disney Music Group, Prescription Songs ecc.) con artisti in erba, o in una fase iniziale della propria carriera.
Questo permette ai professionisti, sempre alla ricerca di nuovi talenti, di esplorare cosa si muove qui in Norvegia, e ai talenti locali di nutrirsi di informazioni e conoscenze attraverso conferenze e workshops, per creare eventuali collaborazioni, ed essere seguiti nel loro percorso di crescita.
Tornando al cortometraggio di A røbba gnor: tu hai scritto le musiche e i testi che commentano questo viaggio che crea un ponte tra due dimensioni culturali. Cosa ti ha ispirato?
Per il corto ho svolto un lavoro di ricerca di tipo documentaristico proprio a Montescaglioso, il luogo in cui sono cresciuta, Matera, ed Oslo, oltre ad avere scritto e cantato le musiche e i testi, per cui Kenneth M. Lewis ha creato il sound design …
Avevo da tempo voglia di pubblicare della mia musica, e ad un certo punto ho sentito quella tipica «urgenza» di cui tutti parlano, quando si tratta di mettere in moto un qualcosa di concreto. L’ idea era quella di pubblicare un singolo, e poi un EP. Ero partita con «Oslo song», una specie di inno alla mia “nuova patria”, un testo un po’ bittersweet, visto con gli occhi ingenui della ragazzina che arriva per conquistarsi il suo posto, e per creare il suo mondo.
Avevo incontrato Margarida qualche anno prima, durante un master sulla gestione delle arti, mi erano piaciuti i suoi corti, e le chiesi se avesse voglia di ascoltare dei demo per poter realizzare un video. Iniziammo le riprese ad Oslo, mi piacque il suo modo di lavorare, il suo «go with the flow», che ci diede tempo di pensare in modo più ampio. Scegliemmo 4 pezzi insieme a Kenneth, che avessero un filo conduttore, e divenne chiaro che si parlava di un ponte, di un percorso, che legava le mie radici e le percezioni nordiche, appunto.
Temi come la relazione con me stessa, con gli uomini che ho incontrato, con le donne del sud a confronto con quelle del nord, i nuovi codici culturali e comportamenti che ho dovuto imparare, e quelli che ancora non riesco a comprendere, ecc.
Con Margarida organizzammo le riprese nei luoghi in cui sono cresciuta, e intervistammo delle donne meravigliose, senza le quali non ci sarebbero potuti essere tutti quegli spunti di riflessione che si incontrano nel corto.
Il tutto era iniziato dopo che qualche anno fa avevo rivisto «La ragazza con la pistola», un film di Mario Monicelli degli anni 60, che descriveva con molta ironia proprio questo tipo di passaggio culturale e di crescita della protagonista, Assunta Patané, interpretato da Monica Vitti, dalla Sicilia alla Gran Bretagna.
Probabilmente fu quello il seme che si era piantato sul set fotografico con Francesca Zito, Luisa Artuso ed Enzo Epifania, e le donne in nero, Elena Artuso, Rosalba Dipede, Kristin Albano, Arianna Manicone e Roberta Venezia, prima che la visione diventasse completa.
Una manifestazione di un qualcosa che sarebbe cresciuto in maniera corale e che avrebbe dato voce non solo a me, ma anche ad altre donne, sia le voci co-narranti e danzanti (Noemi Bitonti, Cinzia Suglia, Ilaria Palomba, Cristina Contuzzi, Fabiana Dichio, Elahe Noshad Rahroniya) che al pubblico che si è dimostrato molto ricettivo ed attento.
Sonorità oniriche, un paesaggio musicale tra fiaba e realtà, a tratti indie, pop, rock ma sempre in equilibrio tra sperimentalismo e un codice musicale tradizionale: come definiresti l’impronta musicale che hai voluto dare a questo progetto. Quale sintesi?
Mi piace la tua descrizione, è un po’ tutto quello che dici tu. Non c’era l’intenzione di creare qualcosa di sperimentale, ma non volevamo neanche impacchettare il tutto con carta pop. Lo scopo principale era cercare di trasmettere qualcosa, di essere evocativi, in un certo senso, di creare un dialogo attraverso musica, parole ed immagini. Avevo dei suoni in mente, le mie influenze musicali sono molto varie, e volevo creare qualcosa che mi piacesse, che fosse di mio gusto. E Kenneth è molto bravo a capire chi ha davanti in studio, a spingerne i limiti, e ha fatto di tutto pur di farmi uscire dalla mia zona di conforto, e siamo dovuti scendere spesso a compromessi tra le sue e le mie idee. Senza di lui, e la sua esperienza, non ci sarebbe mai stato questo risultato.
Nel brano finale “Secrets” canti: “There’s a time to mourn and a time to dance, feel the magic in your hands”. È questo il riscatto di chi crede nei sogni? Sentire, in realtà, di essere padroni della propria vita, di possedere la magia nelle proprie mani?
Si, è esattamente questo. Il sentire di aver finalmente raggiunto qualcosa che si è desiderato così a lungo, dopo tanti progetti non realizzati, dopo tanti no e delusioni…il fatto di aver creato qualcosa di diverso da quello che mi aspettavo, un’evoluzione, sia artistica che personale, che non avevo messo in conto.
Pensa che la frase che citi non era neanche inclusa nel testo originale, mi è venuta fuori spontaneamente quando stavo ultimando le registrazioni del pezzo! È stato un finale che non avevamo calcolato, come una piccola magia, appunto, che ha dato la sua parte di senso al tutto.
I riconoscimenti ottenuti dal corto “A Røbba gnor”
«A Røbba Gnor» (The Little Black Dress) è stato premiato come Miglior Regia Femminile al 19th International Film Festival di Dhaka 2021.
Il film é stato anche proiettato al Lucania Film Festival, all’Istituto di Cultura alla presenza degli ambasciatori d ́Italia e di Portogallo in Norvegia, oltre che al London Contemporary Art Weekend, alla Deichman Bibliotek, e Porto Art Gallery. Fa anche parte dell’Italian Short Film Library, sviluppata dal Centro Nazionale del Cortometraggio, in collaborazione con l’Istituto Luce-Cinecittà e il sostegno della compagnia di San Paolo.
Tra i vari progetti portati a termine negli ultimi anni dalla Bifrost Music, si citano la performance dell’artista norvegese Frøder al concerto del Premio Nobel per la Pace, e la prima raccolta commerciale di Otto Notturni composti dal musicista pugliese Mercadante, registrato con l ́Ensemble Solvind presso Den Norske Opera & Ballett (Teatro dell ́Opera) e pubblicato su tutti i digital stores.