Recensioni e Interviste

HELLE:“Disonore”, per chi crede che elettronica e cantato non stanno bene insieme

Lisa Brunetti, classe ’94, in arte Helle, ci regala un album che abbiamo bisogno di ascoltare.

“Disonore” è un album con un’unica coerente storia, divisa nelle tracce in 10 diverse sfaccettature e sonorità. È un album perfetto per chi ancora lamenta l’impossibile convivenza tra sonorità elettroniche e talento canoro; per chi cerca compagnia e comprensione in un processo di emancipazione; per chi, semplicemente, vuole scoprire nuova buona musica.

Helle ha una sonorità caratteristica, quindi non è un’artista facile da descrivere. Per semplificare potremmodire che ha un timbro riconducibile ad Annalisa e una scrittura che potrebbe ricordare la prima Margherita Vicario, ma è più oscura. I paragoni non bastano a comprendere: solo l’ascolto rende l’idea.

Tentiamo però di parlare di “Disonore”

Ci troviamo in un sottobosco elettro-pop, guidato dalla sinuosa voce di ‘Helle’, ninfa un po’ psichedelica. Le basi elettroniche di “Disonore” non hanno nulla da invidiare alle grandi hit che passano per radio, anzi, le sue costruzioni somigliano più a quelle dell’hip-hop che si ascolta ossessivamente sulle piattaforme streaming, cioè a quelle sonorità ricercate che la radio non passa, ma che vincono in ascolti. Parliamo di basi moderne, insomma!

Da queste basi si alza la voce di Helle, che nella distorsione si sposa perfettamente con le tante sfaccettature; alti, bassi, note e parole morbide, a volte soffici, in altre tracce dure. La sua voce risuona ancora più evocativa quando si intreccia e re-intreccia su sé stessa nei cori e nelle armonizzazioni. Nelle tante tonalità del disco, la cantante non si nega anche parti più secche, meno musicali e più parlate che risultano convincenti quanto il cantato, e anzi, sono sorprendentemente anche più incisive. In questo caso, in particolare, consigliamo il brano “Selvaggio”, che per altro ha un testo molto maturo:

 Io dunque non temo il buio, ma le sue conseguenze

La storia di “Disonore” è appunto quella di un disonore che si sente, ma di cui ci si deve liberare. Una parola, in particolare, risuona implicitamente durante l’ascolto dell’album: “emancipazione”.

I testi sono lineari: ciò che Helle esprime è chiaro. L’ascoltatore è guidato in questo processo di emancipazione, ne è avvolto nell’oscurità e nei momenti di luce, ma non si tratta di brani che parlano alla nostra intimità e vengono compresi inconsciamente, senza capirne il motivo. Le allusioni, le metafore e le analogie di Helle possono venire percepite oppure non essere percepite, creare immedesimazione oppure non crearla, ma sono perfette per come intendono essere: intense, chiare, non banali.

In “Disonore” non c’è una nota fuori posto, è un album bello da ascoltare e di grande professionalità: professionalità che ha le basi per fare molta strada.

Per dirlo con Helle: Se vuoi sopravvivere ti devi vendere/ognuno ha il proprio ruolo/legge di mercato Ma se questo è l’inizio, il ruolo di Helle è continuare a fare musica.

(articolo a cura di Miriam Petrini)

— Onda Musicale

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