Sulla scia dei film dedicati ai grandi artisti, è uscito il 6 di Ottobre nelle sale italiane il lungometraggio del regista Christian Labhart incentrato sulla figura del pittore trentino di nascita Giovanni Segantini (Arco, 1858 – Pontresina, 1899), ovvero Giovanni Segantini – magia della luce.
Segantini è un pittore che da qualche anno ha assunto un posto assolutamente speciale nella mia vita. Si tratta senza il minimo dubbio di una delle figure più importanti e carismatiche del panorama della pittura di fine Ottocento, non solo per l’Italia ma sicuramente a livello internazionale. La passione che egli ha sempre messo nella sua rigorosa ricerca della luce e di come renderla attraverso le pennellate di colore, mai stese senza un attento studio, ha reso le sue composizioni delle opere uniche e senza tempo. Sicuramente “poeta della luce” è per lui un appellativo appropriato ed il termine “magia” all’interno del titolo del film non può che essere assolutamente opportuno, perché sfidando qualunque condizione climatica è riuscito a ricreare delle vere e proprie magie donandoci opere monumentali.
Il film distribuito da Lab 80, è l’occasione con cui il regista, appassionato di Segantini e da sempre suo studioso, decide di raccontare la vita dell’artista, assieme con la sua grande passione per la pittura. Il tutto viene reso attraverso le sue opere, immagini dei suoi luoghi, e con parole tratte dai suoi testi socialisti, ma anche fondamentali pezzi autobiografici e stralci del suo diario. Da questo insieme emerge il perfetto ritratto dell’artista, non un classico clichè, ma la sua vera essenza.
Il regista racconta il crescendo della realizzazione di questo film per cui oltre ad aver visitato personalmente i luoghi amati e dipinti dal pittore, per la prima volta non ha sentito la necessità d’impiegare dei protagonisti reali nel film, ma si è trattato di usare solamente gli scritti autobiografici letti in italiano dalla voce dell’attore ticinese Teco Celio (premio per la sua carriera al Festival di Locarno 2015).
Non riesce difficile immaginare la figura solitaria di quest’uomo che tra le sue montagne scriveva le pagine di un diario malinconico di cui ripropongo appena qualche riga molto significativa:“Ho oltrepassato l’infinita pianura della tristezza, dove alla luce del sole e al buio si mescolano tutte le passioni umane. Ho visto fiori piangere e lombrichi ridere. Sì, ho vissuto senza vegetare, ho veramente vissuto”.
Dal film di Labhart esce sì l’idea del grande artista che ha creato opere grandiose, ma anche di uomo rimasto orfano da bambino, apolide, tormentato, sempre alla costante ricerca della montagna più alta, unico luogo ove sembrava trovare pace in sé stesso. E’ infatti in mezzo alle sue luminose montagne dell’Engadina che, il 28 Settembre del 1899, a soli quarantuno anni, Segantini trovò la morte a 2700 m per un attacco di peritonite, lasciando quattro figli e l’amata Bice Bugatti.
Si tratta di un film emozionante, adatto sicuramente a chi ama la pittura, in particolare il Divisionismo, corrente di cui il pittore fu grande esponente, ma anche per chi voglia saperne di più e fosse incuriosito. Il film è giàstato un grande successo in Svizzera, Germania e Austria, è stato anche premiato al Festival International du Film sur l’Art 2016 di Montréal per la Migliore Biografia ed è stato inoltre invitato al Trento Film Festival 2016, ottenendo ottime recensioni.
Se non avete programmi questo sabato…cosa state aspettando?