I Big One sono considerati la più significativa tra le formazioni che ripropongono il repertorio dei Pink Floyd. La band torna sul palco dell’Auditorium Santa Chiara di Trento per un attesissimo concerto.
Noi li abbiamo contattati e intervistati. Ha risposto Leonardo de Muzio.
Raccontateci, per chi non vi conosce, chi sono i Big One
“I Big One sono una band di musicisti professionisti e amanti della musica floydiana che nasce a Verona nel 2005. Il gruppo nasce con lo scopo di portare dal vivo il “gioiello” della mitica band inglese, per amore di questo genere musicale, nella loro migliore versione live.“
Quando nasce l’idea di diventare una cover band dei Pink Floyd?
“In realtà, ci sentiamo più una “tribute band” della mitica band inglese. La differenza è che mentre le “cover” tendono a coprire, con quanto hanno a disposizione la musica che ripropongono, senza tuttavia la pretesa di renderla “uguale” tramite ausilio di strumenti vintage, partiture musicali originali e quant’altro, le tribute ripropongono invece il tutto con un’attenzione tale da fare in modo che chia scolta e guarda lo spettacolo, possa godere di un esperienza unica, molto simile a quanto rappresentato dalla band originale nel corso del tempo.“
Il prossimo 15 aprile sarete a Trento in una tappa del vostro tour europea. Cosa potete anticipare di quell’evento?
“Ma… veramente non vorremmo spoilerare alcun che. Ci piace sorprendere il pubblico con una sorpresa, appunto. L’unica cosa che possiamo dire è che renderemo giustizia al capolavoro floydiano del 1973…“
Siete considerati una delle migliori tribute band dei Pink Floyd in Italia. Quanto lavoro c’è dietro un risultato tanto prestigioso?
“Tanto lavoro… un lavoro immenso fatto di piccoli dettagli, anche quelli più impercettibili. Sai, se fai musica tua, è quasi più facile esprimersi; Non hai paletti o cose a cui stare particolarmente attento, puoi sempre dire che così l’hai pensata, essendo tua. Quando devi riproporre un classico, come la musica dei Floyd, la tensione sale e di conseguenza anche lo studio per fare in modo di restituire quanto la gente si aspetta e vorrebbe ascoltare.“
C’è un disco dei Floyd al quale siete maggiormente legati e se si perché?
“Nessuno in particolare modo, in realtà. Ogni album floydiano per me è un cassetto; in ognuno, una storia da raccontare…“
Ultimamente Waters e Gilmour si sono punzecchiati frequentemente sul web. Cosa ne pensate di queste scaramucce che, francamente, irritano abbastanza i fan?
“Si, irritano anche noi… Non capisco come mai possano accadere queste cose. Ma mi sembra evidente che quando di mezzo si intromettono fattori esterni, come compagne, mogli, etc… qualcosa di sgradevole e di questo genere possa succedere, Ahimè.“
Parlateci un poco della vostra band. Quanti musicisti siete?
“Siamo in 8 musicisti sul palco; ognuno di noi ricopre il ruolo dei musicisti originali, per cui abbiamo: Leonardo de Muzio (lead guitars and Voicals direzione musicale ed artistica della band) nella complessa parte di David Gilmour. Poi al basso e seconde voci abbiamo Luigi Signori. Alle tastiere e altre voci abbiamo Stefano Freddi. Alla batteria e percussioni, Guglielmo Moro. Al Sax Marco Scotti. Backing Vocals abbiamo Pamela Perez e Debora Farina. Alla seconda chitarra, Enrico Frigo.“
Cosa potete dirci della vostra strumentazione?
“Beh, per rispondere a questa domanda, farei prima ad inviarti una foto… 😉 un camion di roba…:) cerchiamo di usare strumenti vintage utilizzati, nel corso del tempo anche dai Floyd; partendo dalle chitarre elettriche ed acustiche e Lap Steel, passando per le tastiere con i suoni originale e finendo agli amplificatori per chitarre e Leslie per il necessario organo Hammond.“