Recensioni e Interviste

Rosso Marte, l’intervista di Onda Musicale

Rosso Marte

È uscito giovedì 13 ottobre 2022 su tutte le piattaforme digitali “Abbandonati alle cose“, il nuovo secondo singolo dei Rosso Marte.

Un nuovo capitolo tormentato per il duo di Roma Rosso Marte che si conferma una delle nuove realtà più interessanti dell’underground della capitale. 

Un brano che nasce da un pattern di batteria di Luca, dove Claudio ha trovato un riff in seguito. Il testo è nato da un collage di frasi scritte in momenti diversi. I Rosso Marte raccontano di un senso ritrovato dopo un passato tormentato, di come soffrire per amore ci cambia e può spaventare rimettersi in discussione. Il messaggio è: non bisogna chiudersi in sé ma abbandonarsi agli eventi della vita, saperli cogliere e affrontare comunque, perché ne vale la pena. Una canzone che ha trovato subito la sua collocazione e amata dalla band per la sua diversità e unicità. Un riff isterico e armonico allo stesso tempo, trova la sua collocazione in un canto sofferto ma gioioso e sonorità tra il funk e lo stoner.

Ne abbiamo parlato direttamente con loro!

Leggevamo che “Godi e Persevera” è stato il primo brano che avete effettivamente provato in sala prove. A che periodo risale invece “Abbandonati alle cose”? 

«Ciao, grazie di cuore per questa intervista! “Abbandonati alle cose” segue di pochi mesi il primo singolo, finito il periodo critico della pandemia abbiamo ripreso a suonare in sala prove e ad arrangiare i nuovi pezzi. Tutti i brani del nostro EP sono venuti fuori a distanza di qualche settimana tra loro, compreso “Abbandonati Alle Cose”. La vera differenza tra i due singoli è che del primo c’era già il testo che poi è stato adattato al duo, mentre il secondo nasce proprio con la consapevolezza che sarebbe stato suonato con questa formazione suonato, senza basso o altri strumenti, con un’idea ben precisa di arrangiamento.»

Vi capita mai di riascoltare dei vecchi vostri lavori, magari con progetti precedenti? Cosa provate a riguardo? 

«Sì, ci capita e crediamo sia una cosa che faccia crescere, ci si rende conto dell’evoluzione sia nella scrittura, che nella composizione e nell’interpretazione. Sicuramente si avverte la crescita dovuta allo studio e all’esperienza, ma anche a livello sociale oggi c’è più consapevolezza di quello che si fa. Le scene musicali contemporanee possono essere note a chiunque mentre in passato si andava un poa tastoni, si leggevano le riviste, si capiva a grandi linee che strumenti utilizzare per ottenere certe sonorità ma si conosceva veramente poco di tutte le sfaccettature che l’industria musicale proponeva, sia per quanto riguarda quale band ascoltare per trarre ispirazione, che per la strumentazione da utilizzare.

Si andava nei negozi, solo lì si potevano conoscere alcuni degli strumenti in voga, oggi grazie alla rete si possono conoscere davvero molte cose. Riascoltando i lavori passati e quelli presenti noi ci rendiamo conto di questo passaggio fondamentale, quello che facciamo oggi è esattamente quello che vogliamo fare e suona esattamente come vogliamo che suona.»

Perché il titolo “Ciao Freud”? A cosa fa riferimento? 

«Sono cinque canzoni che portano nei diversi mondi del proprio inconscio. È come un viaggio psicanalitico verso la risposta finale al dilemma: “Siamo riusciti a risolvere i nostri demoni interiori?” Spetta solo a chi ascolta trarre le conclusioni, noi ironicamente e ambiguamente lasciamo il saluto a Freud lì, sarà un benvenuto o un addio? Fatecelo sapere dopo l’ascolto.

Noi abbiamo scelto questo titolo anche per esprimere il distacco dal padre della psicanalisi classica, da una visione tanto distante dal nostro tempo quanto radicata nella nostra cultura. Nel brano finale “A Guardare La Morte”, per esempio, vogliamo comunicare il nostro rifiuto di quella irrisolta pulsione di morte freudiana, che ci vuole far credere all’autodistruzione e all’aggressività della natura umana: per noi la cura c’è ed è l’arte. Il brano infatti finisce come inizia anche per sottolineare il ciclo della vita, di cui la morte fa parte. Se si nasce, si muore, perché non liberarci di questo tabù? Possiamo vivere accettando che la morte sia parte della vita senza temerla e senza l’ossessione di questo impulso».

Quali sono i vostri ascolti più recenti? Qualcosa che possiamo ritrovare anche nella vostra musica? 

«Entrambi abbiamo dei background molto diversi, ma con dei capisaldi in comune che sono imprescindibili. Ultimamente abbiamo rispolverato un po’ di quella “furia” vecchia scuola, suonando brani dei Queens of the Stone Age. Geni del calibro di Josh Homme e Dave Grohl sono sempre presenti, ma ultimamente ci ispirano molto anche The Sonics, Baustelle, Paolo Conte, Reignwolf, Koby Israelite, Jim Jones and the Righteous Mind, C.W. Stoneking, Anna Calvi. Il nostro calderone è ricco e variopinto, ci vengono in mente anche St. Vincent, Jack White, Nick Cave, PJ Harvey fino a Morricone, Trovajoli. Siamo inoltre legati al cantautorato italiano e americano, Battisti, Battiato, De André, Bob Dylan, Leonard Cohen, Tom Waits». 

Quali feedback come Rosso Marte avete ricevuto finora? 

«Finora molto positivi onestamente. Quelli che più ci hanno colpito sono stati rispetto a “Godi e Persevera”, unico brano in romanesco che stavamo quasi per scartare. La miscela tra il nostro approccio rock e il cantato in dialetto sta piacendo molto anche al nord e questo ci stupisce; quello che noi pensavamo fosse un limite si è rivelato un vantaggio. Infatti è un puro caso che il prossimo disco sarà interamente in romanesco… scherziamo! Scrivere in romanesco ci viene naturale e tra le nuove idee questa tendenza si ritrova. In generale però ci ha fatto molto piacere che i nostri primi due singoli siano stati apprezzati, non ci aspettavamo tanto calore. C’è stato anche qualche feedback negativo, non si può piacere a tutti ed è gusto così. Alcuni insistono sul rischio di stare sul palco solo in due, si chiedono come facciamo a sostenere un concerto rock carico di tutte le frequenze di cui necessita senza almeno un terzo elemento, ma è solo perché non ci hanno ancora visto dal vivo!»

— Onda Musicale

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