Il 1972 è il vero anno dell’esplosione del fenomeno progressive in Italia. I New Trolls, che avevano fatto scaturire la scintilla l’anno prima con Concerto Grosso, si giocano il tutto per tutto con Searching For a Land.
Searching For a Land è un doppio album pieno di ambizioni, forse troppo. I New Trolls del 1972 sono una band che suona insieme già da cinque anni, un’enormità per l’epoca. Il successo, davvero strabiliante, del loro primo album prog li proietta in cima alla nascente scena rock italiana. Lo stesso successo, però, finisce per minare gli equilibri interni.
All’indomani di Concerto Grosso, infatti, il bassista Giorgio D’Adamo abbandona, sostituito validamente da Frank Laugelli. Il vero problema sono però le due anime inquiete del complesso. Vittorio De Scalzi è il fautore di un prog gentile, colto e con frequenti passaggi acustici, debitore a band inglesi come Jethro Tull e Genesis; Nico De Palo, incendiario chitarrista che sembra posseduto dallo spirito di Jimi Hendrix, spinge invece per una musica più dura, al limite dell’hard rock.
La dicotomia era risultata quasi salvifica in Concerto Grosso, dove l’aulica facciata orchestrale diretta da Luis Bacalov trovava il giusto contraltare nel lato B, incentrato su una furiosa jam in studio. I ragazzi, quando si tratta di dare un seguito al lavoro precedente, sono forse in piena sindrome d’onnipotenza e fanno il passo più lungo della gamba.
Searching For a Land, infatti, ripropone la rigida separazione di genere già adottata in Concerto Grosso. Stavolta, però, non è la facciata a dividere i due progetti. Searching For a Land, infatti, è il primo album doppio della storia del rock italiano; un primo disco propone sette pezzi di atmosfera progressiva, l’altro si lascia andare a un rock durissimo, venato di dark. La seconda parte, inoltre, gioca la carta del falso live.
I quattro pezzi sono infatti registrati sì in presa diretta, un vero live in studio, ma gli applausi e le urla sono sovraincisi in un secondo momento.
Particolarmente pretenziosa, poi, risulta la scelta di ricorrere a testi cantati in inglese. Certo, all’epoca i New Trolls sono sulla cresta dell’onda e sarebbe ingiusto pretendere da loro la giusta prospettiva storica. Col senno di poi è semplice capire come, nel mercato internazionale, lo spazio per una band italiana fosse assai ridotto. I New Trolls – infatti – se ne rendono conto già dal successivo UT, tornando all’italico idioma con tanto di citazioni da Dante.
Altre novità di Searching For a Land sono l’ingresso in pianta stabile di Maurizio Salvi alle tastiere e l’utilizzo di mellotron e sintetizzatori. Una parziale delusione – approcciandosi al doppio – arriva subito dalla copertina. Nonostante il rock progressivo italiano vada giustamente famoso per le celebri cover artistiche, quella di Searching For a Land è davvero bruttina e anonima.
“Don’t judge a book by looking at its cover”, diceva il grande Bo Diddley. E allora, noi seguiamo il suo consiglio e mettiamo l’album dei New Trolls sul piatto, per sentire come effettivamente suona cinquant’anni dopo la sua incisione.
L’apertura è per Searching, retta da un bel giro di chitarra acustica e da quello rotondo del basso. La voce di De Scalzi, opportunamente filtrata, sembra quasi quella di Ian Anderson. In generale, però, è tutto il brano – piacevolissimo – a pagare un tributo fin troppo evidente ai Jethro Tull. Il brano è impreziosito da belle armonie vocali e da una sezione dominata dal pianoforte. Un attacco maturo e benedetto dal dono della misura.
Si passa a Percival, di nuovo aperta da un arpeggio acustico; le atmosfere sono bucoliche e gentili, al limite del folk revival di gruppi come i Pentangle. La voce di De Scalzi, però, esageratamente filtrata e ancora più nasale in questa resa, sembra leggermente dissonante nel contesto. Nella parte centrale c’è un bellissimo assolo di chitarra acustica, una vera rarità in un disco rock italiano dell’epoca.
Le stesse atmosfere pervadono In St. Peter’s Day, vero gioiello di folk progressivo. Il pezzo è il primo a offrire un vero crescendo in senso progressivo; la parte centrale, infatti, è dominata dal sintetizzatore, che fa sua una melodia che riporta alle atmosfere romantiche di Concerto Grosso. In St. Peter’s Day è un brano oggi poco ricordato, ma da riscoprire, una vera gemma di prog melodico.
Once That I Prayed parte invece con un pianoforte classicheggiante che fa presto da sfondo alla voce di Vittorio De Scalzi, finalmente in primo piano e sofferta al punto giusto. Il brano è molto raffinato e fa sfoggio dei sintetizzatori e di una sezione classica che ospita una sorta di clavicembalo e il flauto. Insomma, fino a questo punto Searching For a Land è un riuscitissimo lavoro di prog classico, a cui manca forse giusto il colpo del KO.
Si gira la prima facciata e parte la lunga A Land to Live a Land to Die.
L’atmosfera cambia impercettibilmente, all’inizio; la chitarra acustica è sparita, si fa spazio un organo quasi psichedelico e la chitarra di De Palo, sempre profumata di hard blues. Siamo comunque ancora in pieno ambito progressive, soprattutto quando il pallino passa nelle mani di Salvi, il cui virtuosismo tra i tasti dell’Hammond ricorda i grandi del genere.
Pare quasi di ascoltare dei Deep Purple depotenziati, se non i grandi e dimenticati Quatermass. Quello che sembra mancare un po’ è un vero collante tra le diverse atmosfere, come se a Searching For a Land mancasse una direzione precisa.
La breve Giga, che prende il nome da uno strumento medievale, costituisce un piacevole intermezzo. L’arpeggio acustico ricorda un po’ Blackbird dei Beatles.
Il primo disco è chiuso dalla lunga To Edith, le cui parole sono tratte da una poesia scritta dal celebre filosofo Bertrand Russell. Musicalmente, il brano si regge su un arpeggio di chitarra elettrica, sulla voce in falsetto e sui sintetizzatori che imitano il theremin; nella seconda del pezzo si concentrano le solite evoluzioni soliste.
A questo punto, caliamoci nei panni dell’appassionato ascoltatore che ha appena acquistato il disco nel 1972. Terminate le prime due facciate, il nostro immaginario amico ha ancora nelle orecchie quasi quaranta minuti di prog classico. Un lavoro buono, ma forse senza le melodie di Concerto Grosso. Si accinge a mettere sul piatto il secondo vinile ed eccolo che si ritrova davanti al concerto di una band hard.
I due dischi, infatti, sono talmente diversi che paiono incisi da due complessi distinti; se il primo pare ispirarsi a Genesis, Quatermass e King Crimson, qui siamo davanti a degli emuli di Jimi Hendrix, Led Zeppelin e Deep Purple, magari con il tocco prog dei durissimi High Tide. Gli applausi e le urla fanno pensare a un disco dal vivo, invece si tratta di un trucco.
Il problema è questo: se alle elementari avete imparato a fare la somma, scordatevi tutto. Nell’arte, infatti, non sempre i risultati osservano le regole matematiche. Prendete tanti complessi, come i Pink Floyd, per esempio: il valore dei musicisti singoli è molto inferiore rispetto a quello espresso come band. Per Searching For a Land succede il contrario. Mettere insieme due dischi così diversi non ne moltiplica il valore, anzi: la totale disomogeneità dei due vinili finisce per abbassare la qualità del tutto.
I due dischi, infatti, presi uno alla volta, sono di ottima fattura. Messi così, non si capisce cosa facciano assieme.
Ma vediamo un po’ com’è il secondo disco, quello in presa diretta.
Siamo di fronte a un rock durissimo e grezzo, ben suonato e urlato alla maniera di Robert Plant, specie in Bright Lights. Muddy Madalein è invece un passaggio hard blues molto simile ai Cream di Steppin’ Out nel riff, ma che si rifà palesemente ai Deep Purple.
Inutile dire che sugli scudi è sempre Nico De Palo con la sua chitarra hendrixiana, nonostante qualche accenno di flauto alla Jethro Tull e le svisate d’organo. Se ne ha piena contezza nella conclusiva, interminabile Lying Here. Tra coretti, flauti e organo mistico, il brano si mantiene per cinque minuti in un limbo di spiritualità, poi si torna al più robusto hard prog.
Da qui parte una cavalcata con tutti i cliché del genere, virtuosismi e cambi di ritmo compresi, molto ben riuscita. Sinceramente, però, complici i cinque minuti di pirotecnico assolo di De Palo, il tutto è un po’ estenuante.
![](https://www.ondamusicale.it/wp-content/uploads/2022/11/Searching_For_A_Land_Cover.jpg)
In conclusione, se da una parte Searching For a Land è un disco quasi famigerato, che non sa replicare il successo di Concerto Grosso e anzi accelera i dissapori interni, dall’altra non è certo un lavoro da buttare. Il successivo UT, col ritorno alle canzoni in italiano, non saprà risollevare le sorti dei New Trolls e segnerà la diaspora.
Searching For a Land, però, dopo cinquant’anni, merita di trovare una sua rivalutazione. Si tratta infatti di un disco disorganico, magari poco calato nel clima sociale dell’epoca, ma che comunque è la perfetta fotografia di una band tecnicamente in stato di grazia.
Perché, di musicisti capaci di suonare come i New Trolls del 1972, ce n’erano pochi in quegli anni, e forse nessuno dopo.