Affligge. Affligge senz’altro lo spettacolo a cui si assiste in tv in fatto di politica. Per questo lo guardo poco. Affliggono pure i social network presi dal dilaniarsi dei pro e dei contro sullo stesso tema (stemperati soltanto dalle sparse citazioni filosofico-letterarie postate; persino la pubblicità diventa catartica in questa lotta a tutto campo).
Anche i giornali, seppure argomentando e addentrandosi più in profondità, tirano di qua e di là a seconda delle simpatie e convenienze. Tutto è sempre, costantemente, in campagna elettorale o in contrapposizione perpetua. Con l’obbiettivo di conquistare (o mantenere) il cosiddetto potere e le menti dei cittadini. Le quali menti sono solo come pezzi di carne al supermercato.
In tutto questo l’informazione si an-nega (e anche la cultura). Prevale l’interpretazione dei fatti e delle proposte, che sarebbe anch’essa auspicabile se non fosse esposta dentro uno specchio che distorce, non finisse in uno stagno torbido. I giornalisti infatti scendono in campo come oracoli carichi di veleno e cattiveria, aggredendo la controparte, indipendentemente da chi la rappresenta. Le loro parole convogliate dalla mimica s’inquinano del tono con cui vengono scagliate (più che dette). Smettono di essere parole per trasformarsi in armi con cui colpire il bersaglio.
Smarriti il ragionamento e la leva del pensiero, non restano che gli istinti (con le loro buone ragioni, ma sempre affamati e prevaricatori).
Dunque, sui media si crede di fare informazione, ma è impossibile farla stante il nostro bassissimo livello di educazione e l’altrettanto basso tasso di civiltà.
La contrapposizione politica e partitica deve essere comunicata in questo modo? Sembra di sì e il risultato è il disamore completo e l’inaridimento della stessa politica.
Giornalisti ed esperti, ormai diventati mediatici, pagati moltissimo in certi casi (siano essi del servizio pubblico, privato, televisivi o della carta stampata) si prestano a perpetuare questa abitudine, favorendo la disinformazione, perdendo di vista ruolo e deontologia.
Per esprimersi su quanto accade nella vita pubblica, persone dall’animo pacato cercano altri canali. Quali? Restano pur sempre la realtà, la concretezza degli incontri diretti, spesso frequentati da pochi.
Oggi ho sentito parlare l’editore Giuseppe Laterza: ho creduto fosse un marziano, un albino. L’altro giorno ho rivisto due puntate de I dieci comandamenti (di Domenico Iannacone): un’oasi rigenerante, nonostante il peso umano dei fatti narrati. Recentemente, ho partecipato ad una serata con Gian Antonio Stella, comodamente seduto a raccontare di giornalismo locale e giornalismo globale. Invece di essere la normalità, questi esempi brillano nel panorama scuro.
Ma veniamo a noi. Il cittadino può informarsi, certo, ma per conto suo. Riflettere da solo come credo sia giusto (e possibilmente in silenzio – non si ragiona nel chiasso, o almeno si fa fatica a farlo) sulle scelte che è chiamato a compiere, affidandosi a documenti, a null’altro, perché tutto quest’altro invece di aiutarlo a capire – come sarebbe dovere – è fuorviante e, in questi giorni, addirittura volgare e oppressivo. Affligge e personalmente scandalizza. Io, cittadina, mi sottraggo alle infruttuose e violente partigianerie. Cerco, perché servono, spazi di ragionamento che siano i più onesti possibile.
Clara Lunardelli – Onda Musicale
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