Jerry Lee Lewis ci ha lasciato dopo 87 anni, alcuni dei quali passati a sconvolgere la storia della musica rock. Altri (pare) trascorsi a vivere fra legalità e illegalità. La sua musica ha lasciato il segno e ha plasmato più di una generazione.
Jerry l’arrogante
Jerry Lee Lewis è stato il più selvaggio e violento pianista di R&R, ma anche la personificazione dello spirito del rock. Di sé diceva di essere uno dei punti di riferimento della musica, insieme ad Hank Williams e pochi altri.
E in effetti, forse è stato l’unico in grado di fare la sintesi perfetta tra Rock and Roll, Rhythm and Blues, Country & Western e Boogie Woogie (e Gospel, Honky Tonk…) per restituire un prodotto che sembrasse perfettamente nuovo.
The Killer, una vita borderline
Verso il trigesimo di Jerry Lee Lewis, in questo momento all’inferno per le mille malefatte oppure in purgatorio o meglio ancora in paradiso per l’infinita misericordia di Dio, penso a questo rocker estremo, selvaggio, scatenato, a questo rocker sudista felicemente soprannominato “The Killer”, incendiario di pianoforti (col rischio di fare strage di spettatori), incestuoso ed efferato (la terza delle sette mogli era una cugina che avevo solo 13 anni), bigamo (a volte si sposava senza divorziare), alcolizzato anzi politossico, amfetamine e sonniferi e whisky tutto insieme, collezionista di mitragliatrici, feritore di un chitarrista (sopravvissuto perché al posto del mitra gli sparò con la pistola), arrestato sempre per faccende di armi davanti alla casa di Elvis Presley, evasore fiscale, indebitato fino alla bancarotta, guidatore di Rolls Royce senza patente, in sintesi un rocker vero, un delinquente vero, e poi penso ai Måneskin, rocker che fanno i test volontari antidroga e adottano gattini malati, e sorrido perché so che il tempo è galantuomo, che prima o poi, forse più prima che poi, passeranno dai riflettori al girone oscuro dei millantatori.
(articolo scritto da Camillo Langone e pubblicato su ilfoglio.it)