Recensioni e Interviste

Feexer: il suono internazionale di noi italiani. L’intervista

foto cover

È proprio vero quel che si dice in giro: sempre più spesso esiste un taglio decisamente internazionale sulla produzione indie italiana. E la qualità è tutt’altro che secondaria.

Manuel Ciccarelli si firma Feexer, come la band che sta dietro il taglio inglese di questo rock dentro le righe di un disco titolato “Don’t Bother”: citando testualmente riff distorti accanto ad arpeggi acustici minimali. Frequenze basse abitate da sintetizzatori ingombranti e pianoforti primordiali più simili a carillon.

Come sempre indaghiamo dentro le sue righe, ci perdiamo dentro il video ufficiale del singolo “What it Takes” girato allo storico Zeta Factory di Carpi… e proviamo ad orientarci dentro quel particolare modo di pensare alla forma. Secondo i Feexer.

Prima di tutto, dopo quella demo del 2017, possiamo parlare di esordio ufficiale? E perché un disco simile secondo voi arriva in questo momento?

“La scelta di pubblicare nel 2017 un demo-album è stata presa per dare inizio a un percorso personale di esplorazione. Il materiale che Manuel aveva scritto in quel periodo era certamente imperfetto da un punto di vista tecnico. Col senno di poi, però, quella pubblicazione in fase embrionale ha permesso di mettere un punto su quello che aveva creato fino a quel momento e di dare inizio a una nuova fase, che ha infine portato all’uscita di “Don’t Bother” del 4 novembre scorso e alla creazione di una vera e propria band grazie all’ingresso dell’amico e batterista Stefano Mazzoli. Consideriamo senza dubbio questo disco il nostro esordio ufficiale. Nonostante le difficoltà che abbiamo attraversato, dovute soprattutto alla scelta di pubblicare in maniera indipendente il materiale dopo i passi indietro di due etichette che hanno dovuto mettere i remi in barca a causa del Covid, ci siamo resi conto che “Don’t Bother” è un disco che ci rappresenta perfettamente. Per quello che volevamo esprimere, ma soprattutto per le sue canzoni. Un disco che arriva in questo momento perché tante cose hanno trovato il loro giusto incastro: i brani che desideravamo avere, le giuste capacità di preproduzione, che hanno portato a un dialogo molto costruttivo con Giuseppe Bassi del dysFUNCTION Studio nella fase finale della produzione, e la sensazione di avere qualcosa da dire. Una sensazione piuttosto comune tra gli artisti!”

Che poi per i Feexer, dopo diverse trasformazioni, che equilibrio si sta avendo? Di persone come di suono?

“La sfida viene sicuramente ora, guardando ai prossimi dischi. Pensiamo che il nostro lavoro su “Don’t Bother” sia stato buono perché si è trattato di un perfetto compromesso: i pezzi erano già stati scritti e imbastiti da Manuel, il tipo di suono si è sviluppato quasi da solo proprio durante la preproduzione, e Stefano ha avuto la capacità di impreziosire la ritmica e l’impostazione di alcuni brani senza stravolgere l’idea embrionale. Questo è sicuramente dovuto al fatto che ci conosciamo da tempo, abbiamo suonato per diversi anni e pubblicato dischi con una band chiamata Zeroin. Ci siamo fatti le ossa insieme sia in studio che su tanti palchi italiani ed esteri e, soprattutto, ci conosciamo: i pregi e i difetti di ciascuno.Forse il brano che rappresenta di più la fusione delle due menti è “Golden Age”: la ritmica è passata da un qualcosa di più ordinato e classico a un ritmo spezzato in stile primi album dei Nirvana. Un cambio drastico proposto da Stefano che Manuel ha adorato sin da subito.  Come dicevamo la sfida viene ora: guardando ai prossimi lavori sicuramente la mano di Stefano avrà un ruolo più rilevante anche nella scrittura dei pezzi. Lui è quello dei due che ama i brani più articolati, con intelaiature particolari su cui creare nicchie inaspettate. Quello che non cambierà nel progetto Feexer è la voglia di creare canzoni che ci piacciano, senza dover immaginare che un disco debba suonare necessariamente in una certa maniera. Diamo sicuramente più attenzione alle canzoni che ai dischi”.

Un titolo che forse ci viene da leggere troppo facilmente dentro i tempi che viviamo o sbaglio? Non preoccuparsi… di cosa?

“Sono tempi in cui apatia e conformismo sono in agguato dietro ogni angolo, si nutrono della nostra stanchezza in tutti quei momenti in cui facciamo fatica a combattere. Qualcuno di noi pensa di essere immune a queste dinamiche, ma è chiaramente un’utopia. Il titolo del disco si riferisce più all’esperienza interiore rispetto agli eventi che ci circondano, anche se questi ovviamente influenzano la nostra esistenza più di ogni altra cosa. Quando abbiamo attorno mille fonti (persone, simboli, eventi storici) che urlano contro la nostra voglia di esprimerci e ci dicono di non prenderci il disturbo di dire la nostra, ebbene quello è proprio il momento in cui tirare fuori noi stessi. Probabilmente è quello che abbiamo cercato di fare in questo periodo della nostra vita come artisti”.

Elettronica americana o chitarre berlinesi? Anzi inglesi? Ci sembra molto di rivedere un certo folk di maniera… penso che sia molto un disco folk questo…

“Un punto di vista molto interessante. Non siamo grandi esperti della musica folk, ma probabilmente la vena cantautorale di quel genere può ritornare in più elementi di questo disco. Abbiamo gusti musicali che convergono su diverse band, ma che possono essere anche molto distanti. Immagino che questo ci aiuti anche a non essere esageratamente prevenuti su alcune scelte fatte in determinate circostanze nel disco. Bisogna considerare comunque che le nove canzoni sono tutte nate partendo da una chitarra acustica, che anche nella versione finale del disco traina gran parte di quello che è stato suonato con altri strumenti. Questa almeno è la chiave di lettura di chi ha scritto il lavoro: speriamo che ogni ascoltatore possa ricavarne spunti ben diversi. La musica alternativa britannica e quella americana, assieme a tutte le loro contaminazioni elettroniche, sono indubbiamente un qualcosa di cui ci siamo felicemente nutriti”.

Domanda sfacciata: ma nella quasi title track del disco dei Feexer, ovvero “Don’t Bother To Ring The Bells”, state citando “Space Oddity”?

“Non siamo assidui ascoltatori di David Bowie, ma ovviamente questo non toglie nulla alla nostra ammirazione verso quello che è stato ed è una divinità musicale. No, non c’è alcuna citazione volontaria, ma adesso che ci fai riflettere sulla cosa non escludiamo assolutamente che i due accordi su cui si articolano le due strofe siano gli stessi. Tra parentesi “Don’t Bother To Ring The Bells” è il brano preferito dell’album di Manuel. Il nostro pezzo è sicuramente molto meno “spaziale” ed etereo di quello di Bowie nonostante i pianoforti più simili a carillon nel ritornello, e non so quanto lui amasse gli ostinati di voce su cui sono incentrate le nostre strofe. Okay fermiamoci qui, se continuiamo ad accostare un nostro brano a quella meraviglia del buon Bowie rischiamo di farlo innervosire parecchio”.

Qui il nostro articolo di presentazione dell’album dei Feexer “Don’t Bother”.

— Onda Musicale

Sponsorizzato
Leggi anche
Intervista a Gianluca Musso, direttore artistico di Tour Music Fest
Eleonora Elettra racconta il suo ultimo lavoro