Negli anni ’70 in Inghilterra i giovani, gli studenti, respiravano aria di rivoluzione, quindi un brano che parlasse di vita sulla strada, sulla grande tradizione del blues riproposto in chiave moderna, sembrava arrivare nel momento giusto e nel giusto modo.
L’arrivo del blues nel vecchio continente
Il blues americano entrò prepotentemente nelle orecchie dei nuovi ascoltatori che furono folgorati da questa musica ipnotica, calda, a tratti ruvida, che faceva muovere il corpo e battere il cuore. La popolarizzazione delle nuove idee musicali, la sua apertura verso la società bianca ha fatto emergere violentemente il malessere latente che affiorava nelle coscienze giovanili. Temi come la solitudine, l’incertezza, la separazione, che il British blues fece propri, rappresentarono l’onda che travolse il tono dolciastro del sentimentalismo delle canzoni commerciali.
Le radici del blues bianco
Le radici del British blues risalgono al 1949, quando Huddie Leadbetter approda in Europa, ma il momento magico per l’affermarsi di questo genere musicale è nel 1958, quando Muddy Waters raggiunge l’Inghilterra con suoi testi densi di rabbia e rivalsa sociale, proponendo un blues elettrico, con chitarre distorte, e nenie urlate.
I giovani abituati al blues “soft” di Big Billy Bronzy rimasero affascinati dalla potenza elettrica di Waters e della sua band. Molti ragazzi – che all’epoca suonavano rock’n roll – apprezzarono questo genere e le prime blues band inglesi cominciarono a formarsi. Alcuni artisti blues di colore suonavano esclusivamente per un pubblico bianco; alcuni che lavoravano nelle catene di montaggio e nelle acciaierie usavano le loro vacanze per fare delle tournée in Europa.
Gli artisti blues inglesi
Alexis Corner insieme alla sua band i Blues Incorporated aprirono la scena blues londinese riproponendo vecchi classici affiancati da brani originali.Molto spesso i componenti dei Rolling Stones si univano al gruppo in occasione di qualche jam improvvisata; gli Stones furono fortemente influenzati dalla musica del diavolo, il loro nome infatti deriva da una canzone di Muddy Waters che per loro era un autentico punto di riferimento dal quale attingere idee e sound. I riff graffianti del bluesman americano influenzarono il loro modo di suonare e di concepire la musica. Un altro artista che si affermò prima nell’Underground poi nel Mainstream del mercato discografico fu John Mayall che con i suoi Bluesbreakers – e con il giovane Clapton alla chitarra – divenne uno degli artisti più apprezzati a Londra.
Nascono nuovi grandi gruppi
Successivamente gruppi come I Cream del sopra citato Clapton e Yardbirds, spaziavano liberamente tra il recupero di un blues a livello quasi accademico e le originali composizioni firmate da Jack Bruce e Peter Green. I brani delle band inglesi, anche se non raggiungono le vette del pathos insito nei blues originali, riescono a trasmettere un messaggio di solidarietà e di ricerca sociale, che travalica il senso della musica, intesa solo come somma di suoni. Ma è proprio grazie a questa rivoluzione che oggi possiamo ascoltare gruppi come I Pink Floyd (il loro nome deriva da due bluesman americani Pink Anderson e Floyd Council) che con la loro creatività e sperimentazione a tinte blues sono riusciti a trasformare la musica contemporanea influenzando generazioni di musicisti.