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“Tutto il resto è noia”: dentro la poetica di Franco Califano, il Pasolini della canzone italiana

Dieci anni senza Franco Califano. Un ritratto dell’artista che non doveva chiedere mai.

Me ‘nnamoro de te se no che vita è, lo faccio ‘n po’ pe’ rabbia, un po’ pe’ nun sta solo

Roma, 1974. Quartiere di Primavalle, periferia romana quadrante nord ovest

Permangono le strutture lineari dell’architettura razionalista-fascista ma Primavalle si sta trasformando in qualcosa di diverso. Il quartiere, nato come borgata nel 1939 e che sulla pianta si doveva sviluppare lungo l’asse viario di Via della Borgata di Primavalle, si sta disordinatamente estendendo verso l’esterno.

Non ospita più soltanto la povertà dei suoi primi abitanti ma anche le ambizioni di una nuova classe di neoricchi o aspiranti tali. Complici l’assenza di un piano regolatore e di una situazione degli alloggi assai critica, palazzine e villini vengono edificati con disinvolta frequenza, nell’attesa – qualora ce ne fosse bisogno – di un provvidenziale condono riparatore.

Una di queste nuove costruzioni – una villetta di color bianco sporco – diviene la dimora di uno dei più controversi interpreti della canzone italiana del Novecento.

Ha poco più di trent’anni Franco Califano quando va a vivere nella “Casablanca” di via Sisto IV.

Ha già la fama di essere un autore affermato, ha scritto pezzi come Semo gente de borgata, iconico manifesto sulla condizione del sottoproletariato suburbano, portato al successo da I Vianella(Edoardo Vianello e Wilma Goich), e soprattutto ha sfornato Minuetto, il capolavoro che ha assicurato alla giovanissima Mia Martini fama e ricchezza. Minuetto è risultato infatti il campione delle vendite, il 45 di maggior successo del 1973.

Come cantante Franco Califano ha inciso finora tre Long Playing: ‘N bastardo venuto dar sud, L’evidenza dell’autunno e Secondo me, l’amore

Se il titolo del primo LP è una sorta di dichiarazione di provenienza (Califano nasce a Tripoli, Libia, all’epoca colonia italiana, da adolescente si stabilirà a Pagani, nel salernitano, insieme alla famiglia) i lavori successivi non lasciano dubbi sulle tematiche che caratterizzeranno la sua carriera artistica: l’amore, la passione per le donne, per il sesso, la vita da assaporare pienamente, spesso fuori orario e preferibilmente libera da imposizioni. Trova anche il tempo per incidere un Live ma è nel 1977 che Califano diventa Califano.

La Dolce Vita di Califano al Piper – Roma, fine anni Settanta
È l’anno di Tutto il resto è noia

L’album che diventerà il marchio di fabbrica del cantante nonché il ritratto di un’epoca. Un disco che rappresenta un’esperienza sociologica prima ancora che musicale già a cominciare dalla copertina: Franco Califano è ritratto abbracciato ad un bambino, un’immagine lontanissima dai cliché che il cantante stesso aveva deciso di darsi. In molti si chiedono di chi sia quel caschetto biondo e la risposta non tarda ad arrivare: è di Eros Turatello, il figlio di Francis –faccia d’angelo– Turatello, noto alle cronache e alle questure per essere un temuto boss della mala, nonché grande ammiratore del Califfo.

La foto è di bassa qualità, uno scatto estemporaneo fatto con una macchina fotografica da diecimila lire: la moglie di Turatello ha fatto clic nel momento in cui suo figlio Eros salta in braccio al Califfo in segno di benvenuto. Un’immagine che infonde una nuova serenità su un artista come Califano e che piace anche alla sua nuova casa discografica, la Dischi Ricordi, con la quale il Califfo ha appena firmato un contratto destinato a durare nel tempo.

Califano non ha ancora quarant’anni e riesce nell’impresa di scrivere un pezzo da consumato chansonnier

Me ‘nnammoro de te, il brano d’apertura – è di quelli che restano impressi al primo ascolto. È un monologo sillabato quasi in silenzio da un uomo che sembra non avere più molto da chiedere alla vita, se non un porto sicuro, rappresentato da una donna più giovane che non gli chiederà più di tanto sul suo passato:

Aoh.. che c’è..? Nessuno te conosce come me… Ho già capito tutto, da quanno t’hanno detto che so’ matto
c’hai paura de qualche mia pazzia, magari che de botto vada viaMa all’età mia.. ‘ndo vado? 

A contrasto di un racconto così diretto la musica suona calda ed avvolge la figura di un uomo solo, invecchiato da una vita sregolata, che continua ad avvertire un senso di solitudine nonostante la presenza di una compagna nuova di zecca

Me ‘nnamoro de te se no che vita è

Sei l’urtima rimasta, devi esse’ quella giusta

Senza sforzamme già te vojo bene

Spero che duri ‘n po’ de settimane…

Me ‘nnamoro de te è dunque il memorabile brano d’apertura che lascia intravedere le atmosfere che l’artista ha dipinto nei pezzi che seguiranno.

Chi sono i protagonisti delle canzoni di Tutto il resto è noia?

In tutti i brani si rileva la presenza di almeno un uomo e una donna. L’analisi rivela un’irriducibile attrazione per il mondo femminile, ripreso con lo sguardo di un uomo in cerca di autoaffermazione, individualista per definizione ma pronto a guardare in faccia la realtà, sapendo tornare velocemente con i piedi per terra. Le canzoni descrivono le vite di tutti i giorni di piccoli imprenditori e commercianti che si sono fatti da soli. Ed anche, come vedremo, di semplici operai edili che ce l’hanno fatta, riuscendo a metter su un’impresa per conto proprio dopo anni di faticosi sacrifici, sia fisici che economici.

È quanto viene descritto nell’amara e iper realista La vacanza di fine settimana, un brano a due voci simulate, quelle che Califano presta alternativamente al protagonista e alla moglie di questi, imborghesita dai successi professionali del coniuge e alla quale lui rifà il verso, mentre ne descrive i ridicoli tic da quarantenne neoricca.

Lavoro cinque giorni a settimana,

me faccio ‘n culo come ‘na campana,

aspetto er venerdì pe’ riposare,

ma tu sei pronta già pe’ annà a sciare.   

L’epilogo è tanto amaro quanto prevedibile è l’ultima rima:

Quanno ritornerò venerdì sera,

vojo ‘magnà tranquillo a casa mia,

e annà a dormi, pure si tu vai via.

Io mica te proibisco de partire,

ognuno po’ fa’ quello che je pare.

Pe’ me, ‘sto viaggio, è l’urtimo strapazzo,

tu e la montagna, m ‘ate rotto er …..

Si arriva alla canzone più rappresentativa di tutta la macro-scrittura califaniana

Tutto il resto è noia è il brano rivelatore, la sintesi della visione di un artista perennemente sospeso a metà tra innamoramento e disillusione, una famelica e compulsiva voglia di conquista risolvibile solo attraverso un continuo cambio di partner. Una ripetitività ciclica, nascita – vita – morte di una storia d’amore, resa necessaria per superare la temuta maledetta noia, secondo lo schema circolare rappresentato nel brano che origina il titolo all’album.

Nascita

La macchina a lavare ed era ora

Hai voglia di far centro quella sera

Vita

Si d’accordo il primo anno

Ma l’entusiasmo che ti resta ancora è brutta copia di quello che era

Cominciano i silenzi della sera

Morte

Inventi feste e inviti gente in casa

Così non pensi, almeno fai qualcosa

Si, d’accordo ma poi? Tutto il resto è noia

Quella maledetta noia che inevitabilmente sembra costituire una minaccia per tutte le coppie e che Califano si ripromette accuratamente di evitare, frequentando gli avventori del baretto sotto casa, giusto a due passi dalla Casablanca (pare che il soprannome Il Califfo sia nato proprio in quel bar), tappa semi-obbligata per le sue donne di tutte le età, ricche e meno ricche, famose e meno famose, collezionate dal Califfo nel giro di un decennio, stando ad una contabilità approssimata per difetto che non ci interessa approfondire in questa sede.

Franco Califano e Maria Giovanna Elmi, durante una pausa di «Insieme, facendo finta di niente», il programma della Rete Uno condotto da Enza Sampò nel 1976

Molto più intriganti le frequentazioni con i personaggi della malavita e della politica, condotte assecondando il suo spirito di uomo indipendente e privo di preconcetti, un’innata attitudine per la Libertà che gli comporterà il pagamento di un prezzo spropositato.

Il Poeta e il Campione – Napoli, 1985
Oggi come potremmo definire il Franco Califano artista?

Potremmo definirlo un artista del filone neorealista, insuperabile nel saper mettere in musica le atmosfere di un’epoca utilizzando prevalentemente il dialetto parlato a Roma durante gli anni Settanta. Come Pasolini, che aveva saputo dare voce al Riccetto e al Lenzetta, due dei suoi Ragazzi di vita, facendoci immergere nella realtà del tempo attraverso l’uso del lessico utilizzato dagli adolescenti delle borgate romane del dopoguerra, così Califano ha saputo condurci all’interno della quotidianità di alcuni strati di popolazione romana degli anni Settanta, sospesa in bilico tra successo e fallimento, virtù e vergogna, affare e malaffare.     

Pier Paolo Pasolini alle prese con i “Riccetti e i Lenzetti” delle borgate romane – Roma, anni Sessanta

               

In questo contesto, nel cuore degli anni Settanta e dunque nel pieno degli anni di piombo, Califano sfoderò un album rivoluzionario, lontano da qualsiasi schema precostituito e alieno all’intero panorama discografico nazionale

Sebbene il grande successo raggiunto con Tutto il resto è noia gli avesse spalancato numerosi portoni, Califano declinò qualsiasi partecipazione alla vita politica, evitando di esibirsi ai grandi festival televisivi e mantenendosi a distanza di sicurezza da quelli organizzati dalla Politica stessa, come i Festival dell’Unità. In quegli anni, il PCI non era certo indifferente alle tematiche proposte dall’artista, pur essendo questi, per indole, molto più vicino alle forze reazionarie della Destra che a quelle speranzosamente auspicate a Sinistra.  

Un equivoco nel quale sarebbero caduti in molti, specie all’inizio, quando le canzoni di Califano affrontavano storie di realtà suburbane, seppur infarcite di donne da conquistare e da dimenticare con la medesima velocità

Un artista trasversale e maledetto, opposto ma vicino a Pier Paolo Pasolini: Califano, cattolico di destra e peccatore impenitente; Pasolini, ateo e comunista scomodo, per via della sua integrità intellettuale che ne faceva, per la sua stessa area di riferimento, “uno da mettere sotto tutela”. Al poeta di Casarsa, Califano avrebbe dedicato una canzone a trent’anni dalla sua scomparsa. Un brano molto lontano dagli stilemi abituali del suo autore, che la esegue con la poca voce rimastagli nel 2005. Il titolo è semplicissimo, Pierpaolo.

La canzone, non particolarmente memorabile sotto il profilo musicale, merita di essere conosciuta per il suo testo, asciutto, lucido eppure nostalgico, nel quale Califano immagina i primi anni romani dello scrittore, sceso da Bologna per insegnare in una scuola pubblica, l’infatuazione per il sottoproletariato romano, le malcelate inquietudini personali vissute nel quotidiano grigiore tra Pietralata e Ciampino, il sobborgo a sud di Roma che oggi è noto per essere l’hub romano della Ryanair:

E il tram ti lascia qui,

all’ultima fermata

in un cappotto grande

come non è la vita,

che torna vita solo

in fondo ad un quartiere,

la santità dei ragazzi,

il prezzo dell’amore,

e mentre la sera gela le ringhiere,

ti appoggi nelle tasche

e arrotoli il Corriere.

Una realtà, quella delle borgate romane, che sembra costituire il proscenio ideale del protagonista dell’ultimo brano di Tutto il resto è noia: Pasquale l’infermiere

Nella canzone, che in realtà è un altro monologo sussurrato nel sottofondo di un organo elettrico, Califano descrive il redde rationem di una coppia: lei annuncia a lui un’imminente maternità, lui elenca a lei una lunga lista ricca di dubbi e supposizioni.  

In un contesto socioculturale ormai remoto, quando non esisteva l’esame del DNA e fare l’infermiere era considerato un ripiego e non una missione, Pasquale l’infermiere scorre leggera descrivendo fatti segnanti, nei riguardi del presente e del futuro.

L’ultima strofa rende bene l’idea:

Crescesse cor carattere che ho io

Fo sempre a tempo a dije fijo mio

Ma si smettesse un giorno de studiare

E decidesse de fare l’infermiere

Je dovrò di’ nel modo più leale

Sei ‘n fijo de ‘na mignotta e de Pasquale.

Nel brano la figura dell’infermiere non viene descritta. A parte la sua propensione a fare le iniezioni senza un reale scopo terapeutico, non abbiamo alcuna descrizione psicografica del personaggio evocato nella canzone.

Che volto poteva avere quest’infermiere “che voleva fatte le igniezzioni soltanto pe’ levatte li calzoni”?

Possiamo darci un’idea del personaggio descritto da Franco Califano osservando una scena di Un sacco bello: quella in cui Enzo, mentre attende che il suo amico Sergio venga visitato per poter partire per la Polonia, intrattiene alcuni infermieri nei giardinetti del San Camillo di Roma. Ci sembra di scorgere Pasquale l’infermiere in questo siparietto:

      

Il film di Carlo Verdone venne girato due anni dopo Tutto il resto è noia

Verdone dipinse un grande affresco, un potente spartiacque tra due decenni, cogliendo la rapida (e talvolta traumatica) evoluzione della società italiana di fine anni Settanta. Molte cose cambiarono con la fine degli anni di piombo. Lo Stato iniziò a potenziare il suo sforzo nella lotta alle Mafie venendo meno l’urgenza di concentrarsi sul Terrorismo.

Franco Califano, innocente, respinge al mittente accuse infamanti – 1984
All’inizio degli anni Ottanta le frequentazioni, talvolta discutibili, che Califano aveva avuto in gioventù gli causarono parecchi guai con la Giustizia. Ne uscì sempre a testa alta. Per quanto maledetto, era soltanto un grande poeta e non un malavitoso

Come accade frequentemente a coloro i quali vivono la vita giocando d’anticipo, in carriera Califano raccolse molto meno di quanto avrebbe meritato. La fama da playboy e di cantante della mala, una nomea che gli aveva fatto comodo agli esordi, era diventata una sorta di prigione.

Ancora oggi, a dieci anni dalla sua morte, i contorni tra fantasia e realtà non sono sempre nitidi quando si parla di Franco Califano. Più passerà il tempo, più aumenteranno le leggende su questo cantante nato in Libia e cresciuto nel salernitano, che una volta giunto a Roma non avrebbe saputo esprimersi nient’altro che in romanesco.

Ha recitato in vari film per il Cinema, ha fatto anche Televisione, ha scritto una decina di libri

Ha pubblicato oltre 27 LP e decine di 45. Tutto il resto è noia è presente nella classifica di Rolling Stone Italia dei 100 dischi italiani più belli di sempre: occupa la 57a° posizione. Nonostante ogni ritorno sia da escludere, il tempo gli renderà onori e meriti. Una leggenda che non ha lasciato eredi, quella di Franco Califano.

        

— Onda Musicale

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