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Il nuovo libro di Roberto Maggi si intitola “Gli accordi spezzati”

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Roberto Maggi

Dopo “Suites di fine anno”, precedente lavoro in prosa già segnalato su queste pagine, esce il nuovo libro di Roberto Maggi, il romanzo “Gli accordi spezzati” (Bastogi Libri, giugno 2024), opera variegata e complessa, abilmente intrecciata su vari piani temporali, e inevitabilmente -come nel caso precedente- abbinata alla componente musicale.

La trama, che fin dall’apertura scorre lineare, si va via via intricando, mostrando gli incastri delle vite degli attori, che vanno raccontandosi indipendentemente l’uno dall’altro e come rincorrendosi nel tempo, ognuno teso alla ricerca di sé, delle proprie radici, sulle tracce di un passato ripercorso a ritroso.

Sono esistenze raccontate in parallelo (ognuna appartenente a uno specifico “Album”), spesso attraverso flashbacks onirici, durante i quali i vari caratteri si svelano progressivamente, mostrando gli elementi e le connessioni che li legano, i momenti cruciali che li hanno accomunati e poi fatalmente allontanati

Una narrazione sospesa, non priva di sfumature poetiche e di un linguaggio ricercato e colto, giocata in modo articolato su più livelli come in una sceneggiatura cinematografica, che fluisce altalenante tra presente e passato, andando a ricostruire –scena dopo scena- le esperienze vissute, le ragioni delle scelte fatte dai protagonisti, alla luce dei sentimenti e delle fratture che ne hanno determinato, loro malgrado, il corso. Ognuno di essi con il proprio carico di sofferenza e caducità, una propria voce e una corposa complessità psicologica: spaccati emotivo-intellettivi dell’universo maschile e femminile da cui emergono riflessioni, dubbi, domande, conclusioni talvolta amare talora ironiche.

Ciò che però maggiormente interessa -specifica l’autore- al di là della complessità della trama, è la dimensione psicologica nella quale fluttuano questi naviganti alla deriva, densa di monologhi/dialoghi interiori a tratti incalzanti, con i quali ognuno esplicita i propri disagi e il carico di sofferenze che si trascina dietro.

Lo sviluppo del racconto diviene quindi in una sorta di indagine introspettiva, volta alla scoperta di personalità ora fragili ora indurite e dei motivi che ne hanno determinato gli sviluppi esistenziali

E tutta la narrazione viene sublimata -stilisticamente e strutturalmente- dalla musica, elemento trainante dell’intera vicenda, che non si limita a fare da sottofondo, ma piuttosto ne esalta e acutizza le tinte drammatiche, ponendosi come colonna sonora degli episodi (o, per meglio dire, “brani”) che continuamente danzano tra interno ed esterno. Più che presenza suggerente è componente espressiva, soprattutto quando emerge sotto forma di “composizioni” liriche -ispirate da brani famosi- disseminate nel testo, che fanno da suggello alla narrazione.

E così fanno da incipit alle varie “partiture” classici più o meno noti del rock, a partire dai leggendari Rush di “2112”, per proseguire con Pink Floyd, David Sylvian, Cranberries, Nick Cave, Doors ecc., solo per citarne alcuni; mentre –come detto- le chiusure sono peculiari creazioni dell’autore che si ispirano nientemeno che a Led Zeppelin, David Bowie, Peter Gabriel, Joni Mitchell e così via, dando vita a una estrosa commistione tra musica e letteratura.

La musica si pone, quindi, come motore delle vicende tutte: una presenza possente in grado di scandire o “ritmare” il dipanarsi degli avvenimenti e degli stati d’animo e che costituisce nucleo originario da cui tutto prende vita e a cui tutto ritorna, facendo nuovamente incrociare quelle strade solitarie apparentemente perdute.

Ancora una volta Roberto Maggi sfida il lettore con un’opera “al limite”, proponendo un lavoro di sperimentazione tra i generi, ma in grado di attrarre in virtù della sua originalità: un prodotto meritevole e insolito nel nostro panorama letterario.

— Onda Musicale

Tags: Pink Floyd/The Doors/Cranberries/Rush
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