Mimosa Campironi, pluripremiata attrice, musicista, cantautrice e compositrice italiana arriva a teatro con una nuova sperimentazione che al Metastasio di Prato dal 16 novembre vede incontrarsi le sue varie capacità artistiche con una nuova tecnologia: ilvisore a 360°.
Mimosa parte però dalla musica, fin da giovanissima si è dedicata allo studio del pianoforte al “Conservatorio Giuseppe Verdi” di Milano e poi si è approcciata alla recitazione.
Le abbiamo rivolto alcune domende ed ecco cosa ci ha risposto.
Come è stato il tuo percorso? Come puoi raccontare la tua gavetta?
La gavetta non finisce mai. Viviamo in un epoca e in un paese senza memoria. Ogni progetto è cominciare da capo. Se ci penso, lavoro da sempre, da quando ero adolescente, solo che a un certo punto hanno cominciato a pagarmi. Ho fatto cose diverse, anche perché ormai il mondo è un luogo fluido e un solo lavoro a volte non basta ad arrivare a fine mese. La regola che mi sono data è fare cose che mi rendano serena e di trasformare le mie ossessioni in lavoro.
Dalla musica al teatro passando per il cinema, la televisione e adesso il digitale. Sembra non mancarti nulla in termini di sperimentazione e campi ma ce n’è uno in cui ti riconosci di più? Quale sceglieresti fra questi diversi passaggi?
Non posso scegliere, sarebbe come scegliere quale dei miei fratelli amo di più. Dipende dal periodo che sto vivendo e da cosa mi sembra più adatto ad esprimere lo spirito del momento. Di sicuro non smetto mai di suonare e considero la musica la regina dei mondi dell’arte.
Sei in questo momento in scena anche al Teatro Argentina come attrice ma ti vediamo firmare come compositrice i brani del nuovo spettacolo di Laura Morante attualmente in tournée. Come hai lavorato anche a questi brani?
Il progetto con Laura è nato ormai un anno fa. Avevo scritto il melologo “Madame Tosca” per Macerata Opera Festival creando un parallelismo tra le vicende biografiche dell’attrice Sarah Bernhardt e la Tosca di Puccini. Pochi sanno che era un testo in prosa scritto per lei da Victorien Sardou che Puccini ha acquistato per la sua opera. Ci siamo esibite allo Sferisterio di Macerata, Laura Morante voce recitante, io al piano e live electronics. Poi Laura si è innamorata del progetto e ha riscritto il testo per renderlo un vero e proprio spettacolo di prosa che sta avendo grande successo. Le mie musiche sono rimaste con lei e ne sono felicissima. Sarei dovuta partire in tournee con lei, ma è nato Family Game Vr e ho dovuto seguirlo. Poi e’ arrivato anche Amleto di Giorgio Barberio Corsetti al Teatro di Roma. Un altro regalo del destino che mi porterà sul palco del Teatro Argentina nei panni di Ofelia, dove mi porterò la chitarra elettrica. Non vedo l’ora!
Come hai vissuto quest’anno e mezzo di chiusure e lockdown? Lo hai vissuto come un periodo creativo? Dobbiamo quindi ringraziare anche questo periodo per questa nuova sperimentazione?
Family game Vr è nato proprio durante il lockdown. Mi sentivo soffocata dalla chiusura forzata ed ero disperata per la chiusura dei cinema, teatri e sale concerto. La mia passione per il vr mi ha spinto a immaginare qualcosa che potesse rispondere a quel momento di crisi collettiva attraverso la realtà virtuale. Sono rispettate le regole dell’esperienza teatrale , ovvero l’unità di luogo e di tempo della performance che vede attore e pubblico presenti nello stesso momento dell’azione, ma ho provato ad infrangerle con la contaminazione cinematografica che catapulta visivamente la vicenda in luoghi totalmente lontani dal teatro. D’altronde il mondo in cui sono cresciuta mi ha costretto a confrontarmi con un’enorme quantità di stimoli visivi, musicali, tecnologici, artistici, pubblicitari, sociali, politici che si mischiano nella dimensione virtuale come in un enorme frullatore e mi vengono riproposti dalla mente come nuovi oggetti da ricollocare. Ho creato una narrazione in cui questi elementi di provenienza disparata trovassero una forma sensata. Si tratta di un parallelismo tra l’ambiente dello scroll dello schermo e lo scorrimento del pensiero per analogia, lo stesso principio che ci porta a pensare che i robot possano essere in qualche modo “umani Niente potrà mai sostituire l’esperienza in presenza, ma fare i conti con le nuove tecnologie è d’obbligo. Siamo abituati all’intrattenimento delle serie tv, dei film, sottoposti a migliaia di stimoli visivi dal web, dalla pubblicità, dalla tv e il teatro non può non tenerne conto. Attraverso il visore e la realtà virtuale c’è la possibilità di ricreare la compresenza di attori e pubblico durante la performance. Per me la sfida è quella di portare una storia estremamente commovente in un luogo considerato asettico e freddo come quello del vr, di solito usato per il gaming.
Dal punto di vista musicale, ci sono novità in atto?
Ci sto lavorando.