Povero tempo nostro, poveri noi che bestemmiamo le parole, poveri noi che presto vivremo la stagione di quando tutto appassirà. E poi, manco a dirlo: povera è la Terra che tutto delle nostre colpe patisce.
Sono queste pensieri ad aprire il disco dentro una canzone che forse seminava l’intento di un nuovo concept album tutto dedicato alla Terra, appunto, e forse non solo dal punto di vista ambientale visto che dentro mi sembra di scorgere fortissima (e ancora attuale) una critica alla società moderna. E chissà se la “preghiera” che ci regala nell’inciso è ad un Dio che la rivolge… o alla nostra coscienza anche… chissà se è alla consapevolezza delle colpe che sta parlando con quel fare sottile, con quella voce che arriva dal fondo della terra stessa, educata, discreta, che mai ha “osato disturbare” il tempo e lo spazio che aveva intorno.
Quando ho proposto alla redazione questo disco, “Prezioso”, opera postuma di Gianmaria Testa giunto dopo circa 3 anni dalla sua prematura scomparsa grazie al lavoro di Paola Farinetti e del fonico Roberto Barillari, sapevo sin da subito che avrei tribolato per capir da dove partire.
Avrei decisamente faticato nel trovare una direzione da dare a queste righe. Perché questa è una storia diversa dal solito disco di un artista che ha voluto dire la sua in quel preciso modo che ha consegnato poi alla storia di noi altri. No… questa è una storia totalmente diversa. Paola Farinetti, compagna, moglie, amica, braccio armato di una storia d’amore che non avrà mai fine, ha ripescato dal tempo di Gianmaria dei provini, delle registrazioni rubate al momento quotidiano di casa, pescate nel tempo morto di un soundcheck lontano piuttosto che al guizzo di un’idea da appuntare subito col registratore portatile. È come se avesse pescato dalla “moleskine” del poeta appunti che ci ha voluto regalare e condividere. Ma lui non lo sa questo e non potrà mai saperlo. È un segno di privazione, di furto… ma è anche un prezioso senso di rispetto e di gratitudine, un gesto delicato che culla il segno dell’immortalità. Ed è a lei che rivolgo un grazie altrettanto prezioso che allora, definirlo disco postumo, ha un senso davvero bizzarro.
Super partes è “Prezioso”, che per la sua stessa essenza non merita alcuna critica ma soltanto silenziosa contemplazione.
E se la malattia graffia appena qualche bordo della voce di Gianmaria, l’amore e l’ammirazione per questo poeta della canzone italiana fa tremare la mia voce e il mio sentire ogni volta che ci casco dentro. E poi è sempre dura da misurare la fatica che serve per interrompere l’ascolto e tornare al tempo reale delle nostre cose. “Prezioso” è così: è Gianmaria Testa che prende nota, appunta delle canzoni, rivela alcune di quelle che ha poi donato ad altri e che qui le suona in prima persona, magari mentre passa una macchina fuori dalla finestra, magari mentre cadono matite e neanche si sentono… perché in tutte queste tracce, Roberto Barillari al Cambusa Wave Studio di Reggio Emilia, ha fatto un lavoro egregio, di pulizia e di rispetto, lasciando anche spazio al suono imperfetto di dire la sua.
A mio avviso sarebbe stato un crimine se avesse reso “discografico” e ben prodotto il suono di queste canzoni, nate e concepite così per lo scopo che avevano… non altro che un appunto contro il tempo e la memoria fragile. Lo sento quanto il suono “lotta” col rumore di fondo, ma è questa “lotta” la vera magia, quella che improvvisamente mi trasforma nel vicino di casa, in un compagno di bevute, mi fa stare li seduto a quella seggiola ad ascoltare l’uomo, l’artista e l’amico che canta qualcosa che aveva in mente.
E soprattutto Paola Farinetti lo sapeva bene che doveva prendere queste tracce e lasciarle così com’erano, nude e crude, “dozzinali” direbbe qualcuno, casuali e grezze ho letto altrove…
Per quanto, amici miei, anche così “primitive”, hanno una resa importante che celebra a pieno quanto prezioso sia il balance e l’incontro naturale tra la chitarra e la voce di Gianmaria, protagonisti assoluti che senza bisogno di chissà quali ritocchi hanno una forza che non si può e non si deve ignorare. È sempre per tornare alla verità delle cose… senza trucchi e senza inganni… e lei stesso lo scrive a chiare lettere quanto è stata forte la tentazione di richiamarli in fila tutti quanti i musici della sua vita e dare a queste canzoni una veste ufficiale, pomposa, di arrangiamenti curati come si fa nei dischi “veri”. Ma poi ha vinto il rispetto. Perché se è vero che Gianmaria non avrebbe mai potuto dire la sua su eventuali arrangiamenti, è anche vero che a lavorarci bene si sarebbe celebrata una “finzione” distante anni luce dalle sue intenzioni, tutte private e personali, sue e di quel preciso momento. Prezioso…
E personalmente eleggo a bandiera un brano che puntuale mostra tutto questo: “Anche senza parlare” che molti conoscono pubblicata da Mauro Ermanno Giovanardi nel disco “Il mio stile” del 2015. In fondo era nata proprio per lui questa canzone… facciamola girare ora, su questo vinile, nella versione che Gianmaria appunta durante un soundcheck con Gabriele Mirabassi che improvvisa al clarinetto proprio per non scordarla, proprio per farla sentire a Paola che tanto gliel’aveva chiesta. Ce l’ho, disse… eccotela: un attimo che la registro e te la faccio mandare dal fonico su whatsapp. Un appunto. Ma sentite che potenza ha, questo appunto…
Si frantuma il tempo, si piega a nostro piacimento… Gianmaria ce lo sta dicendo ancora oggi, e lo capisco nel sentire l’entusiasmo e la cura che c’è dietro la sua voce, quotidiana, importante, preziosa.
Intima che si fa qualche passo indietro come ha sempre fatto, stare in scena si, ma possibilmente lontano dal faro principale che tutto illumina, suonando si ma con un volume silenzioso, con parole rotonde, con questa voce che culla un sogno vicino più che lanciare una pietra sfarzosa chissà poi quanto lontano. Ed è forse questo il vero disco di Gianmaria Testa, quello che più somiglia molto al suo personalissimo modo di stare al mondo.
“Prezioso” va ascoltato con cura e se volete andate a rintracciare la storia e l’origine di queste canzoni. In fondo, se volete la mia, non è che importi poi molto. Sono storie che troviamo in rete e nelle tante interviste che girano ovunque. Io dico invece di ascoltare questo disco con la delicatezza di chi osserva quel preciso istante in cui la vita c’è e puoi toccarla prima che sparisca via per sempre. Come quando sfiori con la punta delle dita un oggetto prezioso che deve restare in quel posto perché tutto abbia senso.