Honky Tonk Train Blues deve il suo grandissimo successo a Odeon, il rivoluzionario rotocalco televisivo cui è legato a doppio filo. Una musica con la locomotiva dentro, un treno lanciato in corsa nella lunga notte del 1977. Vi invitiamo a salire a bordo.
Mentre prendete sistemazione nel vostro scompartimento, vi diamo alcune informazioni riguardanti il vostro viaggio: nel 1977 Giulio Andreotti è il nuovo Presidente del Consiglio. Da quattro mesi è alla guida di una coalizione d’impronta democristiana. Sta tentando di apportare dei correttivi al taglio eccessivamente progressista voluto dal suo predecessore Aldo Moro, ideatore e promotore della cosiddetta strategia dell’attenzione verso il Partito Comunista. Il costo della benzina si accinge a sfondare la soglia psicologica di quota 500 lire, più o meno l’equivalente di 2 euro e mezzo al valore di oggi. Il tasso di disoccupazione è al 7%, quello di inflazione sfiora il 17, mentre in Germania Ovest non arriva al 4. Un impiegato di buon livello può arrivare a mettersi in tasca 250.000 lire al mese.
In serie A è corsa a due: il Torino di Gigi Radice, che nel maggio precedente ha vinto lo scudetto diventando un nuovo working class hero, sta subendo il ritorno della rinnovata Juventus.
Anche i bianconeri sono guidati da un giovanotto della classe operaia, è Giovanni Trapattoni, una vita spesa nel centrocampo del Milan. È un campionato appassionante, un derby tutto torinese Juve-Toro.
La classifica dei cinque 45 giri più venduti vede al 1° posto Sei forte papà di Gianni Morandi seguito da The best disco in town delle Ritchie Family. Sul podio anche il Johnny bassotto di Lino Toffolo. Seguono Due ragazzi nel sole dei Collage e Linda, degli inevitabili Pooh. Le domeniche degli italiani sono lo specchio riflesso della situazione sociale: la crisi petrolifera alimenta quella economica e viceversa. Manifestazioni politiche e studentesche degenerano ogni volta in scontri e sparatorie. La violenza è talmente dilagante che non fa più notizia.
C’è poca voglia di uscire, specialmente la sera
Sussiste la paura di attentati: si presta attenzione nel prendere i treni, ad andare alla Posta, nell’indossare abiti troppo eleganti e perfino nell’entrare in una gioielleria. I cittadini sono intimoriti e i negozianti esasperati. Siamo nel mezzo degli Anni di Piombo: cinema e ristoranti sono semivuoti perché la gente, con pochi soldi e tanti timori, preferisce restare a casa. Le domeniche pomeriggio scorrono leggere in compagnia di Corrado e di Paolo Valenti: con i loro modi gentili rassicurano gli italiani nella maratona televisiva di Domenica In. E’ molto lunga, inizia alle 14 e finisce alle 20.
Adulti, bambini, rossi, neri, tifosi e non, tutti indistintamente guardano Carosello
Dovete sapere che è vietato trasmettere le pubblicità durante qualsiasi programma, sia esso pomeridiano o serale. Non esistono ancora le TV private, le trasmissioni iniziano a mezzogiorno. Carosello va in onda verso le 20:30 e mette d’accordo tutti: è un contenitore di pubblicità, un momento di tregua dallo stress quotidiano in cui scorrono sketch comici, sullo stile del teatro leggero, oltre a cartoni animati originali e divertenti. Verso la fine degli sketch vengono svelati i prodotti oggetto di pubblicità. Carosello è un momento simbolico nell’immaginario nostrano: quando la sigla volge al termine le famiglie si dicono buonanotte: i bambini vanno a letto e i genitori sono liberi di vivere la loro serata tra adulti.
La televisione è l’angelo del focolare della famiglia italiana media
In TV tutto è normalizzato e anestetizzato da programmi rassicuranti e compiacenti. Gli eccessi, le sfumature, le allusioni, non devono esserci. Dalla sera dell’8 dicembre 1976 nulla sarà più come prima. Sono quasi le otto e mezza, è l’ora di cena e le famiglie sono a tavola. Sta iniziando la prima puntata di Odeon. Gli spettatori del TG2 quasi non si accorgono del cambio di programma perché Odeon inizia con lo stesso simbolo del telegiornale.
Passa qualche secondo e appare in un riquadro una bella ragazza mora: si chiama Laura D’Angelo, è romana ed ha vent’anni. Annuncia la scaletta dei servizi della puntata.
Dopo aver appreso da lei che si parlerà del Crazy Horse, tutti si aspettano di vedere qualche ripresa di Parigi condita (al massimo) da qualche allusione piccante. In verità, di Parigi si vedrà assai poco. La telecamera dell’operatore si fa largo nell’oscurità del locale arrivando fin sotto il palcoscenico. Lassù, tra velluti e divanetti decadenti, ammalianti spogliarelliste vengono riprese mentre interpretano suadenti striptease. È in assoluto il primo servizio di nudo mandato in onda in prima serata. Il giorno successivo non si parla d’altro. Nell’immaginario italiano, Odeon sancisce la fine di un rigore e di un’ipocrisia sessuofoba, anche se i benpensanti non la prendono bene.
Per gli adolescenti è la prima volta: interminabili inquadrature di oltre dieci secondi indugiano su seni nudi ed ipotesi di fondo schiena. Odeon continuerà così, puntata dopo puntata, in un mix di trasgressione e di vellutata eleganza che assicura ogni volta un divertimento mai banale.
Anche la sigla finale è uno dei momenti più attesi: pochi in Italia conoscono Keith Emerson e Honky Tonk Train Blues
Keith Emerson ricorda un suonatore di saloon visto in un vecchio western. È il protagonista di quel che potremmo definire uno dei primissimi videoclip. Suonando un vecchio pianoforte a muro, ci dà quasi sempre le spalle. Le inquadrature – che ogni tanto allargano su una orchestra di fiati – riprendono il rapido scorrere delle sue dita lungo la tastiera. Sta eseguendo un vecchio pezzo scritto negli anni Venti da Meade Lux Lewis chiamato Honky Tonk Train Blues. Gli spettatori si innamorano subito di questa musica, sensuale ed elettrizzante.
Perché Honky Tonk Train Blues risuona così sensuale?
Meade Lux Lewis è un musicista nero dell’Illinois. I neri sono “ossessionati” dalle ferrovie, che alla fine del XIX secolo rappresentano un mito inarrivabile. Provate ad immaginare la visione di un treno ai primi del Novecento: un gigantesco mostro meccanico, animato dalla prepotenza della locomotiva, che assume una fisionomia serpentina nel suo snodarsi, e si insinua, e apre, violenta la natura selvaggia e vergine degli Stati Uniti.
![](https://www.ondamusicale.it/wp-content/uploads/2022/02/Cera_una_volta_il_West_treno.png)
Per molti neri rappresenta un momento di speranza: salire su un treno vuol dire migliorare la propria posizione sociale. È un gesto di riscatto: il lavoratore nero costruisce la ferrovia ma spesso deve viaggiare da clandestino. Il nero incarna il viaggiatore che si sposta perché costretto dalle necessità economiche.
L’esecuzione al pianoforte di Honky Tonk Train Blues necessita di una preparazione profonda e di una tecnica particolare
La spinta delle triadi della mano sinistra deve generare uno slancio molto forte, che risulta potenziato dai ritmi incrociati della mano destra. L’energia congiunta dei due ritmi risulta vigorosamente sensuale. È la trasposizione in musica del rumore prodotto dalla spinta fisica e dal ritmo impresso dal motore del treno, che distrugge qualsiasi tentativo di linea melodica e – vivendo per sé stesso nel momento presente – procura una specie di isterismo sia in chi lo esegue che in chi l’ascolta. È un’eccitazione in crescendo, che non manca mai nei pezzi musicali ispirati ad un treno. Come sigla finale di un programma sopra le righe come Odeon, i due ideatori Brando Giordani &. Emilio Ravel – non avrebbero potuto scegliere di meglio: il treno all’interno di Honky Tonk Train Blues è un suono impressionante, che leva di torno il sonno e ricarica come una dinamo.
Nel 1927 non esistevano i video musicali e non possiamo mostrarvi “come” Meade Lux Lewis eseguiva il suo pezzo
Possiamo però vederlo in tutta la sua fisicità nel seguente video: è un estratto dal film La vita è meravigliosa, il film del 1947 che è, a tutt’oggi – il più famoso film “natalizio” di sempre. Il regista Frank Capra gli affidò un cameo di qualche secondo: Meade Lux Lewis suona il piano nella scena in cui George Bailey – James Stewart viene cacciato fuori dal bar Nick’s. Compare al minuto 1:11
La versatilità di impiego di questo tipo di musica è un indicatore della sua modernità senza tempo
la versione di Keith Emerson di Honky Tonk Train Blues venne incisa nel 1976 e diventò popolarissima grazie a Odeon. Keith Emerson uscì dalla nicchia del rock-prog per conquistare fama e notorietà anche presso il grande pubblico mainstream. Ci accompagnò per tutto il viaggio sul treno che attraversò il 1977, l’anno più buio degli anni Settanta. Ascoltammo musiche indimenticabili: i cinque dischi più venduti furono Amarsi un po’ di Lucio Battisti, Ti amo di Umberto Tozzi, Solo tu dei Matia Bazar, Honky tonk train blues di Keith Emerson e I feel love di Donna Summer.
Oasi di serenità e voglia di tenerezza in un momento storico che vede giovani di opposte fazioni darsele di santa ragione, dove la violenza non fa sconti a nessuno, nemmeno ad un giovane uomo che una sera entra in una gioielleria con le mani infilate nel trench restando in silenzio. Ha il volto angelico, i capelli biondi e un po’ lunghi, è il numero 8 della Lazio: è una figurina molto popolare sull’Album Panini ma questo non è sufficiente per farlo riconoscere. Un gioielliere, esasperato da varie rapine subite in precedenza, gli spara. Sosterrà in propria difesa, che il calciatore ha avuto un comportamento “sospetto”. È una serata romana del 18 gennaio 1977: l’anno inizia malissimo con l’uccisione di Luciano Re Cecconi, sulla morte del quale si costruirà una delle più clamorose e fuorvianti fake news dei nostri tempi.
17 giorni prima e dopo 7.261 episodi andati in onda tutte le sere dal 3 febbraio 1957
Anche Carosello ci diceva addio. Era il 1° gennaio 1977: la fine dell’innocenza per una certa televisione e per coloro i quali vi erano cresciuti. A maggio, in un clima da restaurazione, il campionato veniva vinto dalla Juventus. Con un solo punto in più del Torino, sufficiente a ristabilire le gerarchie calcio-politiche interrotte l’anno prima.
Honky Tonk Train Blues fu uno dei tanti pezzi che la Rai utilizzò per caratterizzare i suoi programmi di maggior successo. Detiene un record, tuttora imbattuto, che fornisce la misura di come il 1977 fosse diverso dal resto, anche a livello musicale: nessun altro disco “senza le parole”, eseguito per pianoforte e per orchestra, sarebbe più arrivato primo in hit parade.