Recensioni e Interviste

Intervista al cantautore Dado Bargioni

Dado Bargioni, musicoterapista/cantautore nato anagraficamente a cavallo fra la pianura e le colline nel cuore del Monferrato, ma artisticamente un songwriter cresciuto assimilando il sound prodotto tra Londra, New York e la west coast degli anni 70 e 80.

Uno spirito di confine, come le sue canzoni. In bilico tra la musica d’autore italiana: Club Tenco (1997), Borsa dello Spettacolo (1998), Festival internazionale della canzone d’autore italiana [Svizzera (CH) – 2000] e i concerti e le collaborazioni oltre oceano: Live a Ft. Lauderdale & the Wallflower Gallery di Miami (gennaio 2007) e al Bitter End di New York (N.Y. Songwriters Circle – Ottobre 2017). Il cinema con una canzone nel film “È nata una star” (“Star”- 2012) e due nella serie di RAIUNO “Tutto può succedere”(“Mo’ Better Blues/To the Top” e “The Wave” – 2015). Nel 2018 è autore del brano originale “Sotto il Cappello” per promuovere la campagna #saveborsalino (in favore della famosa fabbrica di cappelli in difficoltà. 

Gli abbiamo chiesto qualcosa in più sul suo ultimo disco il pezzo mancante.

Quali sono le tappe più importanti del tuo percorso musicale?

“Immagino (partendo da lontano) di dover citare il mio rapporto, nei primi anni 90, con la casa di edizioni musicali Peer Southern e quei primi brani fatti ascoltare a Vanoni e Lavezzi. Poi Il Club Tenco nel 97 (dove ho suonato prima di Lauzi e P.F.M.) che mi ha aperto le porte del primo contratto discografico. A memoria poi rammento, come indelebili, i viaggi negli Stati Uniti (Miami e NY) dove mi sono esibito nel 2007 e nel 2017. Soprattutto importante ed indimenticabile la mia ultima partecipazione al New York Songwriters Circle sul palco del Bitter End (locale storico di NYC dove hanno suonato i più grandi: da Dylan a Elton John, da Stevie Wonder a Billy Joel…). Poi citerei, come molto importante e formativo, il periodo fianco a fianco con il team alla Sugar per sviluppare le mie doti da autore. Last, but not least…l’incontro con Luca Grossi, il produttore de IL PEZZO MANCANTE, con cui ho lentamente ri-plasmato tutto l’album, donandogli la forma perfetta che potete ascoltare oggi.”

Qual è la storia dietro linsolito nome Dado?

Ahah… È ovviamente un soprannome. Arriva da molto lontano e precisamente da mia madre. Per diversi giorni, alla mia nascita, il fiocco azzurro sulla porta rimase privo di nome… Se in caso di femminuccia il nome era già stato scelto, quello del maschio, no. Fu mia nonna (francese) a sceglierlo… doveva essere Gerard… poi (fortunatamente, forse…) l’anagrafe scrisse Gerardo (Amedeo Rodolfo) e quello rimase. Per mia madre un nome così altisonante appiccicato alla faccia paffuta di quel pargoletto, doveva essere un po’ troppo. Fu lei a chiamarmi Dado (da Gerar-do) da subito. Ancora oggi me lo porto addosso. Gerardo ero solo a scuola o quando la mamma si incazzava di brutto (non proprio il massimo quindi) Dado va bene.”

C’è un artista o una band che ti ha maggiormente influenzato?

“Beh i Beatles senza ombra di dubbio. Ho imparato a suonare sulle loro canzoni e come loro mi piace non avere costrizioni di genere. Porto in giro uno spettacolo didattico sul quartetto di Liverpool ed ho fatto anche una trasmissione radiofonica  suonando e parlando di loro. Per dicembre sto preparando una nuova monografia musicale su Paul McCartney… direi che sarebbe stato pressoché impossibile, per me, non portare un po’ della loro influenza in quello che scrivo. Avrebbe potuto anche andare peggio… (come gusti, intendo!)”

Il pezzo mancante è il tuo nuovo album. Di cosa si tratta?

Si tratta di aver lavorato per lungo tempo ad una manciata di canzoni che sono cresciute con me, brani in cui ho trattato temi personali ma anche legati ai cambiamenti del mondo che ci circonda. Un disco “classico” ma dal taglio attuale, preparato per le orecchie della nuova generazione da un ex-giovane cantautore! Sono canzoni che fanno riflettere ma alla fine ci fanno stare bene… soprattutto in un periodo come questo! Ad ognuno manca qualcosa per essere completo. Un obiettivo da perseguire. Se da un lato questa “mancanza” ha un accezione negativa di privazione, dall’altra è propio ciò che ci spinge a proseguire. Avere uno scopo è uno dei motori che fanno girare gli ingranaggi di questa vita. Musicalmente questo disco potrebbe essere considerati il mio pezzo mancante. Ora che l’ho trovato ho chiuso un cerchio e sono pronto a battere altre strade, alla ricerca di tutti i pezzi di un nuovo puzzle.” 

Che progetti hai per la fine di questo 2021?

La presentazione live di questo ultimo album, la promozione del singolo e il video (Le Cose che Cambiano), un’esibizione in diretta con il New York Songwriters Circle però ad inizio 2022 (andate a cercare la sua storia in internet) e un nuovissimo singolo a dicembre, per chiudere l’anno e cominciare un nuovo percorso aprendo una nuova pagina… 

Descrivi la tua musica in 3 parole.

In due: Meltin’ Pop  (se il Melting Pot definisce l’insieme di culture, tradizioni e lingue diverse presente nelle grandi metropoli, io amo definire similmente, con questo neologismo, la mia musica… figlia di numerose influenze. Una contaminazione totale e globale al punto da farne il suo punto forte per originalità)

Un artista con cui vorresti condividere il palco e uno che consiglieresti.

“Fra gli italiani direi Niccolò Fabi (tra quelli con cui mi piacerebbe suonare su un bel palco)… per quanto riguarda i consigli io proporrei Stephen Day (emergente giovane americano… l’album ”Guess I’m Grown Now” parla da solo!)”

— Onda Musicale

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