Talèa (nome d’arte di Cecilia Quaranta) nasce a Sesto San Giovanni (MI) nel 1998 ma si trasferisce a Jesi durante l’infanzia.
Appassionata di musica inizia a girare diversi locali con i classici del rock e folk d’autore, in formula “voce e chitarra”, con muse ispiratrici come JoniMitchell, Bob Dylan, Fabrizio De André, Lucio Battisti, Pink Floyd, Pearl Jam, Velvet Underground e molti altri.
La svolta arriva quando decide di iniziare a viaggiare in Irlanda e in Scozia dove perfeziona l’inglese che utilizza anche nei testi delle sue canzoni mentre si esibisce in vari pub e come artista di strada. Ispirata dai magnifici paesaggi scozzesi, scrive molti dei brani che faranno parte del suo primo EP a cui lavora durante la pandemia rientrando a Jesi.
Nel settembre 2020 vince una borsa di studio presso il CET del Maestro Mogol per lo svolgimento di un percorso che si concluderà nel novembre 2021. Dopo un’estate ricca di concerti, l’8 Ottobre 2021 esce l’EP “Tales”, primo progetto discografico, per la Vrec Music Label di David Bonato sotto la produzione artistica di Marco Olivotto.
La abbiamo intervistata.
Descriviti in 5 righe. Da dove vieni, il genere che proponi. Dacci dei riferimenti ad artisti a cui ti ispiri.
“Mi chiamo Talèa e vivo in una terra bellissima: le Marche. Gli artisti ai quali mi ispiro sono un groviglio d’arte, di posti e di generazioni: Bob Dylan, Joni Mitchell, Glen Hansard, Pearl Jam, The Tallest Man on Earth, Alice in Chains, Joan Baez, Pink Floyd, Fabrizio De Andrè, Velvet Underground, Lucio Battisti, Lucio Dalla, per citarne alcuni. Quello che scrivo nasce sempre da un abbraccio alla mia chitarra, e cerco di proporre qualcosa che sia nuovo, unico e originale ma rispettosamente fedele al patrimonio lasciatoci dai grandi della musica nazionale e internazionale.“
Cosa ti spinge a fare musica?
“Per fare musica, nel mio caso, non c’è bisogno di una spinta: non potrei fare altrimenti. Non la chiamo, quando vuole arriva da sola e si manifesta in tutte le sue forme. Lasciarsi andare a questo flusso incerto è sicuramente terrorizzante, ma allo stesso tempo, per me, è la cosa più naturale che ci sia.“
Perchè hai intitolato il tuo EP così?
“Il mio EP contiene cinque brani, ognuno dei quali racconta una storia. La scelta del nome “Tales” deriva dall’incontro di due motivi: il primo, “Tales” in inglese significa, appunto, “storie; il secondo, ricalca quasi interamente il mio nome “Talèa”. Inizialmente avevamo pensato a un altro nome, ma quando Marco Olivotto, produttore del lavoro, mi ha proposto “Tales”, mi è sembrato perfetto.“
Qual è il brano del disco a cui sei più affezionato
“Sono affezionata a tutti in maniere diverse. Ognuno di loro racconta un pezzo di me. “Dancing Mind” è il pezzo nel quale mi diverto di più. Ma, da un punto di vista affettivo, sono molto legata a “Nathan”. Nathan è un mio caro amico d’infanzia affetto da autismo, un ragazzone dagli occhi d’ambra e l’animo in trappola in una rete di parole impossibili da pronunciare. Questo brano è l’analisi del mio sentire, del mio essere nei confronti di quell’amicizia, profonda come solo un’amicizia che nasce e cresce senza bisogno di parole può essere.“
Raccontaci un aneddoto sulla realizzazione del disco
“Durante la registrazione di “Dancing Mind” io e Marco Olivotto ci siamo divertiti da matti. Lo chiamavamo “il pezzo quello strano”. “Questo pezzo non deve avere limiti” ci siamo detti. Perché era proprio dalla necessità di abbattere qualche mia gabbia mentale che lo avevo scritto, in quarantena. “Qui servono delle percussioni. Qui ci vorrebbe “il Martello di Dio” ha detto Marco, una mattina. Dieci giorni dopo ricevo un suo messaggio: “Allaccia le cinture” e un file MP3. Luca Martelli, soprannominato da qualcuno “il Martello di Dio” (batterista di Litfiba, Giorgio Canali & Rossofuoco e Mezzosangue), aveva inserito una batteria pazzesca nel mio pezzo.“
Che farai nei prossimi mesi?
“Gli obiettivi, in questo momento, sono i concerti autunnali – invernali di promozione di “Tales” e la scrittura di nuovi pezzi. Sto lavorando tanto sull’italiano. Poi, dopo due anni dall’ultima volta, mi piacerebbe fare un viaggio e riuscire a ritagliarmi del tempo per tornare a suonare per strada come busker, qualche volta. Ogni giornata da busker è la possibile nascita di un nuovo pezzo.”