Cultura ed eventi

Rendere la vita immortale: l’epopea dei Fratelli Lumière

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Il Cinema. Un intrattenimento che sino all’inizio del travagliato 2020 sembrava cosa naturale e quasi ovvia come il respirare, ma che il Coronavirus ha in larga parte bloccato sotto il profilo della produzione, costringendo la sua fruizione di conseguenza a migrare soprattutto verso il fronte della visione domestica, secondo modalità note a tutti.

Prima che la situazione conoscesse tale epocale mutamento, il cinema si era già evoluto secondo la fisionomia che adesso gli riconosciamo come consueta. In compenso, complici notevoli innovazioni nella tecnica realizzativa delle storie come i tanto celebrati “effetti speciali”, già non ci si stupiva più della capacità della macchina da presa di inventare nuove storie e nuovi mondi paralleli a quello reale.

Se con l’immaginazione torniamo indietro di quasi 130 anni, cioè a fine Ottocento, riviviamo in pieno l’epoca d’oro delle Esposizioni Internazionali, eventi privilegiati in cui gli spettatori paganti potevano ammirare estasiati le più importanti innovazioni tecnologiche cui erano orgogliosamente pervenute le grandi nazioni europee: l’appuntamento più celebre senza dubbio è quello che si tenne a Parigi nel 1889, anno del centesimo anniversario della Rivoluzione Francese. L’Exposition Universelle di quell’anno è certamente nota a chiunque per via di un manufatto divenuto il simbolo inconfondibile della Ville Lumière: la Torre Eiffel.

Tenendo conto di questo clima di continua ed incalzante innovazione scientifico-tecnologica possiamo comprendere l’accoglienza riservata alle “vedute animate” di due fratelli originari di Besançon, Auguste (1862 – 1954) e Louis Lumière (1864 – 1948). Ma chi erano costoro? Il loro incontro con l’immagine avviene sin dalla giovinezza, dato che il loro padre – Charles-Antoine Lumière (1840–1911)– gestisce a Lione una piccola fabbrica di lastre fotografiche. L’apporto dei due fratelli allo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche nel campo della fotografia si rivela di primaria importanza: una delle invenzioni più importanti è senza dubbio la foratura della pellicola, soluzione cardine per lo sviluppo della tecnica delle immagini in movimento. La foratura della pellicola sarebbe stata un’invenzione priva di senso senza il cinèmatographe.

Di che cosa stiamo parlando? Il cinèmatographe era l’evoluzione del kinetoscope di Edison, ma assai diverso da quest’ultimo. Innanzitutto il dispositivo francese – in realtà concepito e realizzato da Léon Bouly nel 1892, ma ceduto ai Lumière per l’impossibilità di rinnovare il brevetto – era in grado sia di registrare che di proiettare un film sullo schermo, per una visione della pellicola che troveremmo familiare. Pesando “solo” 7 chili, era discretamente facile da trasportare. Il film che la macchina riusciva a registrare era una pellicola di circa 17 metri che una volta riprodotta, alla velocità di 16 fotogrammi al secondo, durava poco meno di un minuto. Il kinetoscope invece era una macchina molto più ingombrante, che oltretutto non si poteva trasportare in giro dato che era una scatola di grandi dimensioni alimentata costantemente dalla corrente elettrica. Non era né macchina da presa né proiettore: la visione della pellicola poteva avvenire esclusivamente tramite un oculare posto sulla sommità dell’apparecchio, e lo scorrimento del film poteva avvenire solo muovendo una manovella laterale, sul fianco della scatola.

1895. L’anno che cambia per sempre la Storia, anche se nell’immediato i protagonisti probabilmente non se ne rendono conto. A Marzo – il 19, per l’esattezza – Auguste e Louis collocano la loro macchina da presa di fronte all’uscita delle officine di famiglia, al civico 25 di Rue Saint-Victor, ribattezzata in seguito Rue du Premier Film (nome davvero eloquente). In questa manciata di secondi, dopo l’apertura dei portoni dell’edificio, vediamo gli operai uscire dalla fabbrica e dirigersi in varie direzioni, sempre evitando di camminare incontro all’obbiettivo. Studiando i soggetti con attenzione possiamo farci un’idea precisa dell’abbigliamento e della moda fin-de-siècle, anche se certi capi di vestiario farebbero pensare a qualcosa di leggermente studiato in precedenza, dato che si doveva insistere sulla capacità della macchina di riprodurre fedelmente la realtà ed il movimento in particolare (non a caso in inglese il film è definito anche come “motion picture”, cioè immagine in movimento).

Altra caratteristica che emerge dal film è il fatto che l’inquadratura non solo è fissa, ma è anche centrata dopo una valutazione a occhio nudo (la macchina è priva di mirino); la profondità di campo è notevole, dato che sono a fuoco oggetti e soggetti sia vicini che lontani; l’operatore – cosa tutt’altro che ovvia – compare tranquillamente nell’inquadratura, interagendo con i soggetti ripresi. Il 22 Marzo proiettano in anteprima il loro primo film davanti ai membri della Société d’encouragement pour l’industrie nationale.

Nel corso dell’anno realizzano altri cortometraggi, sempre con la stessa tecnica del primo, e non perdono occasione per presentare il cinematografo a fotografi e scienziati (dato che all’epoca la fotografia e l’immagine – per via della complessità della loro tecnica realizzativa – sono ancora materia per sparuti gruppi di specialisti).

L’occasione di presentare i film al cospetto di un pubblico pagante si presenta a Parigi il 28 Dicembre, quando vengono proiettate dieci pellicole presso il Salon Indien del Grand Café, al civico 14 di Boulevard Des Capucines. La locandina che rende noto l’evento recita così:

“Questo apparecchio, inventato dai signori Auguste e Louis Lumière, permette di registrare, attraverso una serie di scatti istantanei, tutti i movimenti che, in dato tempo, si sono succeduti dinnanzi all’obiettivo e di riprodurre in seguito tali movimenti proiettando, a grandezza naturale, davanti un’intera sala, le loro immagini su di uno schermo”

A questa sorta di proclama segue la lista dei soggetti ripresi: 1 – La Sortie De L’usine Lumière à Lyon (L’uscita dalle officine Lumière a Lione); 2 – Le Voltige (L’acrobazia, cioè il tentativo di salire in groppa a un cavallo); 3 – La Pêche Aux Poissons Rouges (La pesca dei pesci rossi. Scena in cui un adulto regge un bambino di circa un anno d’età mentre questi tenta teneramente con la manina di catturarne uno); 4 – Le Débarquement du Congrès de Photographie à Lyon (L’arrivo dei Fotografi a Lione. Scena in cui si vede l’arrivo dei fotografi e delle loro mogli a Lione); 5 – Les Forgerons (I fabbri); 6 – Le Jardinier (o L’arroseur arrosé, cioè l’annaffiatore annaffiato); 7 – Le Repas Du Bébé (La colazione del bambino); 8 – Le Saut à La Couverture (il salto della coperta. Scena in cui un uomo tenta di eseguire una sorta di numero circense ma con effetti chiaramente comici); 9 – La Place Des Cordeliers à Lyon; 10 – La Mer (Il mare. Scena in cui si vedono alcuni bagnanti in riva al mare).

Nei giorni successivi, dopo che il successo della prima proiezione pubblica spinge i due fratelli a replicare lo spettacolo, si moltiplicano sui quotidiani le “recensioni” positive dei giornalisti. Dalle loro parole emerge come la nuova invenzione sia in grado di fornire un’impressionante illusione della realtà, oltre che di impedire la “morte assoluta” (cioè l’oblio definitivo) dei soggetti e delle scene della vita quotidiana fissati sulla pellicola. A questo proposito è interessante sottolineare che per tale concetto esiste un verbo: immortalare…

I fratelli Lumière si dedicano alla sperimentazione cinematografica solamente per una decina di anni. Attorno al 1905 decidono di abbandonare il cinematografo perché ritengono che il cinema sia un’invenzione senza futuro, non vedendone l’utilità. Quando il più anziano dei due fratelli – Auguste – muore nel 1954, il cinema si è evoluto sino a un livello tale da smentire l’affrettata e pessimistica previsione di quasi cinquant’anni prima. Nonostante ciò, i loro dieci anni di attività a cavallo dei due secoli, nel pieno della Belle Époque, lasciano il segno: quanto hanno fatto evidentemente è sufficiente ad aprire la strada per uno sviluppo della Settima Arte che veda la comparsa sulla scena di figure che in grado di scrivere pagine memorabili del Novecento. Mi riferisco al pionieristico regista George Meliès, nonché a Charlie Chaplin, Stan Laurel e Oliver Hardy, straordinari attori la cui filmografia data a partire dagli anni della Prima Guerra Mondiale.

— Onda Musicale

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