Difficile resistere all’incanto davanti alle opere di John Lurie, poliedrico artista americano di Minneapolis, classe 1952.
La mente è sollecitata ad entrare nei suoi universi s-puri, psichedelici, nelle trasparenze acide e calde dei suoi colori, nelle figure antropomorfe e simpatiche di un mondo che si combina in formule originali, realizzando un ordine scompigliato o capovolto. C’è una leggerezza in Lurie che fa ammirazione, che riporta al tempo sospeso e dinamico di una immaginazione fervida e libera, molto vicina all’età infanzia.
Arrivato recentemente in Italia per la prima volta, grazie all’invito della Galleria M77 di Milano dove ha esposto sessanta opere dipinte con lucidità visionaria, l’artista è stato apprezzato da pubblico e critica per la sua arte nativa-naif, moderna e delicata. Michele Bonuomo, curatore della mostra, scrive che l’artista americano sa riprodurre temi e situazioni filtratida una sensibilissima intelligenza. Boutade e poesia si fondono nelle campiture acquarellate delle sue opere, dove animali, uomini e natura si incontrano e comunicano utilizzando alfabeti sognanti, punti di vista spaesati, spesso irriverenti.
Alto, dinoccolato, con una mimica fortemente espressiva, Lurie ha recitato in film d’autore (per tutti Daunbailò con Roberto Benigni) e suonato col gruppo jazz Lounge Lizards da lui fondato. Ora sembra che il suo amore per la pittura prevalga e non possiamo che esserne contenti, visti i risultati. Lurie ci ricorda che nell’arte c’è bisogno di una pittura ancora tale, senza particolari esaltazioni egoiche. E con coerenza questo fa: dipinge naturalmente.
Clara Lunardelli – Onda Musicale