Musica

Sunshine Superman: Donovan e la nascita del rock psichedelico

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Correva l’anno 1966 e tra gli scaffali nei negozi di dischi era possibile comprare molta musica interessante.

I Beatles se ne sono usciti con “Paperback Writer/Rain” e “Eleanor Rigby/Yesterday” (doppio lato A); Dylan, a maggio, esce con “Blonde on Blonde”, il primo doppio album rock della storia; i Rolling Stones, a luglio, presentano “Aftermath”, primo disco in cui le canzoni sono a firma Jagger/Richards; Coltrane porta tutti sulle stelle con “Ascension”, a febbraio; i Bluesbreaker presentano il loro disco con Clapton; i Beach Boys cambiano il mondo con “Pet Sound”. In tutto questo, c’è un altro personaggio interessante, che si è fatto conoscere per il suono della sua voce, fatato e sognante.

Donovan è un musicista scozzese, nato a Glasgow nel 1945. Influenzato dalla famiglia all’ascolto della musica folk, inizia a suonare la chitarra e a scrivere le sue prime canzoni. Folk, al nocciolo della questione, spesso significa Dylan. Soprattutto nei primi Sessanta, quando il Menestrello del rock era il punto di riferimento più importante per la musica folk del mondo intero. E in effetti i primi dischi di Donovan ricordano molto Dylan, sia per il modo in cui canta (sebbene abbia una voce estremamente diversa, meno nasale e più dolce), sia per il modo che ha di scrivere le canzoni.

I primi successi arrivano con un brano in particolare: “Catch the Wind”

Che, vuoi per il titolo che ricorda un più famoso brano che ha sempre la parola “vento” nel titolo, vuoi per il periodo storico in cui il Nostro ha iniziato la sua carriera, lo porta ad esibirsi prima in televisione, nel programma “Ready, Steady, Go!”, e poi al famosissimo festival folk di Newport, a cantare con nientepopodimeno che Joan Baez, un’altra che il folk lo serviva a colazione, pranzo e cena già da un po’ di tempo.

I primi due dischi escono entrambi nel 1965: “What’s Bin Did and What’s Bin Hid” e “Fairytale”. La critica è unanime nel considerarlo il Dylan inglese (scozzese, per i secessionisti) ma qualcosa gli va’ stretto. Michele Murino, nel suo sito maggiesfarm.it (tutto su Dylan), scrive che durante le riprese del tour di Dylan del 1965, “Don’t Look Back” i due si conoscono e, in un certo senso, si sfidano a suon di canzoni. Donovan canta una formidabile “To Sing for You”, ma Dylan lo stende con “It’s All Over Now, Baby Blue”, cantata in versione acustica. In effetti, dal film, sembra che Dylan abbia paura del suo rivale inglese ma ad un certo punto le loro strade si separano.

Ed è qui che esce “Sunshine Superman”

Il disco, che esce poco dopo “Blonde on Blonde” (il paragone con Dylan è ancora d’obbligo), apre le porte ad un nuovo sottogenere del rock, quello psichedelico.

È un piccolo capolavoro di cantautorato, unito ad una sapiente produzione artistica a cura di Mickie Most (che, fra gli altri, ha prodotto anche gli Herman’s Hermits – quelli di “No Milk Today”, per intenderci – The Who e Cat Stevens) e ad un’egregia scelta di musicisti. Si incontrano, infatti, due tizi che più avanti contribuiranno a fare la storia del rock: John Paul Jones e Jimmy Page.

Certo è che Donovan non è come Lennon/McCartney o il signor Zimmerman, ma le tracce di “Sunshine Superman” sono davvero notevoli e mettono il cantautore scozzese sui gradini alti del podio delle classifiche USA e UK. Più USA, in realtà, soprattutto grazie al fatto che il disco non venne subito fatto uscire in patria, per divergenze con la casa discografica.

Apre la title track

Che grazie alla chitarra di Page, raggiunge la prima posizione negli Stati Uniti e la seconda in Inghilterra. Venato di sfumature folk, il brano si tinge di psichedelia. “Legend of a Girl Child Linda” è dedicata alla sua musa, Linda Lawrence, già moglie di Brian Jones e madre di suo figlio, ma che lascerà proprio per Donovan, per poi lasciare anche lui a breve. Il brano parla di un gruppo di bambini che vogliono portare pace in un regno in cui la principessa è addormentata; Donovan usa il metodo che più gli va’ a genio, la fiaba.

Three King Fishers” ha un testo criptico, ma è chiaro che la vena artistica è piena. Inoltre il sitar di Shawn Phillips aiuta a viaggiare, così come farà con il brano “Fat Angel”, che i Jefferson Airplane suoneranno dal vivo più di una volta.

Bert’s Blues” è dedicato a Bert Jansch ed è l’emblema di come Donovan si stia facendo trasportare dalla musica: un pattern blues, del jazz, strumenti di tradizione classica (archi e clavicembalo) e un finale dal ritmo veloce. Praticamente fusion.

E poi il brano che apre il lato B, “Season of the Witch”. Di nuovo Jimmy Page e di nuovo uno sferzante rock dai toni malinconici che rendono il brano piuttosto aggressivo, soprattutto nel ritornello. La canzone verrà riproposta da moltissimi altri musicisti, tra cui Robert Plant (manco a dirlo).

Celeste”, che chiude l’album, ci riporta alle melodie sognanti e pacifiche, le stesse che poi gruppi come Belle And Sebastian faranno proprie.

“Sunshine Superman” è indubbiamente un gran disco

E merita di essere ascoltato e conosciuto, così come i lavori successivi di Donovan, almeno per quel che rimane degli anni ’60: da “Mellow Yellow” a “Barabajagal”. È un disco eclettico e caleidoscopico è ha contribuito ad alzare il tiro della musica pop, insieme ad altri grandi album con i quali il confronto non è poi così scontato.

— Onda Musicale

Tags: Eric Clapton/The Rolling Stones/The Beatles/Beach Boys/Jimmy Page
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