Musica

“Late for the sky” di Jackson Browne: quando il dolore diventa opera d’arte attraverso le note

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Ci sono canzoni capaci di riassumere uno stato d’animo, di gettare un fascio di luce  su un groviglio emotivo buio e raffreddato, mettendo in chiaro dettagli di cui percepiamo la presenza, emozioni cupe che stiamo vivendo ma non vogliamo ascoltare o accettare.

Parole, suoni, silenzi, armonie, pause, sentimenti difficili da solfeggiare con razionalità ma che, se ascoltati con abbandono, sanno parlarci e raccontare qualcosa di noi stessi, qualcosa di talmente intimo e profondo che da soli non saremmo in grado di far emergere. “Late for the sky” di Jackson Browne è una di queste, una canzone magica

Guardandoti dritto negli occhi, non ci vedevo nessuna faccia conosciuta

Siamo nel 1974 e Jackson Browne ha già scritto canzoni per Nico, i Byrds, per l’amico Tim Buckley e per gli Eagles; ha collaborato con Joni Mitchell e David Crosby, pubblicato due album (dischi di platino) ed è uno stimato cantautore di folk rock. I suoi testi sono sempre colti, maturi, mai banali: parlano di sofferenze, dolori e perdite, della difficoltà di leggere il presente e del duro compito di essere umani. E in questo brano (che dà il titolo all’album) affronta la disillusione e l’amarezza di un amore distrutto

“Di nuovo sveglio, non posso fingere, e so che sono solo,

e vicino alla fine, dei sentimenti che conoscevamo”

La chitarra elettrica di David Lindley (un altro gigante polistrumentista che meriterebbe un articolo a parte) crea suggestioni sonore, emoziona, lacera come un rasoio e assume una dimensione sospesa e struggente. Amore e perdita, un legame reciso. Amarezza e solitudine

“Ma per quanto ho continuato a sognare che ce l’avrei fatta, da solo, ad occhi bendati, sforzandomi, con tutto me stesso, di essere ciò di cui avevi bisogno?”

La copertina dell’album è una rivisitazione del dipinto “L’impero della luce” di Magritte: una casa in una strada buia, di notte, un cielo pomeridiano, blu. Il giorno e la notte che si fondono, un’immagine surreale e suggestiva alla quale è stata aggiunta un’automobile parcheggiata davanti al cancello.

Siamo in ritardo per il cielo?

La canzone sembra dissolversi come le nuvole della copertina, disperdere la sua carica emotiva e lasciar fluttuare questo interrogativo che sa di speranza, di resurrezione, come il sollievo che segue il pianto. La prima volta che la ascoltai non sapevo nulla dell’autore, non capii il testo, ma ne rimasi colpito: una voce calda e rassegnata parlava di qualcosa che intuivo essere serio e doloroso; una chitarra elettrica dava corpo e sostanza a un’emozione trascinante; c’era una pausa, sul finale, di cui mi innamorai subito per la sua stupefacente capacità di trascinarmi via; e ancora la chitarra, a sfumare.

Pensai che quella fosse una canzone universale, ascetica. Magica

Jackson Browne appartiene a quell’esigua categoria di cantautori impegnati che, fin dagli anni ’70, non ha mai smesso di usare la sua sensibilità e intelligenza per farsi portavoce di lotte ambientaliste, politiche, di giustizia sociale. Ed è ancora in attività dopo essersi ripreso dal covid.

Viene da chiedersi quanti degli attuali cantautori del panorama musicale moderno (qualora ce ne siano) verranno ricordati e ammirati nei prossimi decenni, quali evergreen saranno sepolti dalle ceneri del tempo e quali brani saranno ancora in grado di emozionare i cuori e le menti com’è in grado di fare questa “Late for the sky”.

(articolo scritto da Fabio Casto)

— Onda Musicale

Tags: Eagles/Jackson Browne/Byrds
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