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La fotografia nomina la vastità.

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La fotografia nomina la vastità del mondo. Insieme alle parole, dette e scritte, raggiunge il nostro sguardo e la nostra coscienza. Opera e convoglia dentro le menti tasselli di senso e forme.

Ogni volta che i nostri occhi guardano assumono per un momento, più o meno lungo, ciò che guardiamo e la nostra mente cambia nel prendere e far tesoro di ciò che vede. Dove vanno le immagini? Che cosa diventano? Forse è il caso di chiederselo.

Dai reportage alla fotografia artistica, navighiamo nel mondo delle immagini e di immagini siamo fatti (oltre che di carne). Questo alfabeto iconico ispira, travolge, sussurra a seconda dei messaggi scritti e letti.

   Jonas Bendiksen (Satellites)

 

Così la fotografia si è creata un posto che è diventato un grande spazio altro, un universo che si interpola con quello reale, quotidiano. Con lo sviluppo tecnologico la sua diffusione e pervasione si sono fatte totali.

Chi la pratica, chi se ne interessa, impara dalle immagini. E le immagini molto hanno da dire di questo mondo. Molto scovano e riportano delle traiettorie sfuggenti che passano accanto e che non vengono notate. Molto raccontano delle cose lontane e diverse. Le più belle e le più terribili.

La fotografia registra la storia contemporaneamente al suo divenire. La riporta a fianco degli accadimenti e delle situazioni e offre una chiave di lettura pressoché immediata delle cose.

Più dell’arte essa è sul luogo, testimone vigile dei fatti. E ciascuno che scatta scrive la sua partitura, secondo le note più alte o più basse, secondo le sensibilità personali, ma sempre figlie della realtà e ad essa vincolate.

  Bertien van Manen (Beyond Maps and Atlases Photograph)

 

E non è che siano meno profonde perché meno mediate. Tutt’altro. È che la mediazione ulteriore la fa lo sguardo che riceve, come dire: “Io ti do questo, ora tu vedi ….(cosa vedere)”.

È lecito chiedersi se di questo mondo rimarranno solo le immagini. A parlare di noi, a dire ciò che siamo stati (forse a qualcuno a cui non interesserà). E sorge il dubbio che così sia, perché in ogni azione umana, anche la più futile o gratuita, c’è una ragione, uno scopo, un senso (accettati o meno). E questo produrre immagini del mondo e di sé, è un atto che risale fin agli albori dell’umanità.

Le memorie avranno dunque un senso, andranno in una qualche direzione… E potrebbe trattarsi non soltanto di chi abiterà la Terra dopo di noi, ma anche di un’altra dimensione vivente che incontrerà le nostre tracce (talvolta edificanti, talvolta rovinose). Ecco, le immagini si salveranno? E la domanda non è poi così poco importante.

   Jens Olof Lasthein (White Sea Black Sea)

 

— Onda Musicale

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