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I Pink Floyd, Alan Parsons e The Dark Side Of The Moon: il punto di non ritorno

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Quando nel marzo del 1973 – prima nei negozi americani e poi in quelli britannici – apparve tra gli scaffali un disco con la copertina nera e un prisma che trasformava un raggio di luce in un altro iridato, The Dark Side Of The Moon non era esattamente un oggetto sconosciuto.

Già dalla fine del novembre 1971 i Pink Floyd avevano iniziato a suonare alcuni scampoli di quello che sarebbe diventato il loro disco più celebrato; per essere precisi, nell’ultima data del tour americano, a Cincinnati il 20 novembre, durante The EmbryoWaters e soci inserirono una lunga improvvisazione in cui venivano brevemente lambiti molti dei temi che si ritroveranno in Dark Side. Alla fine dello stesso mese la band si ritrovò negli studi della Decca, a West Hampstead, per fare il punto della situazione e dare vita a nuovo materiale da portare nel già progettato tour successivo.

Esistono grandi album e poi c’è The Dark Side Of The Moon, molto più di un disco

E’ un’opera d’arte che contiene tutte le arti. Un viaggio nel lato oscuro della mente umana che è suono, poesia, avanguardia elettronica e genialità grafica. Non c’è nulla di ordinario nel capolavoro dei Pink Floyd, nemmeno la sua genesi, considerato che la band lo eseguì dal vivo per intero nel 1972, in Inghilterra e Giappone, prima ancora che uscisse nei negozi (nel marzo 1973) e mentre buona parte dei brani stava assumendo la forma definitiva tra le mura degli Abbey Road Studios, a Londra, nelle pause tra uno show e l’altro.

Un disco che ha frantumato ogni record

È musica “classica” The Dark Side Of The Moon, e non solo perché ha venduto quarantasette milioni di copie nel mondo e ha trascorso, lungo le decadi, 962 settimane nella classifica americana e conquistato quattordici dischi di platino in Inghilterra. In Italia, nel 2021 è stato di gran lunga il vinile best seller, surclassando i giovani virgulti del rap, i Beatles, i Queen, i Rolling Stones e gli Abba.

Il disco è fuori da ogni classifica. Praticamente inarrivabile

Non c’è competizione possibile con il disco più iconico dei Pink Floyd perché i dieci brani che lo compongono sono altro rispetto alle classificazioni musicali standard. The Dark Side Of The Moon è in sé un genere musicale, un volo pindarico in un suono senza tempo né spazio. Ne è la prova il fatto che nessuna delle dieci canzoni che lo compongono è mai diventata veramente un singolo di successo. Perché “il lato oscuro” è un disco che si ascolta tutto dall’inizio alla fine, come un’opera classica che non si può interrompere per chattare con lo smartphone.

Tutto inizia con un battito cardiaco

Inizia con il suono di un vero battito cardiaco e conduce in un viaggio attraverso la vita e le sue contraddizioni, fino al gran finale dove razionalità e follia si incontrano e si scontrano in Brain Damage ed Eclipse. Una chiusura ad effetto che è senza dubbio anche richiamo alla drammatica parabola umana dell’amico e compagno di band, Syd Barrett, costretto ad abbandonare il gruppo dopo due dischi per gravi problemi psicologici acuiti dall’abuso di droghe.

I Pink Floyd prima di The Dark Side Of The Moon

Nel passaggio da gruppo visionario e psichedelico a band adulta, matura e pronta a incidere il suo capolavoro, fu decisivo l’ingaggio di Alan Parsons (leggi la nostra intervista), tecnico del suono e musicista raffinatissimo. L’incontro dei quattro con Parsons è il passaggio chiave. Chiusi in studio di registrazione i fabolous five spingono la musica nel nuovo millennio con ventotto anni di anticipo.

Non c’è album venuto dopo o inciso negli ultimi tempi che non debba qualcosa alle tecniche di registrazione del “lato oscuro”

Le dissolvenze tra una canzone e l’altra, l’uso dei loop, all’interno di un brano, ovvero suoni registrati e ripetuti all’infinito, l’accelerazione elettronica di una parte lenta di pianoforte, l’uso creativo dei nastri di registrazione che venivano tagliati e poi incollati per creare un tutt’uno di effetti sonori cambiano per sempre le tecniche utilizzate in sala d’incisione. Ma non è tutto qui: nel mezzo della loro personale missione “lunare” i Pink Floyd optano per un’altra scelta rivoluzionaria, ovvero fare del loro nuovo disco una fantastica scatola magica di suoni, un mix indissolubile tra musica, voci e rumori di fondo catturati nella vita reale.

Entrano in gioco (molto sapientemente) i rumori

Nelle canzoni entra prepotentmeente in gioco il crepitio delle monete agitate in una ciotola, il suono potente e ripetitivo di un registratore di cassa, una sinfonia di ticchettii vari registrati in un negozio di sveglie ed orologi, il fruscio delle banconote e poi le voci di gente comune di tecnici e impiegati degli Abbey Road Studios invitati davanti ad un microfono a rispondere liberamente a domande elaborate da Roger Waters (bassista, voce e principale compositore della band) sui temi della follia e della violenza in tutte le loro accezioni.

Il contributo di Paul McCartney viene scartato

Tra i tanti si presentarono anche Paul McCartney con la compagna Linda Eastman, ma le loro parti alla fine non vennero utilizzate nel missaggio finale. A chiudere il cerchio la copertina più iconica di sempre probabilmente ispirata ad un esperimento del matematico, fisico e filosofo Isaac Newton alla fine del milleseicento. Un fascio bianco di luce che attraversa un prisma e si scompone in sei fasci di luce che rappresentano i colori presenti in natura. 

Un concept puramente grafico, asettico, lineare, senza presenza umana, che ha stregato il pubblico e i critici

E che nessuno della band ha voluto mai spiegare nel suo reale significato perché è un luogo dell’inconscio come il monolite nero e lucido a forma di parallelepipedo che troneggia in “2001: Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick. È l’arte che diventa mistero e capacità di stupire senza usare parole, solo la musica. Un approccio che i Pink Floyd fecero loro anche un anno prima di incidere il loro disco più importante scegliendo di esibirsi, nell’era dei giganteschi bagni di folla come Woodstock, Altamont o l’isola di Wight, da soli, al tramonto, nel cuore dell’Anfiteatro romano di Pompei. Il suono del silenzio.

(di Gianni Poglio – panorama.it)

— Onda Musicale

Tags: Pink Floyd/Queen/Roger Waters/Abba/Syd Barrett
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