Come i social network hanno cambiato il modo in cui reagiamo alla morte delle persone famose: David Bowie, Prince, George Michael, Carrie Fisher. I social network sono pieni di persone che piangono le morti di attori, musicisti e registi.
Tanti si lamentano per il fatto che il 2016 è stato “l’anno più brutto di sempre”, mentre altri avvertono già che “il 2017 sarà peggio”. La fascinazione nei confronti delle persone importanti, e il lutto manifestato per la loro scomparsa, non è una cosa nuova. Gli egiziani costruivano le piramidi, i greci e i romani organizzavano funerali sfarzosi per commemorare poeti ed eroi militari. In tempi più recenti, i funerali della principessa Diana a Londra o quelli di Mike Bongiorno a Milano si sono trasformati in momenti di spettacolo.
Oggi il luogo principale a ospitare il lutto collettivo è soprattutto il mondo dei social network, Facebook e Twitter in testa. Con una percentuale di isteria e volatilità maggiore che in passato. Nel frattempo, foto e meme su Keith Richards, chitarrista dei Rolling Stones, ancora vivo dopo una vita di eccessi nonostante non sia più un ragazzino, sono ovunque.
Quando muore una persona famosa, le homepage dei siti internet diventano dei moderni mausolei e i social network si trasformano in muri del pianto. In queste vacanze di Natale, la penuria di notizie di cronaca e politica è stata sostituita dalle notizie della morte di George Michael (che da vivo non era stato trattato proprio bene dai mezzi d’informazione) e Carrie Fisher.
Ad aprile, perfino un sito autorevole come quello della BBC ha pubblicato un articolo intitolato “Perché sono morte così tante persone famose nel 2016”, quasi si trattasse di un fenomeno scientifico da analizzare con cura.
Ironia a parte, nell’articolo ci sono alcuni spunti interessanti: Nick Serpell, il giornalista che prepara gli obituaries, quelli che in Italia chiamiamo “coccodrilli”, ha fatto notare che in effetti una crescita c’è stata. Nel 2012 ne sono stati pubblicati solo quattro, mentre nel 2016 si è passati a 25. Questo dato, che risale ad aprile, oggi è sicuramente più alto, visto che nel frattempo, oltre a Michael e Fisher, è morto anche Leonard Cohen, giusto per fare un esempio.
La morte spesso cambia la percezione che abbiamo delle persone, spesso la eleva. Inoltre, per dirla in modo molto crudo, è un affare per le case discografiche. Spesso, dopo che un musicista muore, le vendite dei suoi album aumentano in modo esponenziale, così come lo streaming dei suoi brani su Spotify e YouTube.
E’ successo a Prince, come a David Bowie.
(di Giovanni Ansaldo – www.internazionale.it)
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