11 Dicembre 1970: nei negozi di dischi esce l’austero e potente esordio solista di John Lennon, un LP asciutto sia nello stile che nel nome, dato che si intitola John Lennon/Plastic Ono Band.
Lo stesso giorno dall’altra parte dell’oceano usciva un film che a buon diritto è entrato nella Storia del Cinema e nel novero dei classici per l’infanzia: Gli Aristogatti.
Nella filmografia Disney il film occupa il 20 posto, ed è il secondo lavoro cinematografico realizzato dopo la morte del celeberrimo fondatore della casa di animazione statunitense (avvenuta nel 1966). La realizzazione della pellicola di animazione, impresa che richiese ben quattro anni di lavoro, avvenne sotto la direzione di Wolfgang Reitherman, personaggio ben noto negli studios di Burbank: prima di cimentarsi alla regia aveva lavorato nel leggendario gruppo dei Nine Old Men, quegli straordinari nove disegnatori che avevano dato corpo ai protagonisti delle più famose pellicole per l’infanzia (a titolo di esempio, possiamo citare Fantasia, Lilli e il Vagabondo, Cenerentola, ecc.).
Sotto la direzione di Reitherman il primo film che uscì nelle sale fu La Bella Addormentata nel Bosco (1959); due anni più tardi toccò a La Carica dei 101; nel 1963 fu la volta de La Spada nella Roccia, mentre nel 1967 fu il turno de Il Libro della Giungla. Come possiamo vedere, una sequenza di film uno più celebre dell’altro, sin da subito amati dal pubblico e che i decenni non hanno fatto altro che consacrare nel loro ruolo di classici (ruolo peraltro ribadito dalla rimasterizzazione di ciascuna pellicola nel formato blu-ray, segno del costante interesse verso le pellicole in questione).
Nel film de Gli Aristogatti, esattamente come nel caso dei predecessori, i personaggi divennero memorabili sia per la loro caratterizzazione fisica che per il doppiaggio, quest’ultimo un elemento decisivo nel rendere inconfondibile ciascun soggetto (almeno ciò è quello che pensiamo noi italiani, particolarmente rinomati in tale campo professionale).
La storia raccontata dal film è ambientata nella Parigi della Belle Epoque, per l’esattezza nel 1910. Facciamo sin da subito conoscenza di Madame Adelaide Bonfamille, un’aristocratica signora che vive da sola (probabilmente perché vedova) nella propria lussuosa villetta. La donna, con grande previdenza, ritiene che sia giunto il momento di far stilare il proprio testamento ad un notaio di fiducia, il simpatico e sgangherato Georges Hautecourt – protagonista di quella memorabile scena in cui fa la conoscenza di Edgar, il maggiordomo di casa.
Adelaide, così recitano le sue ultime volontà, intende lasciare tutti i propri averi ai suoi gatti: Duchessa – elegante, sinuosa e raffinata gatta bianca – e i suoi tre cuccioli, Minou, Matisse e Bizet.Interessanti sono i nomi dei tre gattini: se nel caso di Minou (Marie nella versione originale) non sappiamo rintracciarne la fonte di ispirazione, nel caso di Matisse e Bizet possiamo chiaramente affermare che i loro nomi sono senza dubbio ispirati nel primo caso al celeberrimo pittore (anche se nella versione originale il micetto si chiama Toulouse, in lampante riferimento ad Henry Toulouse-Lautrec, anch’esso celeberrimo artista), mentre nel secondo caso al famoso musicista, autore della Carmen (anche se nella versione originale il micetto si chiama Berlioz, con evidente riferimento al compositore Hector Berlioz).
Edgar, rappresentazione classica del tipico maggiordomo – dai modi pacati, gentile e disponibile, in grado di concedersi anche qualche momento di humour (come con Hautecourt) – origlia le parole di Madame Bonfamille relative al testamento: comprende immediatamente che per lui non ci sarà eredità, almeno finché i gatti di casa saranno vivi e in circolazione. Senza perdere tempo, o lasciarsi prendere dallo sconforto, l’allampanato servitore architetta un piano per sbarazzarsi degli ingombranti felini: dopo averli fatti addormentare con il sonnifero, li porta in campagna all’interno di una cesta. Sfortunatamente il suo rumoroso sidecar sfreccia nelle vicinanze di un pagliaio in cui vivono due cani da caccia, anch’essi dai nomi eloquenti: Napoleone e Lafayette.
Nel funzionamento della coppia le idee valide vengono di norma al più intelligente Lafayette, mentre Napoleone – credendo che il suo sottoposto voglia usurpare il suo ruolo di leader – non fa che ribadire di essere lui il capo, salvo alla fine mettere in pratica proprio le idee del primo.